domenica 10 luglio 2016

Il Sole 10.7.16
Le mosse anti-Brexit di Pechino
Il clima di incertezza spinge la Cina a puntare su commercio e acquisizioni
di Rita Fatigoso

Dal G20 del commercio di scena a Shanghai al Summit e al Business Forum Europa-Cina in calendario a partire da martedì prossimo nella capitale cinese, la roadmap dei negoziati tra Unione europea e Cina è sconvolta dalla Brexit. Una sorta di fantasma aleggia, infatti, negli incontri programmati, presenza innominabile, ma in grado di travolgere i già fragili equilibri raggiunti a gran fatica da un’Europa che negli ultimi due anni ha tessuto da qui, da Pechino, la tela del nuovo trattato sugli investimenti reciproci. Che fine farà? Si riparte dalla prima casella come nel Gioco dell’oca?
Il premier britannico dimissionario David Cameron dal canto suo si affretta a dire che bisogna rivedere tutti gli accordi del commercio internazionale in cui è coinvolta il Regno Unito. Gao Hucheng, ministro del Commercio cinese, ha buon gioco nel ribadire che la situazione economica mondiale non è rosea e che le principali economie devono dare l’esempio nella lotta alla crescita lenta e al commercio debole.
Nel mese di aprile, il Fondo monetario internazionale ha tagliato le previsioni di crescita globale 2016 per la quarta volta in un anno, al 3,2% dal 3,4%, nel bel mezzo all’indebolimento della domanda globale e dei rischi geopolitici.
Ma la situazione è schizofrenica, nelle relazioni tra Europa e Cina. Nel bel mezzo della frenata la Cina continua a macinare acquisti su acquisti a livello europeo, l’ultimo in arrivo è il gioiello Kuka, la fabbrica bavarese di robot rivendicata a suon di miliardi di dollari dalla cinese Midea.
Il 2016 sarà probabilmente un altro anno record per gli investimenti cinesi in Europa (e Nord America), dice il rapporto Baker & MacKenzie aggiornato a fine 2015: il rallentamento economico in Cina, l’incertezza sul tasso di cambio del renminbi e altri fattori concomitanti hanno ulteriormente incrementato l’attività cinese a partire dalla seconda metà del 2015.
Il primo trimestre del 2016 è stato il periodo più intenso, da record, per gli investimenti di Pechino, con acquisizioni annunciate pari a oltre 60 miliardi di dollari in Europa e a 30 miliardi in Nord America.
La Cina è entrata in una nuova fase di sviluppo economico che accelererà l’integrazione finanziaria, la Cina gioca un ruolo sempre maggiore nei flussi di capitale globali.
Principali destinazioni per gli investitori cinesi, con l’Europa in testa, prima del 2008, entrambe le due aree considerate hanno calamitato, in media, meno di 1 miliardo di dollari di fonte cinese all’anno. Nel 2015, il valore combinato delle acquisizioni cinesi e dei progetti greenfield in Europa e Nord America è stato di 40 miliardi di dollari. Con 23 miliardi di dollari, tuttavia, l’Europa ha superato i 17 miliardi di dollari di investimenti in Nord America nel 2015.
Mai come in questo momento bisognerebbe stringere i ranghi e regolamentare questo enorme flusso di denaro che attira risorse cinesi verso economie mature alla ricerca di produzioni tecnologiche e avanzate, di rafforzare i marchi e know-how nel settore dei servizi e di diversificare in beni di rifugio sicuro a copertura contro i rischi economici in Cina.
Nel 2015 l’Europa è stata una grande calamita per gli investitori cinesi in cerca di asset produttivi avanzati, grazie all’abbondanza di piccoli e medi produttori.
Il fabbisogno europeo di infrastrutture e di investimenti di trasporto e la ricerca attiva di partecipazione cinese ha fatto il resto, attirando 10,5 miliardi di dollari di investimenti cinesi negli aeroporti, nell’energia, l’approvvigionamento idrico e le altre attività infrastrutturali, quasi tre volte l’importo registrato in Nord America.
Il mix di investitori cinesi è in continua evoluzione, con notevoli differenze tra le due aree: ma le aziende del settore privato ora guidano gli investimenti cinesi in America del Nord, pari al 80% del totale degli investimenti, nel 2015 la quota degli investimenti del settore privato in Europa è aumentata, ma le imprese statali ancora contano per la maggior parte degli investimenti cinesi (oltre il 65% nel 2015) a causa di grandi offerte nel settore industriale, le offerte di privatizzazione e maggiori investimenti da fondi sovrani. Il ruolo degli investitori finanziari, come le compagnie di assicurazioni, i conglomerati finanziari e società di private equity è in crescita in entrambe le regioni. Senza nuove regole del gioco, l’Europa rischia grosso. Altro che Brexit.