La Stampa 18.7.16
Louisiana, uccisi altri tre poliziotti
Torna l’incubo della violenza razziale
La Convention della rabbia
Trump: “Ora serve ordine”
Cleveland
blindata per la kermesse repubblicana che si apre oggi Il candidato
attacca: gli agenti muoiono, colpa della scarsa leadership
di Paolo Mastrolilli
Una
cosa è certa: la violenza si sta impossessando degli Stati Uniti, come
non accadeva dagli Anni Sessanta. «The Fire Next Time», aveva scritto
James Baldwin nel 1963, e il fuoco stavolta è arrivato, che sia a sfondo
razziale, terroristico, legato a milizie antigovernative e gang. Donald
Trump lo imputa alla mancanza di leadership, prima ancora di conoscere
le cause dell’ultima strage; i democratici alla sordità dei loro rivali
repubblicani.
I quali non hanno ascoltato il lamento dei
discriminati, e hanno sbarrato con tutte le forze la strada ai tentativi
di dialogo fatti dal primo presidente nero. La violenza così irrompe
sulle Convention presidenziali dei due partiti, perché alla fine sarà la
politica che dovrà fare i conti con le cause di questa estate
insanguinata, e possibilmente trovare una risposta unitaria nel voto di
novembre.
Lite in piazza
Cleveland era già in stato
d’assedio perché il congresso dei repubblicani, che comincia oggi per
incoronare candidato Donald Trump, era visto come l’occasione perfetta
per chiunque volesse fare guai: terroristi domestici e stranieri,
manifestanti di ogni genere, estremisti mossi dal risentimento razziale,
persino bikers arrabbiati. In più, sullo sfondo del dibattito infuocato
riguardo la diffusione delle armi, l’Ohio è uno stato che permette di
portarle in pubblico. Così, mentre gli spari uccidevano i poliziotti di
Baton Rouge, Steve Thacker, un uomo di 57 anni di Westlake, si è
presentato nella Public Square di Cleveland con un fucile AR-15 a
tracolla: «Io - ha detto - non rappresento una minaccia per nessuno.
Sono un cittadino americano. Non sono mai finito nei guai per alcuna
ragione. Questo è il mio momento di venire allo scoperto e offrire i
miei due centesimi».
Steve Loomis, presidente del sindacato dei
poliziotti Cleveland Police Patrolmen’s Association, aveva già
anticipato questi rischi così: «Abbiamo mandato una lettera al
governatore dell’Ohio Kasich, chiedendo assistenza. Può emettere un
ordine esecutivo. Non ci importa se è costituzionale o no. Potranno
litigare a riguardo dopo la Convention, ma ora voglio che vieti
assolutamente il porto di armi nella contea di Cuyahoga, finché il
congresso non sarà finito». Kasich ha risposto con una frase: «Il
governatore dell’Ohio non ha questo potere». Loomis però ha aggiunto
un’altra dichiarazione, che ha subito politicizzato la strage di Baton
Rouge: «Il presidente Obama ha il sangue nelle mani», perché ha
criticato le violenze dei poliziotti contro i neri.
Ieri, in
realtà, il capo della Casa Bianca ha condannato l’aggressione: «Non c’è
giustificazione per la violenza contro le forze dell’ordine. Nessuna.
Questi attacchi sono opera di codardi che non parlano per nessuno. Non
correggono alcun torto». Anche DeRay Mckesson, uno dei leader di Black
Lives Matter arrestato nei giorni scorsi proprio a Baton Rouge, ha
scelto un tono simile.
Troppo tardi, secondo Trump, che invece ha
tweettato: «Siamo in lutto per i poliziotti uccisi a Baton Rouge oggi.
Quanti uomini delle forze dell’ordine devono morire, a causa della
mancanza di leadership nel nostro paese? Domandiamo legge e ordine».
Obama non gli ha risposto, ma per lui lo ha fatto il suo ex guru
elettorale David Axelrod: «Senza perdere tempo, Trump chiede legge e
ordine. Qualcuno ha studiato Nixon e il 1968». Nixon e il ’68, cioè lo
spettro di una violenza che aveva sconvolto gli Stati Uniti. Siamo
arrivati a tanto?
In queste situazione di emergenza la politica
dovrebbe cercare risposte responsabili, e invece si divide ancora di
più, perché siamo in un anno elettorale. Trump, che ha invitato pochi
neri a Cleveland e prende voti dai bianchi arrabbiati, si schiera con i
poliziotti contro Obama. Martedì 26 i democratici, nella seconda
giornata della loro Convention a Philadelphia, ospiteranno sul palco le
Mothers of the Movement, mamme di afro americani vittime di violenze:
Gwen Carr madre di Eric Garner, Sybrina Fulton madre di Trayvon Martin,
Lezley McSpadden madre di Michael Brown, Geneva Reed Veal madre di
Sandra Bland. Perché credono che siano vittime di abusi, ma anche perché
sono una parte fondamentale della coalizione che dovrà spingere Hillary
alla Casa Bianca. Qualche giorno fa il filosofo Michael Walzer ci ha
detto che negli Usa è in corso una trasformazione demografica epocale:
le minoranze, nera e ispanica, stanno diventando maggioranza, e
l’attrito con i bianchi perdenti è esplosivo. Se ha ragione, e la
politica non diventerà più responsabile, il fuoco continuerà a lungo.