Il Sole 9.7.16
Elezioni politiche. La posta in gioco domani è il cambiamento della Costituzione
A Tokyo un voto che può archiviare il pacifismo
di Stefano Carrer
Si
profila il minimo storico di votanti, sotto il 50%, nelle elezioni di
domani in Giappone per il rinnovo di metà della Camera Alta, che alcuni
definiscono le più importanti da decenni: la campagna elettorale è stata
piuttosto apatica e la maggioranza dei giapponesi non sembra rendersi
conto che la posta in gioco è nientemeno che il cambiamento della
Costituzione ed in particolare della sua clausola ultrapacifista
(articolo 9).
Il terzo appuntamento elettorale degli ultimi
quattro anni, secondo gli ultimi sondaggi, potrebbe dare al premier
Shinzo Abe il destro per passare alla storia come il promotore della
revisione costituzionale: la coalizione di governo, più un paio di
partitini favorevoli, potrebbe conquistare 78 dei 121 seggi in palio,
conquistando quindi i due terzi dei seggi della Camera Alta necessari
per la riforma (da sottoporre poi a referendum).
A parte
l’astensionismo, il miglior alleato di Abe appare una certa mirata
disinformazione: il suo team ha messo la sordina al controverso tema
costituzionale e il vicepresidente del partito Masahiko Komura è
arrivato a dichiarare in un programma tv che ci sono zero possibilità di
una revisione dell’articolo 9. Cosa non credibile. Altro esempio:
mentre tutte le aziende hanno già dichiarato i risultati dell’anno
fiscale a tutto marzo, il fondo pensione pubblico (Gpif) ha rinviato la
comunicazione a dopo le elezioni, per non ufficializzare di aver perso
qualcosa come 50 miliardi di dollari in un solo anno dopo il cambiamento
dell’asset allocation (voluta dal governo) verso una forte esposizione
ad asset di rischio (100 miliardi di dollari la perdita stimata negli
ultimi 15 mesi): ce ne sarebbe abbastanza per allarmare un popolo di
pensionati (26,7% oltre i 65 anni) e mettere in discussione i risultati
dell’Abenomics.
Come aveva fatto nelle elezioni del 2013 e 2014,
Abe parla soprattutto di economia per poi perseguire una chiara agenda
politica (prima la legge sui segreti di Stato, poi leggi sulla Difesa
collettiva nel 2014). Il gioco può riuscirgli una terza volta. Si
focalizza sul chiedere più tempo per l’Abenomics e invoca i vantaggi
della stabilità politica: congiuntura debole e venti di ritorno della
deflazione sarebbero colpa di fattori esterni come il rallentamento
cinese e, da ultimo, la Brexit che ha rafforzato lo yen. Si presenta
come l’uomo che ha rinviato per la seconda volta l’aumento dell’Iva
(previsto da un accordo bipartisan del 2011, con cui il Partito
Democratico si suicidò politicamente) e capitalizza sulla recente
leadership del G-7 e sulla prima visita di un presidente Usa a
Hiroshima. Promette nuovi stimoli fiscali con una maggiore attenzione al
welfare e vanta l’irrigidimento del mercato del lavoro (in cui però
crescono solo i contratti temporanei). Così mantiene il vento in poppa a
dispetto di una diffusa percezione della scarsa efficacia delle
politiche economiche da lui promosse.
Ad ogni buon conto, il
manifesto elettorale del suo partito non cita più la Banca del Giappone,
diventata impopolare dopo l’introduzione di tassi negativi nel sistema e
la cui credibilità si è appannata tra continue revisioni al ribasso
delle sue stime su economia e raggiungimento del target di inflazione.
I
principali partiti di opposizione restano deboli e dispersi: sono
riusciti però a concordare candidati unici nei soli collegi uninominali.
Non farà differenza la concessione del voto ai diciottenni, 40 anni
dopo l’Italia: di 2,4 milioni di individui tra 18 e 20 anni, dovrebbero
votare in meno di un milione.
L’Ldp di Abe sembra quindi vicino a
conquistare da solo la maggioranza assoluta dei seggi della Camera Alta.
L’eventuale avvio della revisione costituzionale è destinato a
suscitare tensioni politiche all’interno e all’estero, specie presso
Cina e Corea. Sembrerebbe più che normale che, dopo 70 anni, un Paese
cambi una carta fondamentale nata sotto occupazione militare straniera.
L’art.9 (che proibisce la stessa esistenza di forze armate) è del resto
gia’ stato svuotato: oggi,ad esempio, Tokyo ha una Marina più grande di
quella britannica. «Ma molti vedono nell’articolo 9 un potere residuale
simbolico importantissimo, in quanto manifesta i sentimenti pacifisti
come norma collettiva», afferma Jeff Kingston, direttore degli Asian
Studies alla Temple University: sarebbe dunque un saldo presidio al
possibile ritorno dell’autoritarismo o di avventure belliche. E la bozza
di revisione rivelata dall’Ldp, secondo molti osservatori, tende a
esaltare il ruolo dello Stato, enfatizzando più i doveri che i diritti
dei cittadini.