il manifesto 9.7.16
Fermo, Emmanuel ucciso da un pugno
Razzismo. I primi risultati del’autopsia sul nigeriano pestato da un ultrà
di Mario Di Vito
FERMO
«Un allegrone». Certo, Amedeo Mancini si divertiva a «tirare le
noccioline ai negri», come ha raccontato alla Stampa suo fratello
Simone, «ma lo faceva per scherzare». E il fatto che il 38enne
imprenditore agricolo che martedì a Fermo ha ammazzato di botte il
nigeriano Emmanuel Chidi Namdi indossasse una maglietta degli
Zetazeroalfa (il cui cantante è Gianluca Iannone, già presidente di
Casapound) è un caso. Spiega il suo avvocato Francesco De Minicis: «Non
sa nemmeno che tipo di musica fa quel gruppo, si tratta di un regalo».
Da
queste parti (e non solo) si fa una fatica bestiale a usare parole come
«fascismo» e «razzismo», anche quando un nigeriano viene ucciso da una
persona vicina agli ambienti dell’estrema destra. La morte di Emmanuel
viene bollata ora come rissa finita malissimo, ora come tragica fatalità
e ora, addirittura, come atto di legittima difesa. Già perché il
cartello stradale usato come clava durante l’aggressione non si sa chi
lo abbia afferrato per primo: forse lo stesso Emmanuel, che stava
reagendo all’insulto rivolto a sua moglie Chimary («Scimmia», le ha
ululato dietro Mancini), forse no. Sicuramente lo scontro tra i due è
stato duro, tanto che anche l’aggressore avrebbe ematomi ed ecchimosi
sulle braccia e sul costato.
I particolari della vicenda
risulteranno più chiari quando usciranno gli esiti dell’autopsia fatta
nel pomeriggio di ieri. La tesi degli investigatori è che la causa della
morte sarebbe da ricercare in un pugno, ma sul corpo di Emmanuel ci
sarebbero anche altri segni della dura colluttazione.
Mancini,
fermato nella giornata di giovedì, ha risposto alle domande degli
inquirenti confermando la versione che aveva già sostenuto: aveva visto
la coppia aggirarsi tra le macchine, pensava che volessero rubarne una e
per questo ha dato della «scimmia» alla donna. A quel punto Emmanuel lo
avrebbe aggredito e lui si sarebbe difeso colpendolo una sola volta e
uccidendolo. L’accusa formulata dalla procura di Fermo è di omicidio
preterintenzionale con l’aggravante di istigazione all’odio razziale.
Fermo,
intanto, prova a scuotersi dal suo tradizionale torpore e dopo i primi
tentennamenti sta cominciando ad assumere una posizione chiara
sull’accaduto. Il sindaco Paolo Calcinaro ha annunciato per martedì
prossimo una giornata di lutto cittadino, nello stesso giorno in piazza
del Popolo è stata convocata una manifestazione da Cgil, Cisl e Uil.
Oggi pomeriggio, invece, ci sarà il corteo organizzato dai centri
sociali. Per il funerale di Emmanuel – la cui data è ancora da fissare –
ci sono due ipotesi: il Duomo o la chiesa di San Marco alle Paludi,
dove lo scorso gennaio il 36enne si era sposato con Chimiary, in una
cerimonia organizzata da don Vinicio Albanesi: una promessa d’amore
visto che l’atto formale era impossibile data l’assenza di documenti. La
donna, comunque, ha espresso il desiderio di riportare il corpo del suo
compagno in Nigeria, un giorno si spera non troppo lontano. Ci sarà da
lottare contro la burocrazia, ma la Fondazione Caritas in Veritate che
la sta accudendo in questi giorni, sicuramente darà una mano per cercare
di realizzare questo suo desiderio.
L’atmosfera, per il resto, è
sospesa tra l’incredulità un po’ farlocca di un posto che vorrebbe
definirsi oasi felice, il cordoglio istituzionale che ci ha messo
qualche giorno per diventare coro unanime e il negazionismo puro. Oltre
alle parole del fratello e alla difesa dell’avvocato, non sono affatto
pochi quelli che pretendono di togliere ogni tipo di riferimento al
fascismo e al razzismo da questa storia. Il grande rimosso contro il
grande rimorso: ammettere che anche nella placida e tutto sommato
benestante provincia marchigiana siano presenti i semi dell’odio viene
vista come una mezza sconfitta da chi vive scansando ogni problema
sociale e negando ogni conflitto.
E allora si minimizza tutto, si
riducono i fatti a mera contingenza, si fa dell’autentico revisionismo,
laddove lo stesso sindaco Calcinaro – avvocato, aveva anche difeso
Mancini ai tempi del Daspo allo stadio – arriva a dire che l’aggressore
in passato «si definiva addirittura comunista, sempre con atteggiamento
prevaricatore». Un ragazzo ormai uomo, in pratica, fomentato da un clima
terrificante che da anni si fa strada a reti unificate e che vede
nell’uomo nero un terrorista, un invasore o, nella migliore delle
ipotesi, qualcuno che toglierà lavoro e succhierà welfare.
Una
specie di «Fermo History X» per citare un film di qualche anno fa con
Edward Norton, perché ogni storia ha il suo finale e ogni fatto è
diverso da tutti gli altri, ma, soprattutto in questo momento, l’odio ha
un indirizzo ben preciso.