La Stampa 11.7.16
Così funziona il mercato nero dei trapianti
Al mercato nero 250 mila dollari per un rene
I grandi affari dei mercanti di organi
Dall’America
Latina all’Europa dell’Est le rotte del commercio illegale dei
trapianti In Cina mutilati i condannati a morte, amputazioni tra i
migranti del Mediterraneo
di Antonio Maria Costa
Non c’è maggiore generosità. Un benefattore dona un proprio organo a qualcuno la cui sopravvivenza dipende dal suo trapianto.
Un altro samaritano autorizza nel testamento l’espianto di una parte del proprio corpo, post-mortem.
Gesti
ripetuti nel mondo migliaia di volte l’anno: generosi, ma non
sufficientemente frequenti. L’organizzazione Onu per la salute (Oms)
stima che in Europa, Usa e Cina si trapiantino annualmente circa 20 mila
organi, con una spesa aggregata di 1 miliardo di dollari l’anno in
ciascuna regione (3500 trapianti in Italia nel 2015). Eppure le liste di
attesa attestano una richiesta aggregata di 100 mila organi. In media,
il fabbisogno è 5-8 volte superiore alla disponibilità.
Con la
maggioranza della domanda di organi insoddisfatta, le opportunità di
arricchimento, per chi non teme sanzione terrena né celeste, sono
illimitate. L’umanità è trasformata in un immenso giacimento di tessuti
organici, dal quale si estraggono reni, cornee, fegato, pancreas e,
persino cuore e polmoni – offerti a prezzi esorbitanti, che riflettono
l’ansia di pazienti disposti a pagare qualsiasi ammontare pur di avere
l’innesto necessario alla sopravvivenza.
A sfruttare la miniera
umana ci pensa la mafia internazionale, assistita da agenzie di viaggio,
società di trasporto ed enti sanitari. Pur di lucrare sulla disgraziata
necessità di malati ricchi, professionisti in camice bianco (chirurghi,
anestesisti e urologi) non esitano a causare la diminuzione permanente
nella condizione fisica del donatore – inevitabilmente povero e spesso
involontario. I guadagni ammontano a 15-20 volte il capitale investito.
All’espianto un organo vale 5-10 mila dollari. Il suo prezzo al
trapianto raggiunge i 70-100 mila dollari, fino a 250 mila, a seconda
dell’organo e soprattutto della lunghezza della lista di attesa.
Il
terzo protocollo Onu contro la criminalità organizzata (la convenzione
di Palermo), sanziona le origini criminali degli organi immessi sul
mercato: movimenti migratori rendono i soggetti vulnerabili ad
amputazioni forzate (i casi scoperti nel Mediterraneo); violenza su
manodopera coatta per indurla a donare una parte del corpo; cessione
contrattuale di un organo mai remunerata (in Africa); espianto forzato a
degenti in ospedale per altra terapia (America Latina). Notorio è poi
il commercio di organi asportati da avversari politici spariti nel
nulla, da prigionieri di guerra appositamente assassinati (nei Balcani),
e da cadaveri di condannati a morte (in Asia). Quando l’espianto è
volontario, le vittime sono generalmente giovani, indigenti e
inconsapevoli dei rischi: riduzione permanente dell’attività fisica a
seguito dell’amputazione, inadeguata cura post-chirurgica, e condizioni
psico-fisiche degradate fino alla morte.
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La
Convenzione del Consiglio d’Europa in materia (2014), protegge il
sacrosanto diritto al trapianto eseguito rispettando le procedure.
Eppure internet, che pubblicizza disponibilità, ubicazione e prezzi,
mostra la globalità del contrabbando di organi. Informazioni desunte da
Lexis/Nexis, MedLine e PubMed, oltre che da comuni motori di ricerca
mostrano 2000 innesti illegali di reni in Pakistan negli ultimi anni,
3000 nelle Filippine, 500 in Egitto e diverse centinaia, recentemente,
in Moldavia.
L’industria del trapianto consiste in una catena
logistica dove l’efficienza nel raccordo tra donatore e recettore, sono
fondamentali. Le opzioni sono tre: il donatore raggiunge il malato;
oppure quest’ultimo e i suoi medici viaggiano per incontrare il
donatore; oppure l’organo è trasportato tra i due. Problemi di frontiera
(visti d’ingresso) ostacolano la prima opzione: i donatori dal terzo
mondo hanno difficoltà nel raggiungere i malati nei paesi ricchi. Il
terzo caso è più frequente ora, grazie alla migliore farmacologia
anti-rigetto. La seconda opzione, nota come turismo del trapianto,
coinvolge il malato e i suoi professionisti: l’intera squadra raggiunge
il donatore, complici autorità corrotte, al fine di ridurre il rischio
di deterioramento dei tessuti nel trasporto.
I profitti nelle cliniche
In
Kosovo, il cui primo ministro è accusato di omicidi di prigionieri
serbi a scopo di trapianto, diversi medici sono stati identificati per
innesti illegali da vittime russe e moldave. In Sudafrica centinaia di
trapianti illegali su ricchi occidentali hanno accumulato un profitto
milionario in cliniche locali. In Usa recenti indagini hanno
identificato 110 trapianti su cittadini americani, eseguiti in 18 paesi
esteri.
Susumu Shimazono, il maggiore esperto in materia, stima
che il 10% dei trapianti effettuati nel mondo comportano organi
trafficati, con il coinvolgimento di malati di oltre 100 nazionalità:
700 dall’Arabia Saudita, 450 da Taiwan, 131 in Malesia, migliaia da
Australia e Giappone. Pur se orrende, queste sono probabilmente una
sottovalutazione: qualche anno addietro, nella sola Cina sono stati
fatti 11 mila espianti da cadaveri di condannati a morte (molteplici
asportazioni dallo stesso corpo sono comuni).
I Principi Guida
dell’Oms sanciscono che «il corpo umano, e ogni parte di esso, non
possono essere fonte di lucro». In ossequio, i paesi non sanzionano né
donatori, che perdono parte del corpo, né recettori, per lo più
inconsapevoli dell’approvvigionamento clandestino dell’organo. Il
destinatario delle sanzioni è l’intermediario criminale che, con inganno
o violenza, mercifica il corpo umano. I trafficanti di migranti nel
Mediterraneo sono tra essi.