sabato 2 luglio 2016

La Stampa 2.7.16
Bastoni e mazze
Così le ronde cinesi si fanno giustizia
Prato, picchiatori contro “neri”, “zingari” e per proteggere le proprie attività criminali
di Marco Menduni

Prato. Capannoni e fabbriche tessili svuotate dai camion delle bande criminali. Continui furti, scippi, rapine e aggressioni per la strada. Il 16 gennaio 200 cinesi di Prato erano in piazza: «Vogliamo più sicurezza». Tante bandierine: “Amo Prato”, “Viva la pace”, “No delinquenza”.
La richiesta di punizioni più severe: «In Italia ci vogliono leggi più severe, i delinquenti sanno di rischiare poco o niente». L’iniziativa era firmata da un’associazione culturale, il “Cervo bianco”. Parole d’ordine: integrazione e convivenza civile. Tra le fila dei cinesi, quelli del “Cervo bianco”, c’era anche chi aveva già deciso di non fidarsi più dello Stato, della magistratura, delle forze dell’ordine. Non tutti. Sette persone ora nel mirino dei pm. Avevano deciso di farsi giustizia da sé. Per difendere la comunità dei connazionali dalle prevaricazioni e per proteggere le proprie attività criminali.
Prendiamo, ad esempio, quello ritenuto uno dei leader, Jacopo Hsiang, in carcere per sfruttamento della prostituzione e spaccio. Con un manipolo di amici, aveva formato una squadra punitiva. Obiettivo: i sospettati di aver compiuto reati contro i cinesi. I «mendicanti neri», poi gli «zingari». Africani e rom che vivono a Prato, colpevoli perché tali, sulla base del pregiudizio e della diffidenza, senza nessun riscontro, senza indizi. Ai «neri» e agli «zingari» bisognava da una lezione, a prescindere.
Prato non è l’Osmannoro, la zona artigianale e commerciale di Sesto Fiorentino, a nord del capoluogo, vicino all’aeroporto. Non è il teatro della rivolta dei 300 cinesi che mercoledì hanno sfidato, lanciando pietre e bottiglie, le forze dell’ordine fino a tarda notte dopo il blitz contro il lavoro nero in un capannone.
Ma da Prato, dicono gli inquirenti, è partito anche un contingente armato di bastoni per dar man forte. C’era, ripreso dalle telecamere, l’altro capo dei violenti. Si chiama Ye Jiandong, è in semilibertà: sta scontando 18 anni per omicidio. Era sulla strada, nel momento più acuto degli scontri, poi alle proteste davanti al tribunale e al consolato cinese. Confermando il sospetto del presidente della Regione Enrico Rossi: «Non tutta la protesta è stata spontanea, è stata anche manovrata da criminali». Annuncia: «Meno controlli sui cinesi? Ne faremo di più. Le multe sono previste dalle leggi e non può esistere una zona dove non vigono le leggi dello Stato».
Prato ha 190mila abitanti. Nelle fabbriche lavorano 20 mila cinesi, ma le stime ufficiali parlano di almeno altri 15 mila connazionali che sfuggono ogni controllo. All’Osmannoro i cinesi vivono negli appartamenti. A Prato nelle fabbriche dormitorio. Non ci sono alternative: pochi i collegamenti con Firenze, affitti da incubo. La necessità, per i clandestini, di non farsi vedere in giro per eludere i controlli.
La proposta di una new town per dare alloggio a tutti è stata rimbalzata al mittente, anche dai cinesi stessi: «Si torna indietro di decenni, si crea un ghetto». Come non lo fosse già abbastanza, la comunità dei fantasmi costretti a vivere un’esistenza intera nei loculi delimitati da fogli di compensato e cartoni.
La procura di Prato ha intercettato le conversazioni tra i cinesi che hanno scatenato le spedizioni punitive. Frammenti di più che esplicite: «Oggi c’erano tante persone che mi guardavano mentre picchiavo quei due mendicanti, questi ladri!». Ancora: «In questi due mesi ho picchiato cinque di questi ladri, non è abbastanza?». Parlando con l’amico Saimin dopo la rapina a un connazionale Hsiang diceva: «Ci sono diversi miei amici che vogliono uscire, loro tutti sanno che io sono il più forte di Prato, quindi se ci sono io anche tutti gli altri verranno, tutti dicono che non serve una grande quantità di persone, bastano alcuni di quelli che sanno picchiare bene».
C’è anche l’identikit dei vendicatori: «Penso che saremo in tre persone, io e altri due miei amici, loro sono grandi picchiatori, loro due hanno fatto il corso di lotta libera». Ieri sono scattate 7 perquisizioni. Trovate mazze da baseball e bastoni di ferro realizzati con i tondini da edilizia. L’armamentario dei picchiatori.