Corriere 18.7.16
«Troppo sadismo nella società»
di Matteo Persivale
Il
problema razziale c’è ma il sadismo nella società Usa è troppo alto».
Sono le parole di Michael Kazin, storico della Georgetown University e
autore di The Populist Persuasion: an American History .
Michael
Kazin, storico della Georgetown University, autore di uno dei testi di
riferimento sul populismo americano («The Populist Persuasion: an
American History») è anche condirettore della rivista Dissent sulla
quale di recente ha scritto che «il sadismo è tornato prepotentemente
sulla scena» in America.
Professor Kazin, vedendo le immagini
degli afroamericani uccisi dalla polizia, e degli agguati di Dallas e
Baton Rouge ai poliziotti, è difficile non sostenere che lei abbia visto
giusto.
«Il filosofo Richard Rorty aveva correttamente attribuito
ai movimenti di protesta degli anni 60 e 70 il merito di aver abbassato
il livello di sadismo accettabile nella società. Ma la crudeltà verso
certi gruppi è tornata a manifestarsi, basta pensare al recente picco di
crimini razziali».
Nonostante otto anni di presidenza democratica di Barack Obama?
«Era
ridicolo immaginare, come ha fatto qualcuno sull’onda dell’entusiasmo,
che l’arrivo di Obama avrebbe segnato l’inizio di una nuova era. Per due
motivi. Il primo è che, al di là della persona, ci sono problemi che
nel loro sviluppo sono indipendenti da chi in quel momento è stato
eletto presidente. Voi, in Italia, lo sapete bene: con tanti governi
diversi che si sono avvicendati nella vostra storia è complicato
attribuire meriti o colpe a questo o a quel presidente del Consiglio.
Gli americani invece tendono a immaginare che il presidente abbia
un’influenza ben superiore a quella reale».
Il secondo motivo?
«È
che l’America si trascina dietro una questione razziale irrisolta.
Obama ha suscitato delle reazioni spesso molto complicate tra gli
americani. Dire che nel corso dei due mandati di Obama la situazione sia
peggiorata — anche se non sottoscrivo i punti di vista catastrofisti,
il 2016 non è il 1968 — è un fatto. Per motivi come dicevo al di là del
suo controllo».
Lei definisce la campagna di Donald Trump «crudele».
«Sì,
ha legittimato l’animosità che decine di milioni di americani già
sentivano dentro di sé verso altri gruppi etnici o religiosi, in questo
ha riportato l’America indietro nel tempo e non è un bello spettacolo».
Se
otto anni sotto il primo presidente afroamericano hanno inasprito le
tensioni razziali cosa potrebbe succedere sotto una presidenza Trump?
«Gli
storici sono i peggiori profeti, però se vogliamo fare un’ipotesi direi
che, se Trump vincesse, sarebbe per un margine molto ridotto, con la
possibilità concreta di avere il Senato contro. Con un margine di
manovra così stretto dovrebbe concentrarsi sul tema che l’ha fatto
diventare protagonista, il Muro (al confine con il Messico, ndr ). Dovrà
costruirlo, fisico o virtuale che sia. Tutto il resto passerà in
secondo piano. Di sicuro gli Stati Uniti sono oggi disuniti».
La polizia che finisce letteralmente nel mirino di un killer è il segnale di un odio insanabile, dopo tanti abusi non puniti?
«Quello
che gli attivisti non dicono è che la maggior parte dei neri — che
spesso vive ancora in quartieri che di fatto sono segregati, a causa
della povertà, anche se la segregazione razziale ufficialmente è
illegale da cinquant’anni — non vuole una polizia debole. Una polizia
senza potere lascerebbe i quartieri dove vivono gli afroamericani ancora
più in balia dei criminali. Il problema è la tolleranza zero, che è
nata per ovviare a una questione reale, cioè i moltissimi crimini
commessi negli anni 70 e 80 nelle strade, specie dei quartieri più
poveri. E che poi ha finito per far addestrare la polizia a metodi
troppo aggressivi».
Matteo Persivale