Il Sole 15.7.16
La paura non deve sopraffare l’intelligenza
di Alberto Negri
La
paura non deve sopraffare l'intelligenza, la razionalità, diceva
l'ambasciatrice francese Catherine Colonna poche ore prima
dell'attentato di Nizza. Nel cortile di palazzo Farnese storica sede
dell'ambasciata francese, la banda dei carabinieri suonava l'Inno di
Mameli e la Marsigliese per la festa della Bastiglia. Fuori i controlli
di sicurezza francesi con la polizia e i militari italiani schierati a
protezione dell'ingresso.
Che la Francia sia nel mirino è un'ossessione quotidiana, fuori e dentro il Paese.
Chi
sono gli attentatori di Nizza? Lupi solitari, esponenti di un
terrorismo che si è radicalizzato in solitario sul web, oppure membri
addestrati di cellule jihadiste legate all'Isis come quelli che hanno
già colpito a Parigi con la strage del Bataclan? E' questa la polemica
scoppiata da qualche tempo tra due eminenti studiosi ed esperti
francesi, Gilles Kepel e Olivier Roy: il primo sostiene che siamo di
fronte a una deriva generale dell'islamismo estremista, il secondo
afferma che la religione non è determinante ma che conta assai di più la
diffusione di una radicalizzazione individuale e sociale della
violenza.
Come si vede anche gli esperti
sono disarmanti e forse disarmati nelle chiavi di interpretazione di
questi tragici eventi. Una riposta affidabile davanti a questa strage
spaventosa di Nizza non è ancora possibile ma la Francia non è
l'America: il terrorismo di matrice islamista su questo territorio è
radicato da anni, centinaia di cittadini francesi si sono arruolati
nell'Isis per combattere contro il regime di Bashar Assad e proprio il
ritorno dei jihadisti dalla Siria è uno dei fenomeni più temuti dai
servizi di sicurezza di Parigi. La Francia è il Paese che produce più
jihadisti in Europa. Un rapporto parlamentare afferma che nel 2015 erano
già più di 1.500 i giovani legati al network islamista radicale.
Ricordiamoci
che dopo le stragi di Parigi dell'anno scorso la Francia reagì con i
bombardamenti su Raqqa, capitale del Califfato. Ma la stessa Francia non
aveva visto con dispiacere l'arrivo dei jihadisti in Siria dalla
Turchia per abbattere il regime di Assad e poi, dopo gli attentati in
casa, non ha esitato a contattare Damasco per esercitare la sua
rappresaglia.
Quello che vivono i francesi e
gli occidentali è anche il risultato di politiche assai contradditorie
nei confronti del mondo musulmano, le stesse che hanno condotto prima
all'intervento di Putin in Siria a fianco di Assad e ora alla trattativa
tra Mosca e Washington per coordinare gli sforzi per combattere il
Califfato. Le potenze occidentali cinque anni fa puntavano su una rapida
caduta del regime di Damasco ora si rendono di conto insieme ai loro
alleati mediorientali come la Turchia e l'Arabia Saudita di avere
commesso un clamoroso errore di calcolo che ha aperto le porte al
terrorismo in Europa, alle migrazioni incontrollate e alla
destabilizzazione.
La Francia vive un
allerta continuo, dentro e fuori le frontiere dell'Esagono. Pochi giorni
fa è stato chiuso il consolato francese di Istanbul, proprio di fronte a
quello italiano, dove l'Isis ha appena colpito con un commando
l'aereoporto internazionale Kemal Ataturk. La Francia ogni giorno di più
percepisce una minaccia alla sua sicurezza.
A
cento anni di Sykes-Picot, l'accordo franco-britannico che spartì il
Medio Oriente, a quasi 60 anni dalle avventure coloniali terminate nel
sangue con la guerra d'Algeria, la Francia in realtà non è mai uscita
dal Medio Oriente e dal Nordafrica come dimostrano anche le sue
iniziative politiche e militari di cui quella più clamorosa, e che ci
riguarda da vicino, è stata nel 2011 il bombardamento del raìs libico
Muhammar Gheddafi.
Forse non stupisce
neppure che sia stata colpita la Promenade des Anglais mentre
esplodevano i fuochi di artificio del 14 luglio. I servizi francesi per
la sicurezza interna, DGSI, si erano appena detti convinti che lo Stato
Islamico sarebbe passato “alla fase delle autobomba” anche in Francia,
come a Baghdad o Damasco. Ma qui, come sappiamo bene, nessuno è al
sicuro: l'attentato di Dacca con i suoi morti italiani ha chiaramente
indicato che il terrorismo può colpire ovunque e chiunque, americani,
francesi, europei e musulmani, che vivono questa tragedia del terrore
sulla loro pelle da qualche decennio. E' fondamentale, come dice
l'ambasciatrice francese, che l'intelligenza non sia sopraffatta dalla
paura.