venerdì 8 luglio 2016

il manifesto 8.7.16
Il caso Mps mette Renzi in croce
Banche. Titolo ancora in caduta, il falco olandese Dijsselbloem chiede il rispetto delle regole sui possibili aiuti di Stato. Che Renzi comunque rinvia. Anche il cda di Rocca Salimbeni prende tempo, assicurando comunque che rispetterà le richieste della Bce sui crediti deteriorati
di Riccardo Chiari

ROMA Le banche in borsa – in tutte le borse europee – continuano ad andare male, il Monte dei Paschi va peggio. Nonostante il divieto di vendite allo scoperto, il titolo di Rocca Salimbeni perde quasi il 6% a piazza Affari (annullando il rimbalzo di mercoledì), e torna a capitalizzare non più di 780 milioni. Meno di un decimo del suo patrimonio netto effettivo, come non si stanca di ripetere il coordinamento sindacale del terzo gruppo italiano, forte di 25mila addetti e 2.200 sportelli distribuiti in tutta la penisola.
Intanto però il consiglio di amministrazione ordinario iniziato nel pomeriggio, aperto con la comunicazione ufficiale che non è all’ordine del giorno una nuova ricapitalizzazione, si incrocia con l’arrivo a Rocca Salimbeni degli ispettori della Bce e di Bankitalia. Una consuetudine, si fa sapere dalle stanze di Mps. Ma la circostanza amplifica ancor di più, se possibile, le tensioni innescate dalla lettera in teoria riservata con cui l’Eurotower ha chiesto al Monte di liberarsi entro il 2018 di 9,6 miliardi di crediti deteriorati. Assai di più dei 5,6 miliardi dell’attuale piano industriale, finito sotto esame nel cda odierno.
E a ciò si aggiunge la dichiarazione del mattino del presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. In realtà il falco olandese dell’austerity ha ripetuto quanto ha sempre affermato nei mesi scorsi: «Altri paesi sono riusciti a ristrutturare le proprie banche con mezzi pubblici e gli italiani non lo hanno fatto allora, ma ora abbiamo regole più severe». Niente di nuovo sotto il sole. Ma comunque si legge una sostanziale chiusura rispetto alle più accomodanti parole del giorno precedente del neo commissario Ue ai servizi finanziari, il lettone Valdis Dombrovskis, numero due della Commissione. Quest’ultimo, peraltro, aveva detto che l’Ue è pronta a intervenire sul caso Mps. Con un inciso: «Dipenderà anche dalle richieste dell’Italia». In quanto all’ipotesi di ricapitalizzazione preventiva della banca, Dombrovskis era stato chiaro: «Questa è prevista dalle regole». Regole che devono essere seguite, così come ha ripetuto ieri Dijsselbloem. Ma l’eco delle sue parole, amplificata dai media, è bastato per segnare l’inversione di rotta del titolo Mps a piazza Affari.
Una mano a Matteo Renzi, che mercoledì si era limitato ad assicurare una soluzione positiva «per correntisti e risparmiatori», affidandosi per il resto «al mercato» e poi denunciando lo stato di salute delle banche europee sature di derivati, è arrivata dall’Economist: «Le pressioni sulle banche italiane non diminuiranno finché la fiducia non verrà ristabilita e ciò non succederà senza fondi pubblici – è scritto in un editoriale – se le regole sul bail-in verranno applicate con rigidità in Italia, le proteste dei risparmiatori mineranno la fiducia e apriranno le porte del potere all’M5S, che incolpa la moneta unica dei problemi economici dell’Italia. E se gli italiani perdessero fiducia nell’euro, la moneta unica non sopravviverebbe».
Della sopravvivenza della moneta unica anche un editoriale (made in Morgan Stanley) sul Financial Times. Con un finale assai gradito a Mario Draghi, molto meno alla Germania: «Se la moneta unica vuole sopravvivere, l’Europa deve muoversi decisa verso una unione bancaria».
Nel mentre proseguono sottotraccia le manovre per cercare comunque di dare una mano al Monte. Ma senza – e su questo Renzi si gioca tanto – coinvolgere gli obbligazionisti subordinati negli effetti collaterali (vedi Etruria &c.) dell’intervento teso a liberare Rocca Salimbeni dei 9,6 miliardi di crediti inesigibili, come da richiesta Bce. Sul punto però Adusbef e Federconsumatori attaccano: «Qualora le soluzioni cosiddette di mercato, quali Atlante o Giasone, dovessero mettere a rischio il risparmio delle Casse di previdenza e quello postale gestito dalla Cassa depositi e prestiti, o l’emissione di bond triennali convertibili Mps in azioni non fossero sufficienti, l’unica strada è quella dell’intervento del Mef nel capitale e la nazionalizzazione, che metterebbe 60mila famiglie in possesso di bond subordinati, e i correntisti, al riparo dal bail-in». Ma questo è proprio quello che Renzi, per ovvi motivi di politica interna (vedi i sondaggi sull’argomento) non vuol fare.