lunedì 11 luglio 2016

La Stampa 11.7.16
Boccia-Camusso, gelo sul referendum
La leader Cgil: indecenti le stime di Confindustria sui danni in caso di vittoria del No Il presidente degli industriali replica: “Esporsi non significa essere vicini a Renzi”
di Paolo Baroni

D’accordo quasi su tutto, sulle pensioni, sulla crisi delle banche, a livello di metodo da seguire d’accordo anche su un tema molto contrastato come il rinnovo dei contratti. D’accordo su tutto, tranne che sul referendum. Per il segretario della Cgil Susanna Camusso ed il nuovo presidente di Confindustria Vincenzo Boccia quello di ieri era il primo faccia a faccia pubblico. Quasi due ore di botta e risposta all’ombra delle rovine del castello di Serravalle, dove la Cgil pistoiese ogni anni organizza i suoi «Incontri».
Il confronto tra i due, moderato dal giornalista Francesco Manacorda, è andato via liscio all’insegna dell’assoluto fair play sino a quando non si è toccato il tema riforme. Confindustria schierata decisamente a favore del Sì la Cgil molto critica. Anche rispetto a Confindustria. «Ho trovato indecenti e sbagliate le slide del Centro studi» attacca Camusso. «Pronosticare un meno 4% del Pil, è il peggior vecchiume di cui credo il Paese non abbia assolutamente bisogno». E al presidente di Confindustria, che aveva appena finito di spiegare che il Sì convinto degli industriali era legato alle prospettive future di stabilità e governabilità, il segretario Cgil risponde che «la stabilità non è una variabile indipendente: si può essere stabili, come in apparenza lo siamo da due anni, e vedere che le condizioni delle persone non sono assolutamente cambiate». Boccia tiene il punto e spiega che quello di Confindustria non va inteso «come un endorsement»: esporsi per il Sì «non significa essere collaterali a Renzi» ma «essere onesti intellettualmente». Quanto alle slide del Csc avrebbe anche potuto non renderle pubbliche, ma se lo ha fatto è stato soprattutto per «segnalare i rischi di una eccessiva personalizzazione della vicenda».
Quanto al merito Camusso elenca una raffica di critiche, mentre il numero uno degli industriali sostiene che «le riforme non sono certo il massimo però rappresentano un primo passo importante» e per questo vanno appoggiate. Mentre boccia l’idea di spacchettare i quesiti, come invece suggerisce anche alla Cgil, e «se questo crea ulteriore confusione forse è bene fare una riflessione».
Il resto del confronto è stato un cordiale batti e ribatti: sui contratti Camusso dice no al modello Federmeccanica, chiede di non cancellare le intese nazionali e soprattutto di dare priorità alla riduzione delle diseguaglianza e alle imprese di tornare a investire; Boccia invece punta tutto sul recupero di produttività e sui contratti di secondo livello (e poi «solo dopo si distribuiscono le risorse») mettendo in chiaro che in questa tornata «se si fanno errori non si fa solo un brutto accordo ma ci giochiamo altri pezzi della nostra industria». Sulle banche entrambi concordano che impegnare soldi pubblici non è una bella cosa, ma che il sistema del credito va comunque aiutato, sulle pensioni entrambi criticano la legge Fornero e chiedono di introdurre meccanismi di flessibilità soprattutto per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Insomma molti punti di intesa a partire dal fatto che sia Camusso che Boccia concordando sul fatto che le parti sociali debbano riappropriarsi del loro ruolo evitando di lasciare ad altri (sottinteso il governo) spazi di manovra.
«Vi do io il titolo di questo incontro: sono d’accordo con Camusso, però», azzarda ad un certo punto Boccia. Vero, referendum a parte.