martedì 12 luglio 2016

La Stampa 12.7.16
Tra i radicali neri di Dallas
“Micah? Aveva ragione”
Il leader che ha organizzato la marcia: Obama ci ha traditi
di Paolo Mastrolilli

«Il fratello Micah, pace all’anima sua, ha sbagliato a sparare. Però... ». E da questo però, pronunciato senza esitazioni dal reverendo Dominique Alexander, deriva un mondo di problemi che l’America dovrà affrontare e risolvere, se vorrà ritrovare la pace.
Alexander è il presidente e fondatore del Next Generation Action Network, ed è la persona che ha organizzato la protesta di giovedì scorso a Dallas, trasformata poi in strage dagli spari di Micah Johnson. Domenica sera ha convocato tutti i suoi seguaci alla Friendship West Baptist Church, una mega chiesa battista alla periferia della città, per tenere il primo incontro dopo la tragedia e pianificare le prossime mosse. Mosse assai vicine nel tempo: «Mercoledì torneremo a protestare, con una manifestazione silenziosa. Ma poi andremo fino al dipartimento della Giustizia di Washington, per costringerli a cambiare le pratiche della polizia che prendono sempre di mira i neri».
Dominique ha 27 anni e un passato piuttosto burrascoso. Tra le altre cose, è stato accusato di aver picchiato un bambino di due anni, rubato un’auto, e costretto la polizia ad un inseguimento sulle autostrade del Texas. «Ero un giovane perduto, ed essendo un fratello non avevo un buon avvocato per difendermi. Tutto questo, però, appartiene al passato». Ora, infatti, Alexander ha trovato la luce. Ha studiato, è diventato pastore, e nell’agosto del 2014 ha avuto un’epifania. Osservando le violenze scoppiate a Ferguson dopo l’uccisione di Mike Brown, ha deciso che per i giovani neri era venuto il momento di passare all’azione. Così ha fondato il Next Generation Action Network, indipendente ma solidale con il movimento Black Lives Matter, che ormai ha sedi in otto città americane, da San Francisco a Washington, passando naturalmente da Dallas e New York. Lui, insieme ad un reverendo bianco, aveva organizzato la manifestazione di giovedì, e non se ne pente: «Il fratello Micah ha sbagliato a sparare, però su tutto il resto aveva ragione. Come prima cosa, lui è la prova del fallimento dell’impero americano, che addestra questi giovani militari per farli diventare macchine della morte, li usa per imporre il proprio controllo su tutto il mondo, e poi li abbandona a se stessi». Ma anche i poliziotti, contro cui si è sfogata la rabbia dell’ex soldato Johnson, sono vittime: «Vivono e operano nello stress. Sono male addestrati, sottopagati, e costretti a cercare lavoretti vari dopo i turni di pattuglia, per far sopravvivere le loro famiglie. Così, quando si trovano davanti ad una situazione difficile, sono già pronti ad esplodere».
Per immaginarvi Dominique, e gli oltre duemila seguaci venuti ad ascoltarlo, non pensate a fricchettoni scamiciati: tutti i leader indossano la cravatta, o almeno la giacca, sono pettinati e istruiti. Bravissimi oratori, a metà fra il politico e il predicatore. Radicali dalla faccia pulita, insomma.
Venduto ai bianchi
«Il sistema della giustizia bianca americana - spiegano - considera qualunque essere umano nero di sesso maschile più alto di un metro e sessanta come una minaccia, ed è costruito apposta per annientare le minacce». Barack Obama, secondo loro, nel migliore dei casi è uno Zio Tom che si è venduto ai bianchi per fingere di avere un presidente afroamericano, e nel peggiore è un finto nero che non ha idea di cosa parla, perché non viene dal ghetto e non conosce la vera vita della gente di colore.
Ma la rabbia politica di Alexander è diretta soprattutto contro i pastori afroamericani della generazione precedente, che «hanno venduto i pulpiti delle loro chiese», e contro i politici della vecchia generazione degli attivisti neri, che «si sono venduti pure loro, e hanno come unico obiettivo quello di tenere noi giovani fuori dal processo. Noi però siamo forti. Martin Luther King, Malcolm X e tutti i leader dei diritti civili avevano la nostra età, quando iniziarono ad emergere. Noi siamo la prossima generazione, appunto, e spazzeremo via chi ci ostacola».
Fuori dalle chiese
Il tutto viene giustificato teologicamente, usando le scritture: «Ci avete fatto caso a come si comportava Gesù, che quando cominciò la vita pubblica aveva trent’anni? Dove impartiva i suoi insegnamenti più preziosi? Dentro ai templi, cioè le chiese tradizionali dell’establishment, oppure fuori? La risposta la conoscete già: fuori, come noi. E quando tornerà su questa Terra, dove ci incontrerà? In cielo, cioè fuori dalle strutture umane corrotte!».
La riunione ha lo scopo di organizzare la comunità: ci sono avvocati, attivisti, anche alcuni politici eletti. Insegnano come si fa a cambiare una legge sulle bodycam dei poliziotti che non li soddisfa, come si ottiene di far aprire più supermercati nel quartiere, e come si tirano fuori di prigione gli attivisti. Uno dei leader si commuove: «Micah viveva a tre strade da casa mia. Ci incontravamo sempre al distributore di benzina, e mi chiedeva di organizzare insieme la nostra comunità. Ma io non avevo tempo e lo trascuravo. Ecco, non ripetete il mio errore: ascoltate chi ha bisogno e aiutatelo».
Il prossimo appuntamento dovrebbe essere già domani, quando Obama sarà andato via, per una protesta muta: «Enough Said!», è stato detto abbastanza. Poi, però, l’obiettivo di lungo termine è marciare sul dipartimento alla Giustizia, per costringerlo a cambiare le pratiche della polizia. Difficile prevedere quanto andranno lontano, ma di certo non sono un movimento improvvisato. Puntano ad essere i nuovi leader degli afroamericani, scavalcare i vecchi attivisti neri, e costringere il sistema a fare i conti con loro.