lunedì 11 luglio 2016

La Stampa 11.7.16
Gaza vietata, tensione M5S-Israele
Ingresso proibito alla delegazione Di Maio: brutto segnale
La replica: lo sapevano
di Ilario Lombardo

La trama internazionale che vede contrapposti Israele e il M5S si arricchisce di versioni contrastanti che ruotano attorno alla stessa domanda: perché la delegazione del M5S guidata da Luigi Di Maio ha aspettato fino all’ultimo momento, fino al giorno che fissava in agenda la visita a Gaza, per esprimere tutto il proprio «rammarico» per il divieto di entrare nella Striscia? Secondo fonti diplomatiche israeliane, ai grillini era stato comunicato che non avrebbero avuto il permesso nei giorni precedenti l’inizio della visita in Palestina e Israele. Eppure nella nota irritualmente trasmessa da Roma il M5S solo ieri dice: «Abbiamo appreso dalla nostra ambasciata che il governo israeliano impedisce alla delegazione guidata dal vicepresidente della Camera dei deputati di recarsi nella Striscia di Gaza. Questo – sostengono Di Maio e i colleghi Manlio Di Stefano e Ornella Bertorotta - è un cattivo segnale soprattutto per l’approccio dello stesso esecutivo israeliano rispetto alla situazione nella Striscia di Gaza e della pace nella regione». L’accusa è precisa, ribadita sul Monte Herzl di Gerusalemme, al cimitero dove sono sepolte le vittime del terrorismo, mentre il vento addolcisce l’insopportabile calura, dove Di Maio afferma di aver cambiato il programma all’ultimo, nella speranza che fosse ancora possibile andare a Gaza. «Invece ci è negata l’autorizzazione. E ne siamo dispiaciuti perché volevamo vedere il lavoro una ong pagata con i soldi dei cittadini italiani». Dall’ambasciata di Israele a Roma fanno subito sapere che l’ingresso a Gaza «richiede permessi specifici soggetti a considerazioni di sicurezza». Di Maio punta sulla sua carica istituzionale ma non dice quando esattamente gli era stato comunicato che non sarebbero stati rilasciati i permessi, girando la domanda al consolato. Secondo fonti diplomatiche israeliane, però, sarebbe andata in maniera diversa. Sette mesi fa Israele tramite l’ambasciata in Italia fa partire un invito per il M5S. Il Movimento accetta e fa sapere che a guidare la delegazione sarebbe stato Di Maio, in cerca di una legittimazione internazionale attraverso un tour che avrà negli Stati Uniti la sua tappa principale.
Di Maio agli occhi degli israeliani rappresenta l’ala più aperta e moderata, lontana dalle posizioni definite «estreme» di Alessandro Di Battista, e soprattutto di Manlio Di Stefano, considerato «anti-israeliano, più che filopalestinese». Sarà lui a gestire i preparativi del viaggio, anche se subito arrivano le rassicurazioni di Di Maio sulla volontà di conoscere il punto di vista di Israele nel conflitto mediorientale. Più o meno dieci giorni fa, però, arriva la richiesta su Gaza, che verrà respinta. Di Stefano dà un’altra versione: «Ci avevano detto che in genere non rilasciano i permessi. Ma la conferma è arrivata quando eravamo già qui e ci ha chiamato il consolato». L’ultima italiana a ottenere l’autorizzazione era stata Laura Boldrini, presidente della Camera. Non c’erano riusciti invece, qualche mese fa, i parlamentari di Podemos. Via via che passano i giorni la prudenza di Di Maio viene messa da parte. Condanna Hamas (apprezzato da Israele) ma chiede il riconoscimento della Palestina. Poi, piomba il comunicato su Gaza. Un gesto che gli israeliani, confermano le fonti diplomatiche, vivono come una «provocazione», e come uno «sgarbo», in particolare per quel passaggio sulla pace a rischio. Dall’ambasciata di Israele in Italia Un’affermazione che Di Stefano difende: «Gaza è parte della Palestina. E’ inammissibile che una delegazione di parlamentari italiani, guidata dal vice presidente della Camera, non abbia il permesso di visitare Gaza. Visto che è Israele a gestire l’accesso – chiede - perché non permetterlo se non ha niente da nascondere?»