giovedì 14 luglio 2016

Il Sole 14.7.16
Laboratorio Italicum, spunta il Mattarellum con premio
Legge elettorale. In attesa dell’esito del referendum, Renzi non chiude ai centristi ma resta contrario al ritorno del premio alla coalizione
di Emilia Patta

Richieste e “sondaggi” di singoli parlamentari centristi verso i capigruppo del Pd, Luigi Zanda in Senato ed Ettore Rosato alla Camera. Che per il ruolo istituzionale che ricoprono incontrano tutti e parlano con tutti. Ma un «tavolo» per cambiare la legge elettorale appena entrata in vigore non c’è, né ci sarà prima della celebrazione del referendum sulle riforme previsto a novembre. Anche perché un cambiamento dell’Italicum, peraltro mai sperimentato, a pochi mesi dalle elezioni (che si tengano nel 2017 o nel 2018 si è comunque in fine legislatura) potrebbe avere successo se ci fosse un accordo che andasse oltre la maggioranza di governo. E il capogruppo Fi al Senato, Paolo Romani, ieri è stato molto chiaro: «Noi delle eventuali modifiche dell’Italicum parleremo solo dopo l’esito del quesito referendario. Anche perché se dovesse vincere il No, come noi ci auguriamo, si dovrebbe parlare di legge elettorale anche per il Senato», sono le parole di Romani al termine di una riunione dei senatori azzurri che ha confermato il No del partito di Berlusconi al referendum.
Intervenire ora sull’Italicum sarebbe in effetti un azzardo, viste le tante variabili in gioco: c’è da attendere la decisione della Consulta il 4 ottobre sui ricorsi presentati da vari Tribunali contro la legge elettorale, e soprattutto c’è da attendere l’esito del referendum. Perché l’Italicum è legato a doppio filo alla riforma costituzionale, nel senso che la legge è stata pensata per un sistema monocamerale, senza più il Senato elettivo. Se dovesse vincere il No, come fa notare Romani, avremmo un sistema che non garantirebbe una maggioranza di governo: il maggioritario Italicum per la Camera e il proporzionale Consultellum per il Senato. Questo lo sa bene, naturalmente, anche Angelino Alfano, che nei mesi scorsi ha già avuto dal premier e segretario del Pd delle vaghe rassicurazioni sulla possibilità di “aggiustare” l’Italicum una volta celebrato il referendum. Per questo i vertici del Pd, a Largo del Nazareno e in Parlamento, mandano segnali di apertura: da Zanda e Rosato fino ai vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. «Se si creeranno maggioranze in parlamento tali da rendere possibili modifiche lo vedremo, ma non va snaturata una legge elettorale che garantisce la governabilità», dice Serracchiani. Ecco, il punto è proprio questo, riflette Zanda nel suo ufficio del Senato dopo aver tirato un sospiro di sollievo per il buon esito del voto sugli Enti locali. «Noi abbiamo due punti da tenere fermi in questa discussione, che certo si può fare, sulle possibili modifiche all’Italicum - dice il presidente dei senatori dem -. Ossia avere comunque una legge che garantisca la governabilità, e avere i numeri in Parlamento per approvare le eventuali modifiche». E con un panorama politico così sfilacciato a Palazzo Madama, dove dall’inizio della legislatura molti senatori hanno cambiato gruppo, i numeri al momento non si vedono.
C’è poi uno scoglio più politico rispetto alle richieste dei centristi, che sono concentrate tutte sulla reintroduzione del premio di maggioranza alla coalizione invece che alla lista come prevede l’Italicum voluto da Renzi: la rinascita della possibilità di coalizzarsi permetterebbe alle truppe di Alleanza popolare di dividersi tra chi vuole tornare nell’area di Forza Italia senza essere risucchiato dentro una lista unica (la minoranza, a Palazzo Madama tra i 4 e gli 8 senatori) e chi invece vuole continuare l’esperienza di governo alleandosi con il Pd alle prossime elezioni politiche(la maggioranza, con Alfano). Il punto è che Renzi non ha nessuna intenzione, almeno al momento, di tornare alle vecchie coalizioni e ai veti dei piccoli partiti. Con il rischio, per di più, di rendere stabili le “larghe intese” dal momento che i rapporti politici con la sinistra extra-Pd (vendoliani ed ex dem come Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre) sono ai minimi storici. Insomma, la coalizione che Renzi si ritroverebbe sarebbe un’alleanza con Alfano, magari con l’aggiunta verdiniani: un assetto fatto apposta per far scappare gli elettori democratici più di sinistra. Piuttosto all’interno della maggioranza Pd, sempre che vinca il Sì al referendum, si sta seriamente pensando ad altre alternative: come ad esempio il ritorno ai collegi uninominali del Mattarellum con l’aggiunta di un piccolo premio di maggioranza per garantire la governabilità. Ma prima bisogna vincere il referendum, e intanto occorre mantenere le porte aperte alle richieste dei centristi.