Il Sole 6.7.13
Riforme. Guerini: disposti al dialogo
Il percorso a ostacoli dell’Italicum e le «aperture» del Pd
di Emilia Patta
Roma
«La direzione ha confermato il lavoro del Pd per la crescita del Paese,
per il cambiamento in Europa e per rispondere alle esigenze degli
italiani. Dopodiché sulla legge elettorale siamo sempre stati
disponibili al confronto, anche se abbiamo dato al Paese una legge che
consente ai cittadini di sapere il giorno stesso delle elezioni di
sapere chi vince e chi perde. Se ci sarà richiesta di confrontarci, non
ci siamo mai sottratti al confronto». Apertura? Spiraglio? In realtà le
parole del vice del Pd Lorenzo Guerini non aggiungono nulla a quanto già
detto da lui e dallo stesso Renzi: l’Italicum non è intangibile, se ci
fosse una maggioranza ampia in Parlamento per modifiche che non ne
snaturino lo spirito maggioritario (ossia avere una maggioranza di
governo certa) il Pd sarebbe pronto a discuterne. Ma certo questo
ribadire il punto un valore politico ce lo ha. Renzi non pensa a un
“patto” tardivo con la minoranza del suo partito, dal momento che è
convinto che qualsiasi modifica per i suoi avversari interni non
basterebbe. L’occhio di Palazzo Chigi e di Largo del Nazareno è
piuttosto rivolto, con una certa preoccupazione, a quanto accade nel
fronte centrista della maggioranza di governo. Con un Ncd in forte
fibrillazione interna, diviso tra chi vorrebbe allearsi con Forza Italia
e chi vorrebbe mantenere l’asse con il Pd ma unito nel timore di
scomparire sotto la soglia del 3% prevista dell’Italicum. Da qui la
richiesta, sostenuta peraltro anche da Forza Italia, di reintrodurre il
premio di coalizione. Una difficoltà, quella del Ncd, acuita ora
dall’inchiesta che vede coinvolto il parlamentare Antonio Marotta e
citato nelle intercettazioni lo stesso Angelino Alfano (si veda pagina
10). Per questo ieri i messaggi “rassicuranti” da parte del Pd si sono
rafforzati: da una parte le parole di Guerini sull’Italicum, dall’altra
quelle del Guardasigilli Andrea Orlando sulla vicina «intesa in
maggioranza» sulla prescrizione.
In realtà Renzi non crede affatto
che la soluzione per battere il Movimento 5 stelle alle elezioni
politiche sia la reintroduzione delle rissose coalizioni di una volta. E
d’altra parte il percorso dell’Italicum è già di per sè un percorso ad
ostacoli: il 4 ottobre la Corte costituzionale si esprimerà sui ricorsi
presentati da diversi Tribunali italiani (proprio ieri si è aggiunto il
ricorso del Tribunale di Torino su iniziativa del M5S). E anche
nell’ipotesi in cui i ricorsi dovessero essere rigettati perché
presentati prima dell’entrata in vigore dell’Italicum, se la riforma
costituzionale dovesse essere approvata dai cittadini col referendum di
ottobre la Corte dovrà comunque dare un giudizio preventivo, così come
prevede il nuovo testo della Costituzione. E se al contrario dovessero
vincere i No, beh allora altro che modifiche all’Italicum. Che a quel
punto sarebbe in vigore solo per la Camera mentre per il sopravvissuto
Senato resterebbe il proporzionale Consultellum.
Insomma, prima
del referendum sulle riforme non si tocca palla. E la vittoria del Sì
resta comprensibilmente la priorità per il premier e segretario del Pd.
Il primo obiettivo è arginare l’astensionismo, dal momento che tutte le
rilevazioni dicono che più alta sarà l’affluenza più probabile sarà la
vittoria del Sì. «Di fronte al bivio, siamo tutti protagonisti», suona
la carica la ministra per le Riforme Maria Elena Boschi pur nella
consapevolezza che dalla minoranza del Pd non arriverà un grande aiuto
(«Renzi ci ha detto “o con me o contro di me” e per tutto il resto
“ciaone”, con un discorso così non posso stare tranquillo», dice Pier
Luigi Bersani). Aiuto che però arriva dal presidente emerito Giorgio
Napolitano, citato da Renzi durante la direzione di lunedì. «Con questa
riforma della seconda parte della Costituzione io mi sono rotto la testa
in questi nove anni da presidente della Repubblica - sono le parole di
Napolitano -. Ora auspico con tutte le mie forze che la grande
maggioranza dei cittadini chiamati al referendum non faccia ancora una
volta finire nel nulla gli sforzi fatti in due anni di grande fatica in
Parlamento».