La Stampa 17.7.16
“Noi di Gezi Park né col presidente né con i soldati”
L’attivista Ozsoy: la gente ha paura
di Marta Ottaviani
Una
società troppo polarizzata, che avrebbe bisogno di un momento di
conciliazione. La minaccia di un passato che ritorna e che nessuno aveva
voglia di raccontare. Ma dall’altra parte un presidente della
Repubblica che era partito con premesse diverse e che adesso deve
riportare il Paese alla normalità. Perché le piazze turche non sono più
serene come una volta e basta una piccola miccia per fare divampare un
incendio incontenibile. Yesim Ozsoy, attrice, regista e attivista del
movimento di Gezi Park, racconta come la Turchia ha vissuto questa lunga
notte e quali sono i sentimenti che albergano nella società turca.
Yesim Ozsoy, la società turca come ha vissuto il tentato golpe?
«Per
quelli della mia generazione è stato qualcosa di difficilmente
descrivibile. Nel 1980 io ero piccola. La maggior parte della
popolazione turca non aveva mai sperimentato un colpo di stato e si è
improvvisamente trovata privata della libertà di movimento, con aerei da
guerra che volavano a bassa quota, la tv di stato occupata. È stato
come vivere un incubo».
Una nazione stretta nella stessa paura, insomma…
«Sì,
già la maggior parte del popolo turco crede fermamente che bisogna
proseguire nella strada della democrazia, ma le modalità con cui questo
golpe è stato attuato hanno veramente infastidito tutti. Quelli che
volevano i militari nelle strade sono una minoranza. Poi, di sicuro, i
più infastiditi, forse anche colti di sorpresa da quello che è successo,
sono stati i sostenitori del presidente».
O con Erdogan o contro di lui, quindi?
«La
società turca purtroppo è molto polarizzata. Lo è sempre stata in
realtà, ma adesso la situazione sta diventando sempre più pericolosa.
Nelle piazze non scende solo una presa di posizione politica, iniziano
ad arrivare anche la rabbia e la violenza».
Una Turchia nervosa,
nella migliore delle ipotesi. Ma è mai possibile che non si trovi
un’alternativa almeno nella società civile?
«Una parte della
società turca è come ipnotizzata. Una parte ha paura. Negli ultimi mesi
sono finiti in manette o sono stati messi in stato di accusa decine di
intellettuali questo ha portato la gente ad assumere un atteggiamento
prudente, che con il passare del tempo è divenuto rinunciatario. Il
clima di sospetto che c’è ormai si percepisce chiaramente».
Cosa si aspetta, dopo questo golpe fallito?
«Spero
in un momento di conciliazione e normalizzazione perché la cosa che mi
preoccupa è che la tensione e la contrapposizione si riversino nelle
strade. Si sono infervorati gli animi per troppo tempo e ci vuole nulla
perché la situazione precipiti di nuovo».
Però tre ani fa la Turchia ha vissuto con Gezi Parki un momento di protesta pacifica in cui era venuto fuori un Paese diverso…
«La
Turchia di Gezi Parki era una Turchia che non stava né con Erdogan né
con i militari ed è quello che avremmo bisogno adesso. Ma il clima di
violenza e la repressione l’hanno portata a nascondersi. Quella piazza è
lontana anni luce. Oggi Gezi Parki non sarebbe possibile».