La Stampa 4.7.16
Oggi la direzione Pd, tutti i nodi sul tavolo
Le scelte dei renziani e le richieste della minoranza
Matteo non vuole spacchettare i quesiti
La
sfida delle sfide è attesa a ottobre. Data ancora da decidere. Matteo
Renzi si prenderà un po’ di tempo per annusare l’aria e cercare di
volgerla a suo favore. La paura di una vittoria del No è tanta, ma il
premier non vuole sentir parlare né di spacchettamento dei quesiti né di
altro. Dice che non è stato lui a personalizzarlo su di sé e in questo
le sue passate dichiarazioni un po’ lo smentiscono. La campagna per il
Sì entrerà nel vivo dopo l’estate
La sinistra si sfilerà dalla campagna per il Sì
Cambiare
la riforma costituzionale è stata la speranza della minoranza Pd fino
all’ultimo giorno dei lavori parlamentari. Ora gli avversari interni di
Renzi si sfileranno dalla campagna per il Sì. Al massimo qualcuno ve ne
prenderà parte ma controvoglia. In realtà la minoranza vuole sfruttare i
timori di una sconfitta clamorosa al referendum per cercare di cambiare
l’Italicum e lanciare la sfida alla segreteria del partito.
Sul sistema elettorale c’è una sola mediazione
«L’Italicum
non si discute» ha ribadito Renzi. «Daremo ragione a chi dice che
abbiamo paura di perdere al ballottaggio con i grillini» ripetono i
renziani. In realtà qualche spiraglio per eventuali modifiche, il
premier lo ha lasciato, soprattutto per ammorbidire i toni di chi vuole
sconfiggerlo al referendum. E così è tornata in auge l’ipotesi di dare
il premio alla coalizione e non alla lista. Su questo la mediazione è
possibile, anche perché darebbe una mano al centrodestra e sfavorirebbe
il M5S
Il sogno è cambiare tuttol’Italicum
«Il
solo premio di coalizione non basta, cambiamo l’intera legge» dice il
bersaniano Miguel Gotor. Anche Bersani la pensa allo stesso modo e
rilancia sul doppio turno di collegio, sullo stile francese, come
modello preferibile. La minoranza vede nella possibile modifica
dell’Italicum un’opportunità ma anche molte incognite. Anche perché c’è
chi pensa che con il ritorno delle coalizioni, la sinistra del Pd
potrebbe tranquillamente staccarsi e fare un partito a sé. Di che
percentuale però?
Resterà segretario per non farsi impallinare
Renzi
definisce «lunare» il dibattito sulle sue dimissioni da segretario.
Sulla scelta di tenere la carica di leader del partito assieme a quella
di premier è irremovibile. Lo ribadisce convinto anche dalle esperienze
dei Labour in Inghilterra e del partito socialista in Spagna, dove i
candidati alla premiership guidano anche il partito di sinistra. In
questo modo Renzi ottiene anche una maggiore fedeltà e può incidere sui
rapporti di forza in Parlamento e fuori
Poche chance di una nuova leadership al Nazareno
La
richiesta di dimissioni da segretario del Pd è arrivata all’indomani
della sconfitta elettorale di Roma e Torino. Ma è un cavallo di
battaglia vecchio ormai di quasi due anni, di quando nel giro di pochi
mesi Renzi è riuscito a conquistare il Pd e Palazzo Chigi. Pierluigi
Bersani ha detto che sarebbe opportuno che lasciasse il partito a
qualcuno che lo possa curare davvero. Massimo D’Alema ha ribadito il
concetto a suo modo: «Così più che un partito, è solo un gruppo di suoi
amici».