La Stampa 17.7.16
Anci ai grillini, lo spettro agita il Pd diviso sul dopo Fassino
Tre candidati, tra Bianco e Decaro può spuntare Ricci
di Francesco Bei
Mettere
le mani sull’Anci, la potente associazione dei comuni italiani (ne
raggruppa la quasi totalità), è il sogno proibito dei grillini,
imbaldanziti dalla conquista di Torino e Roma. Ne farebbe un
contropotere, un ariete da usare contro il governo. Dopo la sconfitta di
Piero Fassino, rimasto in carica per gestire la transizione, si è
infatti aperta la guerra per la presidenza.
Vista la divisione nel
campo democratico – che ancora rappresenta circa il 60 per cento dei
comuni – i cinquestelle stanno cercando in ogni modo di infilarsi nelle
fratture del nemico. Alternando la strategia del sorriso, interpretata
da Virginia Raggi nella prima riunione di martedì scorso – ha debuttato
con un «farò tutto quello che mi compete per supportare l’attività di
questa associazione» – alle minacce del sindaco livornese Nogarin:
«L’Anci deve porsi in dialettica con il governo, altrimenti non ha più
senso restarci dentro. E poi dove sta scritto che il presidente debba
per forza essere del Pd? Possiamo anche eleggere una figura come il
sindaco di Napoli Luigi De Magistris».
Intuito il pericolo, tra le
file dei sindaci dem è scattato l’allarme rosso. Il problema è che sul
tavolo al momento le candidature Pd sono tre. Il tempo stringe, di fatto
entro luglio andrebbe trovata un’intesa su un solo nome, in grado di
ricompattare le diverse anime e portare tutti i sindaci del campo
democratico a votare uniti. In modo da evitare rinvii e impedire ai
grillini di posticipare l’elezione del successore di Fassino a dopo il
referendum costituzionale (la speranza è che Renzi perda e il Pd, ormai
delegittimato, debba mollare anche l’Anci). I nomi in campo, si diceva,
sono rimasti tre: un uomo di grande esperienza come il primo cittadino
di Catania, Enzo Bianco, il sindaco di Bari Antonio Decaro e il sindaco
di Pesaro Matteo Ricci. Tutti di area renziana, ma con caratteristiche
molto diverse. La forza di Bianco è anche la sua principale debolezza:
il lungo curriculum. Il catanese è stato infatti già presidente
dell’Anci e la sua elezione, agli occhi del premier, sarebbe un ritorno
agli Anni Novanta, non un segnale di rinnovamento per contrastare
l’avanzata M5s. Tuttavia proprio Bianco è il sindaco che ha tessuto i
migliori rapporti con il centrodestra, che potrebbe quindi far confluire
i suoi voti su di lui. Ma i sindaci forzisti e leghisti sono una forza
numericamente trascurabile dentro l’associazione. La sfida potrebbe
quindi risolversi in un ballottaggio tra il barese e il pesarese. Tra i
pochi renziani al Sud, Decaro potrebbe essere la figura giusta per
contenere l’irruente governatore pugliese Michele Emiliano. E Renzi
avrebbe quindi interesse a farlo crescere come presidente Anci. Ma la
candidatura di Decaro è molto debole tra i primi cittadini del
Centro-Nord. Inoltre, sempre per i delicati equilibri interni all’Anci,
potrebbe sbilanciare ancora di più l’associazione verso Sud se alla
vicepresidenza, come pare, dovesse essere eletto per il centrodestra il
sindaco di Cosenza Mario Occhiuto. Forza Italia infatti rivendica per
Occhiuto il posto da numero due, attualmente in capo al sindaco di Lecce
Paolo Perrone, vicino a Raffaele Fitto. Tra i due litiganti – Bianco e
Decaro – a spuntarla potrebbe quindi essere il pesarese Matteo Ricci,
sostenuto dalle città di medie dimensioni e dai piccoli. Tra i sindaci,
come numeri, Ricci è quello che riscuote più consensi e, in un momento
di transizione costituzionale come questo, lo rafforza essere il
vicepresidente Anci con la delega alle riforme.
Certo, anche la
candidatura Ricci, nonostante la notorietà mediatica del personaggio, ha
il suo tallone d’Achille. “L’altro Matteo” (come lo chiamano nel giro
renziano) è infatti molto vicino al premier ed è anche il vicepresidente
del Pd. Una carica politica che fa a pugni con la terzietà
istituzionale che l’Anci impone ai suoi vertici. Ma nel pieno della
campagna elettorale, Ricci va in giro ripetendo a tutti i suoi grandi
elettori una promessa: «Il giorno dell’elezione la prima cosa che farò è
dimettermi da vicepresidente del Pd».
Divisi tra Bianco, Decaro e
Ricci, su una sola cosa i sindaci democratici sono d’accordo: «La
situazione è troppo delicata. Se non troviamo subito un accordo tra noi,
a spuntarla saranno i grillini».