Il Sole Domenica 10.7.16
Jeremy Bentham e il Panopticon della felicità
di Armando Massarenti
Liberilibri
di Macerata pubblica (in perfetto stile Aldo Canovari, l’editore più
libertario d’Italia) un aureo libretto dello storico dell’arte tedesco
Christian Welzbacher dedicato a Jeremy Bentham, Il folle radicale del
capitale, e i suoi due progetti più estremi e significativi: il
Panopticon e l’Auto-Icona. Welzbacher mostra la stretta relazione
intercorrente tra le due idee, che a prima vista appaiono assai lontane.
Che cosa potrà mai avere a che fare il Panopticon, cioè il progetto di
un carcere modello, capace di migliorare le condizioni infernali che
caratterizzavano il sistema penitenziario, con il piano, coltivato fin
dal 1769, all’età di 29 anni, di lasciare in ”eredità” il proprio
cadavere alla scienza, culminato nel saggio Auto-Icona o dei possibili
usi dei morti per il bene dei vivi? Si tratta, in entrambi i casi, di
mettere in atto i principi della dottrina morale fondata da Bentham,
l’utilitarismo, quella che avrebbe dovuto consacrarlo come il «Newton
delle scienze morali», sulla scorta della sua opera principale,
Introduzione ai principi della morale e della legislazione, un caposaldo
della dottrina giuridica che sta alla base del liberalismo e del
capitalismo moderni. Ed è nell’Introduzione che Bentham parla di una
scienza oggettiva della felicità che nel progetto architettonico
dell’Inspection house può trovare una concreta attuazione. Dal centro
del complesso carcerario ipotizzato da Bentham, volto al miglioramento
radicale delle condizioni dei detenuti, l’ispettore, non visto, avrebbe
potuto osservare direttamente l’effetto che le norme educative pensate
dal riformatore avrebbero avuto sui detenuti. All’interno di ogni
singola cella si misurava il ”calcolo felicifico” ipotizzato da Bentham
che andava poi riportato in tabella: il valore di felicità prodotto
serviva a valutare il progresso dell’internato verso la riabilitazione.
Il momento opportuno per il rilascio veniva in questo modo stabilito su
una base oggettiva e razionale, e non sui criteri soggettivi e fallaci
della direzione. In questo modo ogni detenuto diventava «fabbro della
propria felicità». Siamo dunque all’opposto dall’idea che avrebbe
ispirato utopie negative come 1984 di Orwell o le riflessioni del Michel
Foucault di Sorvegliare e punire: non una struttura repressiva ma il
cuore di una riforma carceraria volta alla riabilitazione del detenuto.
Bentham auspicava peraltro la liberalizzazione dei centri di pena,
un’idea ancora oggi dibattuta. Economia e morale, grazie alla
sostenibilità economica del progetto, potevano andare così di pari
passo. E ciò valeva anche per l’Auto-Icona. Il corpo di Bentham, morto a
84 anni, il 16 luglio 1832, secondo le disposizioni del filosofo,
divenne oggetto di una lezione pubblica di anatomia in una
singolarissima cerimonia funebre, basata sul principio per cui i morti
devono contribuire alla felicità dei vivi. Il cadavere sezionato fu poi
ricomposto nell’Auto-Icona di Bentham che ancora oggi si trova esposta
allo University College di Londra. L’intero rito era volto alla
costruzione di una “religione profana” incentrata sull’altruismo e
sull’utilità i cui ragionamenti si basavano su una desacralizzazione del
corpo del defunto volta a metterlo a disposizione del prossimo. Oggi
l’idea centrale di Bentham, di fondare la morale sul concreto aumento
della felicità umana, è stata presa sul serio e portata avanti, su basi
psicologiche assai più elaborate ed efficaci di allora, dallo psicologo e
premio Nobel per l’Economia Daniel Kahneman. Il sogno riformatore di
Bentham, capace di unire felicità e libertà dell’uomo, ha ancora molto
da dire.