sabato 16 luglio 2016

La Stampa 15.7.16
Zanetti divorzia da Scelta Civica. Così Verdini entra nel governo
Il viceministro messo in minoranza dal suo partito si rifugia dentro Ala. Polemica nel Pd, Speranza gli chiede di dimettersi
di Ilario Lombardo


E, dunque, Denis Verdini sarebbe entrato in maggioranza? Almeno stando alla proprietà transitiva, dovrebbe essere così: se un viceministro, Enrico Zanetti, si mette alla testa di una componente con fuoriusciti del suo stesso partito, Scelta Civica, e la truppa verdiniana di Ala, il risultato parrebbe proprio questo. Il sogno di Verdini sembra realizzarsi: dall’appoggio esterno al governo vero e proprio. Peccato però che dal Pd stiano già cercando un buona risposta per uscire dall’evidente imbarazzo. Perché la minoranza dem non si è fatta attendere e Roberto Speranza ha fatto due più due: «Se è vero che, come più volte ribadito da Matteo Renzi, Ala resta fuori dalla maggioranza allora l’unica conseguenza sono le dimissioni di Zanetti dal governo». Dimissioni, che in realtà, vengono evocate anche da alcuni renziani più vicini ai vertici, pur se con molta prudenza. Potrebbe essere così, anche perché a sorprendere il premier e i suoi uomini è stata più che altro la tempistica. Che l’operazione politica di un nuovo polo centrista, filiale italiana dei liberali europei dell’Alde, fosse in corso, si sapeva da mesi. Il duo Zanetti-Verdini ci stava lavorando da quasi un anno con un discorso che via via si stava allargando anche all’ex leghista Flavio Tosi, con Luca Lotti e Maria Elena Boschi informati. Contatti, prospettive comuni, convergenze di interessi. Il gioco incrociato mescola al solito aritmetica e logiche di sopravvivenza, puntando sui numeri ballerini in Senato per modificare l’Italicum e assicurarsi la presenza nella prossima legislatura.
Tutto si stava muovendo in tal senso. A settembre sarebbero state svelate le carte. Questo era il timing. Questo era quello che si aspettavano nel Pd, nella speranza che tutto si potesse compiere dopo il referendum costituzionale. E invece le cose sono precipitate ben prima. Sc è implosa mercoledì sera. Il segretario Zanetti convoca la direzione e incassando un mandato pieno affronta la linea politica del partito. Quando si tocca l’argomento Verdini, i suoi partono con l’ammutinamento. Non vogliono apparentarsi con l’ex berlusconiano. Zanetti finisce in minoranza. Sc esiste come tale solo alla Camera, 19 deputati. Il capogruppo Giovanni Monchiero, Gianfranco Librandi, Andrea Mazziotti e il sottosegretario ai Beni culturali Antimo Cesaro, voltano le spalle al leader. Zanetti va via. Poche ore dopo chiama il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini per annunciargli la decisione presa: porterà via il simbolo e creerà una componente con il nome “Sc verso Cittadini per l’Italia” a cui aderiscono i verdiniani e l’ex leghista Marco Marcolin. In tutto 15 persone, compresi Zanetti e i tre deputati che lo hanno seguito, Mariano Rabino, Angelo D’Agostino, Giulio Sottanelli. Altri dal Misto potrebbero unirsi. Intanto, confermano, chiederanno la deroga per il gruppo «come Fratelli d’Italia».
Sul fronte più interno, nell’ex creatura di Mario Monti finita in briciole è già partita la battaglia per la paternità del simbolo, con Zanetti che sostiene di essere «l’unico titolare legittimo»: «Il gruppo da braccio operativo del partito - dichiara - si era trasformato in un comodo materasso su cui stare sdraiati in attesa di capire cosa succede». Ma il succo più interessante della faccenda riguarda gli equilibri di governo. Guerini, interrogato, si sfila: «Problemi interni a Sc», ma i dem renziani restano consapevoli di cosa pioverà addosso al Pd. Soprattutto dalla minoranza e dai grillini: Verdini è entrato al governo tramite Zanetti? Una domanda che potrebbe trasformarsi in una grana in vista del referendum, mentre Renzi lavora a compattare per la vittoria del sì. Nell’immediato, potrebbe non succedere nulla, ipotizzano i renziani. Dipenderà dall’effetto mediatico: se la il caso-Zanetti si farà sentire, il viceministro potrebbe essere costretto alle dimissioni. A quel punto, quel che resta di Sc avrebbe già pronto il sostituto del governo: Alberto Bombassei.