La Stampa 20.7.16
L’identità comune di lupi solitari e assassini feroci
di Gavriel Levi
Due notizie, come prima impressione, slegate.
A
 Roma un giovane viene condannato per aver indotto, lentamente, la sua 
compagna al suicidio. Maltrattandola ed assuefacendola ad avere 
disprezzo di sé. A Nizza un giovane, ispirandosi alla ideologia del 
terrorismo, uccide almeno 84 persone. Comunque, sapendo e ignorando di 
trovare la propria morte.
I commenti psicoanalitici, psicologici e
 psichiatrici convergono. Nel primo caso: personalità dominanti e 
manipolatrici scaricano le loro problematiche su personalità dipendenti e
 pronte al collasso. Dentro queste relazioni, il suicidio diventa 
l’unica soluzione, quando l’omicidio per difesa non è pensabile. Ma 
esiste un induttore. Nel secondo caso: personalità marginali che già 
vivono ai confini del loro stesso mondo, vengono raccolte da un 
messaggio fortissimo. Trovando una identificazione magnetica, nel 
Paradiso, di una doppia morte omicida e suicida. Ma esiste un mandante.
Sono
 due situazioni umane lontanissime fra di loro. Una sembra del tutto 
privata. L’altra irrompe subito come pubblica. Ma sono ambedue 
testimonianze della nostra attualità. Una realtà di nuove solitudini 
dentro una rete di immagini globalizzate. Ma l’inevitabile selfie è 
fatto per guardarsi, tante volte, da soli. Forse possiamo pensare ad un 
punto di contatto, dove scatta un corto circuito in qualche modo 
similare.
La contrapposizione tra omicidio e suicidio non è sempre
 vera; qualche volta è assoluta; qualche volta è oggettivamente confusa;
 molto spesso esiste una saldatura profonda tra spinta omicida e spinta 
suicida. Nell’omicida esiste una qualche consapevolezza suicida. Nel 
suicida esiste anche una fantasia omicida. Ognuno di noi è legato alla 
propria ombra. Ognuno di noi cerca di mettere l’immagine di sé 
nell’altro. Ma per riuscirci dovrebbe anche assumere le emozioni 
dell’altro dentro di sé.
Con una antica scena paradigmatica: lo 
scontro fra Caino ed Abele racconta, anche, questa storia. Caino ed 
Abele oltre che fratelli sono anche la stessa persona. Abele dalla 
nascita è in attesa della propria morte. Con il suo stesso nome che vuol
 dire soffio o vuotezza. In qualche modo provoca Caino imitandolo e 
determinando così la sua perdita di esclusività, la sua esclusione e la 
sua implosione. Caino sente di non essere una vera persona, perché sente
 di aver perso la capacità di donare e di scambiare doni. Nel momento in
 cui cerca di superare la propria umiliazione, uccide il suo Doppio e, 
diventando il primo omicida, sa di fuggire verso la propria morte.
Credo che queste considerazioni debbano essere ripensate, per avere un risvolto pratico, educativo e preventivo.
Le
 proposte di intervento politico nelle diverse aree e dimensioni 
conservano la loro necessaria validità. Ma debbono essere inserite in 
una strategia culturale adeguata ed innovativa. Dobbiamo iniziare 
prendendo atto che da quasi un quarto di secolo stiamo assistendo a due 
fenomeni: l’aumento degli omicidi/suicidi nel privato; l’esplosione di 
un nuovo spettacolare suicidio/omicidio ideologico. Ambedue i fenomeni 
hanno una nuovissima capacità di contagio reciproco, che dobbiamo 
considerare con maggiore attenzione. Ambedue i fenomeni trovano la loro 
forza in un selfie immaginario e globalizzato. Ma pur sempre 
anestetizzante e solitario.
Ci sono altre due differenze fra 
questi nuovi suicidi e quelli delle persone melanconiche. Primo: il 
dolore. I suicidi/omicidi non hanno alcuna consapevolezza del dolore 
altrui perché non hanno una vera consapevolezza del proprio dolore. 
Secondo: il rispetto. I suicidi/omicidi non hanno alcun rispetto della 
vita altrui perché non hanno alcun rispetto della vita propria. In 
particolare: il suicida spettacolare non ha rispetto perché vive 
soltanto nella propria ombra. E cerca un sole accecante e mortale.
Abbiamo
 individuato due diversi tipi di omicida/suicida. Il lupo solitario 
spettacolare che accetta di suicidarsi per poter uccidere qualcuno che 
non conosce. Il borderline implosivo che per potersi suicidare pretende 
di portare con sé qualcuno che crede di conoscere.
Esaminarli uno 
di fronte all’altro può aiutarci a capire come una rappresentazione 
ideale, e/o l’assoluta non rappresentazione della morte, possono 
nell’attualità favorire in alcune persone una fuga distruttiva da una 
vita vuota. Dobbiamo imparare a lavorare su questi temi. Il buio non è 
al di là della siepe. Il buio è dentro la siepe.
Professore Emerito,Università La Sapienza di Roma
 
