La Stampa 15.7.16
Zanetti divorzia da Scelta Civica. Così Verdini entra nel governo
Il viceministro messo in minoranza dal suo partito si rifugia dentro Ala. Polemica nel Pd, Speranza gli chiede di dimettersi
di Ilario Lombardo
E,
 dunque, Denis Verdini sarebbe entrato in maggioranza? Almeno stando 
alla proprietà transitiva, dovrebbe essere così: se un viceministro, 
Enrico Zanetti, si mette alla testa di una componente con fuoriusciti 
del suo stesso partito, Scelta Civica, e la truppa verdiniana di Ala, il
 risultato parrebbe proprio questo. Il sogno di Verdini sembra 
realizzarsi: dall’appoggio esterno al governo vero e proprio. Peccato 
però che dal Pd stiano già cercando un buona risposta per uscire 
dall’evidente imbarazzo. Perché la minoranza dem non si è fatta 
attendere e Roberto Speranza ha fatto due più due: «Se è vero che, come 
più volte ribadito da Matteo Renzi, Ala resta fuori dalla maggioranza 
allora l’unica conseguenza sono le dimissioni di Zanetti dal governo». 
Dimissioni, che in realtà, vengono evocate anche da alcuni renziani più 
vicini ai vertici, pur se con molta prudenza. Potrebbe essere così, 
anche perché a sorprendere il premier e i suoi uomini è stata più che 
altro la tempistica. Che l’operazione politica di un nuovo polo 
centrista, filiale italiana dei liberali europei dell’Alde, fosse in 
corso, si sapeva da mesi. Il duo Zanetti-Verdini ci stava lavorando da 
quasi un anno con un discorso che via via si stava allargando anche 
all’ex leghista Flavio Tosi, con Luca Lotti e Maria Elena Boschi 
informati. Contatti, prospettive comuni, convergenze di interessi. Il 
gioco incrociato mescola al solito aritmetica e logiche di 
sopravvivenza, puntando sui numeri ballerini in Senato per modificare 
l’Italicum e assicurarsi la presenza nella prossima legislatura.
Tutto
 si stava muovendo in tal senso. A settembre sarebbero state svelate le 
carte. Questo era il timing. Questo era quello che si aspettavano nel 
Pd, nella speranza che tutto si potesse compiere dopo il referendum 
costituzionale. E invece le cose sono precipitate ben prima. Sc è 
implosa mercoledì sera. Il segretario Zanetti convoca la direzione e 
incassando un mandato pieno affronta la linea politica del partito. 
Quando si tocca l’argomento Verdini, i suoi partono con l’ammutinamento.
 Non vogliono apparentarsi con l’ex berlusconiano. Zanetti finisce in 
minoranza. Sc esiste come tale solo alla Camera, 19 deputati. Il 
capogruppo Giovanni Monchiero, Gianfranco Librandi, Andrea Mazziotti e 
il sottosegretario ai Beni culturali Antimo Cesaro, voltano le spalle al
 leader. Zanetti va via. Poche ore dopo chiama il vicesegretario del Pd 
Lorenzo Guerini per annunciargli la decisione presa: porterà via il 
simbolo e creerà una componente con il nome “Sc verso Cittadini per 
l’Italia” a cui aderiscono i verdiniani e l’ex leghista Marco Marcolin. 
In tutto 15 persone, compresi Zanetti e i tre deputati che lo hanno 
seguito, Mariano Rabino, Angelo D’Agostino, Giulio Sottanelli. Altri dal
 Misto potrebbero unirsi. Intanto, confermano, chiederanno la deroga per
 il gruppo «come Fratelli d’Italia».
Sul fronte più interno, nell’ex 
creatura di Mario Monti finita in briciole è già partita la battaglia 
per la paternità del simbolo, con Zanetti che sostiene di essere 
«l’unico titolare legittimo»: «Il gruppo da braccio operativo del 
partito - dichiara - si era trasformato in un comodo materasso su cui 
stare sdraiati in attesa di capire cosa succede». Ma il succo più 
interessante della faccenda riguarda gli equilibri di governo. Guerini, 
interrogato, si sfila: «Problemi interni a Sc», ma i dem renziani 
restano consapevoli di cosa pioverà addosso al Pd. Soprattutto dalla 
minoranza e dai grillini: Verdini è entrato al governo tramite Zanetti? 
Una domanda che potrebbe trasformarsi in una grana in vista del 
referendum, mentre Renzi lavora a compattare per la vittoria del sì. 
Nell’immediato, potrebbe non succedere nulla, ipotizzano i renziani. 
Dipenderà dall’effetto mediatico: se la il caso-Zanetti si farà sentire,
 il viceministro potrebbe essere costretto alle dimissioni. A quel 
punto, quel che resta di Sc avrebbe già pronto il sostituto del governo:
 Alberto Bombassei.
 
