La Stampa 13.7.16
Spuntata l’arma demografica di Arafat
Oggi sono le israeliane a fare più figli
Nel ’90 la media di nati in Cisgiordania era di 5,7 per donna , ora è di 2,8
Per l’Anp la crescita doveva favorire la creazione dello Stato palestinese
di Giordano Stabile
 Nascite
 decuplicate Israele oggi conta 8,5 milioni di abitanti, oltre dieci 
volte la popolazione nel 1948 con una media di figli per donna di 3,1; 
per le donne palestinesi è sceso a 2,8
Negli Anni 
Settanta Yasser Arafat, in una delle sue frasi rimaste nella storia, 
diceva che il «grembo delle palestinesi» avrebbe creato lo Stato di 
Palestina. La nostra arma «biologica», così la definiva. La tumultuosa 
crescita della popolazione lasciava pensare a un esito scontato.
Oggi
 l’arma demografica è passata dalla parte di Israele. Merito dell’ondata
 migratoria, soprattutto dall’ex Unione sovietica, negli Anni Novanta. 
Ma anche del «grembo delle israeliane». Che ora fanno più figli delle 
palestinesi nella Cisgiordania. Un po’ più di tre bambini a testa contro
 un po’ meno di tre. Con le famiglie ultraortodosse che hanno 
addirittura una media di cinque figli per donna.
Crescete e moltiplicatevi
Israele
 oggi conta 8,5 milioni di abitanti, oltre dieci volte la popolazione 
nel 1948. Le statistiche israeliane includono nel conto Gerusalemme Est,
 il Golan e alcuni insediamenti in Cisgiordania, che non sono 
riconosciuti come suo territorio dalla comunità internazionale. In ogni 
caso il trend demografico è quello. Dopo essere calato fino a 2,8 
all’inizio degli Anni Novanta, il numero di figli per donna in Israele è
 arrivato l’anno scorso a 3,1. Analizzato per religione il tasso è del 
3,1 per gli ebrei, del 3,3 per i musulmani e solo del 2,2 per i 
cristiani arabo-palestinesi.
Anche se non ci sono dati separati 
per gli abitanti della Cisgiordania, si può intuire un andamento simile,
 con una media finale di 2,8 figli per donna, meno che in Israele. Negli
 Anni Settanta era di otto figli per donna.
La popolazione 
palestinese ora è di 2,6 milioni in Cisgiordania, più 220 mila a 
Gerusalemme Est, che è stata annessa da Israele nel 1967. Anch’essa è 
più che decuplicata rispetto al 1948, ma la tendenza è al rallentamento.
 Gli abitanti degli insediamenti ebraici sono invece cresciuti fino a 
400 mila nella Cisgiordania occupata, 350 mila a Gerusalemme Est. Ed è 
qui che la crescita naturale è più forte, oltre il tre per cento 
all’anno.
L’ingiunzione biblica «crescete e moltiplicatevi» è 
presa alla lettera. Queste dinamiche sono alla base dell’espansione 
degli insediamenti, criticata dall’Onu come uno dei maggiori ostacoli 
per la ripresa dei colloqui di pace. Ma la costruzione delle nuove case 
crea tensioni anche all’interno di Israele. Per la banale ragione che 
c’è sempre meno spazio.
Densità massima
Israele ha una 
superficie di circa 21 mila chilometri quadrati, più o meno come la 
Puglia. E una densità di 366 abitanti per kmq, una delle più alte al 
mondo. Secondo il demografo Alon Tal, dell’Università Ben Gourion del 
Negev, «servono ogni anno da 40 a 60 mila nuovi appartamenti», un ritmo 
di cementificazione che «mette a rischio la nostra biodiversità». Con 
questo tasso di crescita naturale e di immigrazione, il Paese conterà 15
 milioni di abitanti nel 2050, con una densità di 750 abitanti per 
chilometro quadrato, la stessa delle grandi metropoli americane. Escluso
 il deserto del Negev, che si punta a colonizzare massicciamente a 
partire dalla città di Beersheba, sarà di fatto una grande area urbana.
Questi
 dati sono anche sui tavoli delle grandi potenze che stanno cercando di 
rilanciare i colloqui di pace. La Cisgiordania, 5.600 kmq, è altrettanto
 piccola e affollata. Le risorse in acque e terreno coltivabile sono 
scarse. Per non parlare di Gaza, 1,8 milioni di abitanti su 360 mq, dove
 la crescita demografica è ancora oltre il 3 per cento e i figli per 
donna 5. Al di là della storia e della geopolitica, c’è anche questa 
realtà dietro lo scontro apparentemente irrisolvibile fra Israele e 
palestinesi.
 
