«il morale è basso»
il manifesto 3.7.16
Cosa farà la sinistra da piccola?
Roma.
Primo tentativo di capire «perché non ci hanno votato». Alla Casa delle
donne le voci degli sconfitti. Con una certezza: siamo dalla parte
giusta
di Daniela Preziosi
ROMA Giornata di
autocoscienza per la sinistra, quella di ieri alla Casa internazionale
delle donne di Roma, magnifica location dei nobili natali della pratica
femminista. Ma l’afa è sfiancante e il morale è basso. Dalla batosta
quasi generale delle comunali è la prima volta che le tante sfumature di
rosso, viola e tutto l’arcobaleno delle «pratiche» ragionano insieme
sul «perché non ci hanno votato», per farla breve con Luciana
Castellina. Domandone. Ma la vecchia cara analisi del voto deve
spingersi assai più indietro dell’ultima tornata elettorale, quindi la
risposta non arriverà in un giorno.
Arrivano però tanti sguardi,
tanti punti di vista sul fattaccio. Questa parte politica si è
presentata unita quasi ovunque. Ma l’unione era frettolosa e infatti
oggi non ha un punto di vista comune neanche su quello che è successo
nelle grandi città: se a Milano o a Cagliari è stata sconfitta
nonostante la vittoria; o se le sconfitte di Roma e Torino dove ha
stravinto M5S in realtà però dicono «che siamo dalla parte giusta della
faglia», come assicura Stefano Fassina, ex candidato sindaco al
Campidoglio. Cioè dalla parte del voto anti-establishment e anti-Pd.
Proprio per questo sorprende quanto poco si parli di un tema che il
resto del mondo ritiene cruciale e cioè il referendum di ottobre e la
campagna per – detto anche qui in breve – mandare a casa Renzi. Così
dopo aver ceduto i suoi voti ai 5 stelle, ora questa sinistra rischia di
non essere neanche la protagonista della caduta del presidente del
consiglio, che pure auspica.
Vola assai più in alto la relazione
introduttiva di Maria Luisa Boccia, presidente del Centro Riforma dello
Stato, mette a fuoco la sinistra che «non ha una visione» e deve
ricostruire un pensiero critico, per questo non riesce a trovare un
rapporto con i soggetti della rivolta sociale, anzi si perde in
stucchevoli dispute fra «sociale» e «politico» e in anacronistici slogan
sulla priorità dei diritti sociali su quelli civili.
I toni sono amichevoli, è come se la sinistra fosse ormai anche stanca anche di litigare. Ma si misurano distanze ragguardevoli.
Qualche
nodo, a titolo di esempio. Gli organizzatori, i deputati di Sinistra
italiana Giulio Marcon e Giorgio Airaudo (quest’ultimo ex candidato
sindaco a Torino) hanno voluto convocare «uno spazio unitario dove
possano convivere culture e pratiche diverse, da quelle sociali a quelle
di partito, da quelle di movimento alla cittadinanza attiva, che
lavorano per lo stesso obiettivo, capace di connettere sia i nuovi che i
tradizionali insediamenti sociali» contro le politiche neoliberiste. E
invece Castellina obietta che «la parola spazio ricorda quella di una
piscina in cui ciascuno galleggia da solo. Le diversità sono ricchezze
solo se ci si propone di superarle, se ciascuno accetta di mettersi in
discussione». Sullo sfondo, per una parte della platea, c’è il prossimo
congresso di Si, formazione ancora non nata ma già incagliata in un
difficile dibattito interno.
Altro tema, i 5 stelle. C’è chi come
il comunista Paolo Ferrero (è segretario del Prc), racconta senza
complessi di aver votato per loro al secondo turno. Ma anche chi dice
che dei 5 stelle «bisogna combattere l’idea che democrazia sia sempre
quello che decide il popolo, Brexit piuttosto è l’espressione della
crisi della democrazia». E qui invece Fassina replica che la working
class inglese ha votato Brexit; e che«è impossibile difendere un’Unione
europea irriformabile perché fondata sulla svalutazione del lavoro».
Ancora Fassina spiega che nonostante la sconfitta nelle città, «siamo
dalla parte giusta perché abbiamo rotto con 25 anni di centrosinistra
subalterno al liberismo e di una sinistra concentrata sui diritti civili
e distratta da quelli sociali». Affermazione indigesta per i molti che
hanno passato gli scorsi 25 anni a provare a fermare il Pds-Ds-Pd
dall’opera di demolizione dei diritti sociali. E ugualmente
inascoltabile per le molte femministe in sala (Bianca Pomeranzi, Bia
Sarasini, siamo a casa loro del resto) per le quali l’affermazione suona
come un tuffo nel passato perché «i diritti non sono divisibili».
Prende parola anche la sinistra Pd: Walter Tocci riflette sull’origine
della scarsa mobilitazione in Italia. Gianni Cuperlo invita le sinistre a
«riconoscere l’altro come indispensabile». Ma è, anche quest’ultimo, un
discorso delicato. Fassina infatti è «preoccupato dall’eccitazione sul
possibile cambio dell’Italicum, qualcuno» ce l’ha col suo stesso partito
«pensa che sconfitto Renzi e caduto l’Italicum si aprano praterie?». E
Nicola Fratoianni spiega che ritocchi all’Italicum non servono, la
legge va cancellata, serve il proporzionale.
Ci sono le voci
delle associazioni, fra le altre Sbilanciamoci!, Banca Etica, Antigone,
Rete della Conoscenza, Movimenti per l’Acqua, No TTIP, Arci, Rete
Disarmo. La preoccupazione è che questi luoghi di confronto poi non si
richiudano lasciando ciascuna «sinistra» sola con se stessa, ne
servirebbe una intera e grande «di tutte e di tutti, capace di dare pari
dignità a tutte le sue forme ed espressioni». Applaude Ferrero, da
sempre contrario al partito unico «perché non c’è nessuno in grado di
crescere su se stesso, dobbiamo fare un processo in cui uno vale uno».
Già sentita, sì: dai 5 stelle.