lunedì 11 luglio 2016

La Stampa 11.7.16
A Dixon Circle con le ronde delle nuove Pantere Nere
Nel quartiere più afroamericano di Dallas le pattuglie dei vigilantes armati contro i poliziotti bianchi
Le ronde sono composte da donne e uomini che pattugliano le comunità imbracciando fucili d’assalto AR-15 e AK-47
di Valeria Robecco

I binari arrugginiti della ferrovia al di là dell’Interstate 30 attraversano un tratto di terra costellato da erbacce e casupole a perdita d’occhio. Questo vecchio binario è lo spartiacque non solo geografico, ma anche sociale, tra la Dallas opulenta dei petrolieri e quella del degrado. Siamo a Dixon Circle, quartiere ghetto di South Dallas, dove si trova la più alta concentrazione di afroamericani del nord del Texas. È questo l’epicentro dell’estremismo nero armato, dove l’Huey P. Newtown Gun Club porta avanti pattugliamenti per contrastare i soprusi delle forze dell’ordine e impedire gli abusi di potere nei confronti delle persone di colore. Qui il gruppo, uno dei più oltranzisti nel macrocosmo delle formazioni paramilitari dell’orgoglio nero, tiene anche il suo addestramento settimanale, lezioni di lotta armata e autodifesa cadenzate dal grido di battaglia: «Basta maiali nella nostra comunità». I «maiali in divisa», per loro, sono i poliziotti.
Ci avviciniamo al sobborgo definito da una lunga fila di case semi-diroccate e ci addentriamo su Barber Avenue, dove un’anziana coppia cerca ristoro dall’afa con un ventilatore a pale sistemato in veranda. Davanti a una piccola abitazione circondata interamente da inferriate e cancelli, invece, incontriamo un uomo di origine afroispanica. È disabile e ci racconta che per questo non riesce a trovare lavoro, vive nel quartiere da 41 anni e ha due figli che se ne sono andati tanto tempo fa, di cui non sa più nulla. «Le ronde? Sono lì - dice - poco più avanti, su Dixon Avenue». Lo raggiunge la nipote Maria, che ci avverte: «State attenti a girare in questa zona, qui la gente non ha voglia di parlare, e neppure di essere guardata».
Appena imbocchiamo Dixon Avenue vediamo due neri appoggiati a un’auto davanti al minimarket dall’insegna semidistrutta La Marketa Grocery, notiamo un passaggio di mani, e che non gradiscono la nostra presenza. Poco più in là invece c’è il Dixon Grocery, oggi abbandonato, davanti al quale nel 2012 un giovane nero è morto per mano di un agente bianco: si chiamava James Harper, un 31enne con un passato violento, aggressioni, furti, e spacci di droga. Li centinaia di abitanti inferociti si sono dati appuntamento dopo «la sua esecuzione», e a quattro anni di distanza si respira ancora lo stesso clima pesante. Questo intreccio di vie è il Ground Zero delle ronde armate dei vigilantes neri, donne e uomini che pattugliano le comunità imbracciando fucili d’assalto AR-15 e AK-47. Le chiamano «Open Carry Walks», perché in Texas si può girare armati fino ai denti, purché le armi siano in vista. Il Gun Club prende il suo nome dal fondatore del Black Panther Party, Huey P. Newton, ed è stato creato nell’agosto del 2014 sulla scia dell’uccisione di Michael Brown, afroamericano disarmato freddato a Ferguson, Missouri, per mano di un agente bianco. È da quel momento che sono ripresi i pattugliamenti, gli stessi a cui hanno dato il via nel 1966 le vecchie Pantere Nere, il gruppo nato a Oakland, California, per rispondere con la violenza alle «violenze razziste» di una certa polizia. Ciò che è accaduto giovedì sera a Dallas, quando Micah Xavier Johnson ha ucciso cinque poliziotti, ha la sua genesi in questi nuovi gruppi paramilitari, una genesi antica come l’odio razziale radicato nella storia della società Usa. E se anche in una città come Dallas, dove il capo della polizia è David Brown - afroamericano cresciuto a South Oak Cliff, quartiere «black» e piazza di spaccio privilegiata di crack e cocaina - non si riescono ad arginare le divisioni tra comunità nera e forze dell’ordine, sono in molti a non meravigliarsi se prendono piede soluzioni radicali come quella proposta dall’Huey P. Newton Gun Club. Il minimo comune denominatore a Dixon Circle è l’odio, odio per tutto ciò che non è nero, obiettivo privilegiato i bianchi in divisa. Di certo non l’unico filo conduttore di questo quartiere ai margini: «Barack Obama? Una vera delusione - spiega una donna che si affaccia da una delle case meno degradate della zona -. Il cambiamento di cui parlava non è mai avvenuto». Paradosso storico nell’era del primo Presidente afroamericano degli Stati Uniti, che viene accusato proprio dai neri d’America di non aver fatto abbastanza per loro.