Il Sole 9.7.16
Le infiltrazioni mafiose. Faro sui controlli preventivi a Milano
Expo, spunta il «giallo» dei certificati antimafia
di Sara Monaci
MILANO
Nell’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in alcuni subappalti per gli
allestimenti e lo smontaggio di Expo - che martedì ha portato
all’arresto di 11 persone con l’accusa di riciclaggio, reati tributari e
appropriazione indebita - rimane da chiarire il perché il consorzio
Dominus riuscì a superare i controlli antimafia delle istituzioni locali
e della prefettura, oltre che della Dia e dell’Anac. Un centinaio di
aziende sono state infatti interdette durante l’Expo (e talvolta il
braccio di ferro si è spostato al Tar o al Consiglio di Stato, che hanno
riammesso nei cantieri società che invece la prefettura espelleva). Ma
per la Dominus, i cui referenti Giuseppe Nastasi e Liborio Pace sono
finiti in custodia cautelare in carcere, le cose sono andate
diversamente. E qualche errore nella catena dei controlli preventivi
probabilmente è stato fatto. ?
La prefettura di Milano, che nel
corso del 2014-2015 ha rilasciato i certificati antimafia per le aziende
impegnate nel sito espositivo di Expo e nelle opere connesse,
sottolinea di non aver mai esaminato la società Dominus. Ha però dato il
certificato a due aziende ad essa consorziate, la Map e la Job Service.
All’epoca, fanno sapere dalla prefettura, non c’erano motivi per avere
dei sospetti. Quindi furono legittimate a lavorare per Expo.
Del
consorzio Dominus invece nessuna traccia, per il semplice motivo che non
fu inserita nella lista di imprese che la prefettura doveva analizzare.
In queste ore ci si sta interrogando nelle istituzioni se questo elenco
doveva essere predisposto dalla Nolostand o dall’azionista di
riferimento, Fiera Milano, che rappresentava per l’Expo il referente per
alcuni affidamenti diretti. Fiera Milano inviò alla prefettura un
elenco di 216 fornitori.
Ricostruzione simile arriva anche dalla
Direzione investigativa antimafia di Milano, che può chiedere
approfondimenti su alcune aziende e dare pareri alla prefettura. Da
questi uffici non sarebbe mai partito alcun nulla osta nei confronti
della Dominus. E questo perché, come è stato riferito da fonti
giudiziarie, la società non figurava nella piattaforma informatica delle
imprese (la Si.Prex) operanti per l’evento universale.
Possibile
dunque che Fiera Milano abbia prima scritto la Dominus in un elenco ma
poi non l’abbia correttamente inserita nella piattaforma informatica?
Alcuni
controlli antimafia sarebbero stati intanto eseguiti dalla Dia anche
sulla Nolostand, la controllata della Fiera, ma le infiltrazioni mafiose
sono state escluse. Sembra comunque che alcune informazioni su Nastasi e
possibili sospetti di infiltrazioni mafiose vennero comunicate il 30
luglio 2015 dalla Gicex, il gruppo interforze creato per l’Expo.
Altra
questione. La Dominus ha realizzato alcuni allestimenti in subappalto
per il Padiglione Francia. I francesi firmarono un protocollo di
legalità con la cooperativa italiana Cmc che ha realizzato la struttura,
ma l’ambasciata francese sottolinea che il documento non vale per i
subappalti e che quindi probabilmente la responsabilità del controllo
spettava alla Cmc prima e alla Nolostand dopo.
Intanto ieri sono
iniziati gli interrogatori di garanzia in carcere. L’avvocato di
Nastasi, Leonardo Tammaro, «ha respinto fermamente qualsivoglia
collegamento con cosche mafiose, perché ha insistito sul fatto che lui,
con i suoi pregi e i suoi difetti, nel bene e nel male, è un
imprenditore e non vuole essere collegato con contesti di criminalità
organizzata».
Nastasi è accusato di avere messo in piedi un
sistema di società cartiere che ruotava attorno al consorzio Dominus.
Con le fatture false per creare fondi neri avrebbe poi finanziato la
cosca mafiosa di Pietraperzia. «Per quanto riguarda le sue attività - ha
aggiunto il difensore - Nastasi si riserva di chiarire che tutti gli
appalti con il gruppo Fiera sono stati ottenuti legittimamente».
Ieri,
davanti al gip Cristina Mannocci, è stato sentito anche l’avvocato ed
ex presidente della Camera penale di Caltanisetta Danilo Tipo, accusato
di riciclaggio con l’aggravante di aver favorito la mafia perché avrebbe
trasportato 300mila euro in contanti in macchina verso la Sicilia.
Anche Tipo, difeso dal legale Giuseppe Vaciago, così come Pace e
Nastasi, davanti al giudice ha sostenuto che «con la mafia non c’entro
nulla».