La Stampa 18.7.16
Idea Pd, far slittare il referendum a fine novembre
Finanziaria e voto Usa due momenti chiave
di Carlo Bertini
Cosa
c’entrano le elezioni americane dell’8 novembre con la data del
referendum italiano? Potrebbero entrarci pure quelle. I più spiritosi
del Pd la chiamano scherzosamente «operazione win win», per proprietà
linguistica transitiva, cioè «vincente comunque», perché consisterebbe
in un semplice calcolo, tutto a fini elettorali: il voto che potrebbe
costare la poltrona a Renzi e che dunque potrebbe minare la stabilità
europea, andrebbe fissato dopo quello americano, e non il 6 novembre cui
ha fatto riferimento il premier.
Le elezioni americane
È
una suggestione ma la dice lunga sul fatto che sulla data del referendum
ancora in bilico, nel Pd tutte le armi vengono analizzate dai vari
strateghi. Perché «se vince Trump, scatta la paura, tutti a gridare
attenti ai populismi e quindi effetto di trascinamento automatico sul
rischio grillini. Se vince la Clinton, va bene lo stesso, può scattare
l’effetto trascinamento del vento dei Democratici», sorride Francesco
Boccia prima di entrare in aula. È solo una delle suggestioni che
potrebbe ispirare chi volesse consigliare il premier di far slittare la
data del referendum italico oltre metà novembre. Tutte giocano sulla
circostanza non secondaria che forse i margini potrebbero esserci per
restare nei termini di legge entro cui convocare le urne: la Cassazione
potrebbe forse terminare le operazioni di controllo sulle firme a metà
settembre, calcolando i tempi di eventuali ricorsi; dunque la scadenza
(dai 50 ai 70 giorni) entro cui fissare il referendum sarebbe rispettata
anche se si finisse in coda a novembre.
Legge di bilancio blindata
La
ragione più seria per arrivare così in fondo sarebbe però quella di
mettere in sicurezza la legge di bilancio con il voto di una delle due
Camere: perché così nel caso di vittoria dei no e di caduta del governo,
gli scossoni sarebbero in certa misura più contenuti. Già è assodato
infatti che il governo userà la finanziaria d’autunno come «il
propulsore» del referendum (copyright Francesco Verducci, coordinatore
dei «giovani turchi») ovvero il razzo che può far scattare la navicella
verso lo spazio luminoso della vittoria. Grazie ad una misura forte che
incida sulle fasce sociali più disagiate: tutto è ancora prematuro, ma
potrebbe essere su temi caldi come le pensioni o sul fisco.
La
legge di bilancio, quella che sostituirà la legge di stabilità, ha nuove
regole: niente misure localistiche e micro-settoriali, eliminando così
il “suk” parlamentare; e deve arrivare alle Camere il 20 ottobre. Dunque
l’annuncio «propulsore» del governo è garantito e un pacchetto di
misure sociali sarebbe utile alla campagna referendaria, inserendo il sì
o il no alle riforme in un progetto complessivo. Correndo, la legge di
bilancio potrebbe essere approvata in aula entro il 18 novembre o anche
prima, spiegano quelli che maneggiano il calendario. Perciò non è
escluso alla fine che il referendum possa tenersi il 20 o il 27
novembre. E magari anche con una benedizione del Colle, che potrebbe
gradire la scelta di mettere in sicurezza il provvedimento più
importante del governo, che anche l’Europa attende.