mercoledì 6 luglio 2016

Il Sole 6.7.13
Riforme. Guerini: disposti al dialogo
Il percorso a ostacoli dell’Italicum e le «aperture» del Pd
di Emilia Patta

Roma «La direzione ha confermato il lavoro del Pd per la crescita del Paese, per il cambiamento in Europa e per rispondere alle esigenze degli italiani. Dopodiché sulla legge elettorale siamo sempre stati disponibili al confronto, anche se abbiamo dato al Paese una legge che consente ai cittadini di sapere il giorno stesso delle elezioni di sapere chi vince e chi perde. Se ci sarà richiesta di confrontarci, non ci siamo mai sottratti al confronto». Apertura? Spiraglio? In realtà le parole del vice del Pd Lorenzo Guerini non aggiungono nulla a quanto già detto da lui e dallo stesso Renzi: l’Italicum non è intangibile, se ci fosse una maggioranza ampia in Parlamento per modifiche che non ne snaturino lo spirito maggioritario (ossia avere una maggioranza di governo certa) il Pd sarebbe pronto a discuterne. Ma certo questo ribadire il punto un valore politico ce lo ha. Renzi non pensa a un “patto” tardivo con la minoranza del suo partito, dal momento che è convinto che qualsiasi modifica per i suoi avversari interni non basterebbe. L’occhio di Palazzo Chigi e di Largo del Nazareno è piuttosto rivolto, con una certa preoccupazione, a quanto accade nel fronte centrista della maggioranza di governo. Con un Ncd in forte fibrillazione interna, diviso tra chi vorrebbe allearsi con Forza Italia e chi vorrebbe mantenere l’asse con il Pd ma unito nel timore di scomparire sotto la soglia del 3% prevista dell’Italicum. Da qui la richiesta, sostenuta peraltro anche da Forza Italia, di reintrodurre il premio di coalizione. Una difficoltà, quella del Ncd, acuita ora dall’inchiesta che vede coinvolto il parlamentare Antonio Marotta e citato nelle intercettazioni lo stesso Angelino Alfano (si veda pagina 10). Per questo ieri i messaggi “rassicuranti” da parte del Pd si sono rafforzati: da una parte le parole di Guerini sull’Italicum, dall’altra quelle del Guardasigilli Andrea Orlando sulla vicina «intesa in maggioranza» sulla prescrizione.
In realtà Renzi non crede affatto che la soluzione per battere il Movimento 5 stelle alle elezioni politiche sia la reintroduzione delle rissose coalizioni di una volta. E d’altra parte il percorso dell’Italicum è già di per sè un percorso ad ostacoli: il 4 ottobre la Corte costituzionale si esprimerà sui ricorsi presentati da diversi Tribunali italiani (proprio ieri si è aggiunto il ricorso del Tribunale di Torino su iniziativa del M5S). E anche nell’ipotesi in cui i ricorsi dovessero essere rigettati perché presentati prima dell’entrata in vigore dell’Italicum, se la riforma costituzionale dovesse essere approvata dai cittadini col referendum di ottobre la Corte dovrà comunque dare un giudizio preventivo, così come prevede il nuovo testo della Costituzione. E se al contrario dovessero vincere i No, beh allora altro che modifiche all’Italicum. Che a quel punto sarebbe in vigore solo per la Camera mentre per il sopravvissuto Senato resterebbe il proporzionale Consultellum.
Insomma, prima del referendum sulle riforme non si tocca palla. E la vittoria del Sì resta comprensibilmente la priorità per il premier e segretario del Pd. Il primo obiettivo è arginare l’astensionismo, dal momento che tutte le rilevazioni dicono che più alta sarà l’affluenza più probabile sarà la vittoria del Sì. «Di fronte al bivio, siamo tutti protagonisti», suona la carica la ministra per le Riforme Maria Elena Boschi pur nella consapevolezza che dalla minoranza del Pd non arriverà un grande aiuto («Renzi ci ha detto “o con me o contro di me” e per tutto il resto “ciaone”, con un discorso così non posso stare tranquillo», dice Pier Luigi Bersani). Aiuto che però arriva dal presidente emerito Giorgio Napolitano, citato da Renzi durante la direzione di lunedì. «Con questa riforma della seconda parte della Costituzione io mi sono rotto la testa in questi nove anni da presidente della Repubblica - sono le parole di Napolitano -. Ora auspico con tutte le mie forze che la grande maggioranza dei cittadini chiamati al referendum non faccia ancora una volta finire nel nulla gli sforzi fatti in due anni di grande fatica in Parlamento».