il manifesto 14.7.16
Costruzioni, la follia costa 800 milioni l’anno
Ogni
giorno in Italia spariscono 35 ettari di suolo sotto una colata di
cemento. In due anni sono stati "bruciati" 250 chilometri quadrati di
territorio
di Luca Fazio
Ecologia. Ogni giorno
in Italia spariscono 35 ettari di suolo sotto una colata di cemento. In
due anni sono stati "bruciati" 250 chilometri quadrati di territorio.
Questa calamità non naturale ha un costo per la collettività di circa
800 milioni di euro all'anno. Senza contare i danni irreparabili per
l'ecosistema. Questo dice il rapporto Ispra 2016 sul consumo di suolo
presentato ieri a Roma. Legambiente chiede alla politica di intervenire
con la massima urgenza approvando il ddl che è in discussione al Senato.
"A settembre lanceremo una petizione popolare per raccogliere un
milione di firme e spingere le istituzioni comunitarie a legiferare per
la tutela del territorio in Europa", annuncia Damiano Di Simine
Uno.
In questo momento, trascorso un secondo, in Italia sono già spariti
quattro metri quadrati di suolo sotto una colata di cemento. Fanno circa
35 ettari al giorno, una calamità non naturale ma inesorabile che in
soli due anni ha ricoperto 250 chilometri quadrati di territorio. E non è
stato nemmeno il biennio peggiore, visto che la crisi ha rallentato
l’aggressione all’ecosistema Italia. Solo per restare sui terreni
agricoli, in meno di venti anni le superfici edificate hanno “bruciato”
oltre 2 milioni di ettari coltivati: il 16% delle campagne è sparito. E
continua a sparire al ritmo di 55 ettari al giorno (per ogni cittadino
si “erodono” 350 metri quadrati di aree agricole all’anno). Questa
follia suicida figlia di uno sviluppo insostenibile che non si arresta –
è come continuare a segare allegramente il ramo su cui si sta seduti –
ha un costo annuale che è possibile quantificare in oltre 800 milioni di
euro.
Questo è quanto gli italiani potrebbero pagare a partire
dal 2016 solo per fronteggiare le conseguenze del consumo di suolo del
triennio 2012-2015. Le stime dei costi, non solo economici, sono state
pubblicate ieri durante la presentazione del rapporto Ispra 2016 sul
consumo di suolo in Italia (Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale). “Nonostante questo rallentamento – ha spiegato
Michele Munafò, responsabile del rapporto – il consumo di suolo continua
e questo ha delle conseguenze gravi anche i termini economici. E’
importante ricordare che oltre alle aree colpite direttamente l’impatto
riguarda anche quelle vicine coinvolgendo ormai oltre la metà del
territorio nazionale, provocando la perdita dei servizi ecosistemici che
il suolo ci fornisce gratuitamente”.
Secondo una stima dei “costi
occulti” – quelli non percepiti nell’immediato perché si rivelano tali
solo nel calcolo delle conseguenze – ogni ettaro di terreno consumato
presenterebbe un conto per la collettività che può arrivare a 55 mila
euro. Dipende dal tipo di suolo e dalla sua utilità per l’ecosistema:
produzione agricola (400 milioni), stoccaggio di carbonio (circa 150
milioni), mancata protezione dell’erosione (oltre 120 milioni), danni
provocati per la mancata infiltrazione dell’acqua (quasi 100 milioni),
assenza di insetti impollinatori (3 milioni).Ma far di conto non basta
per dare l’idea della catastrofe in corso su scala globale: “Azzerare le
perdite di suolo e migliorare lo stato di salute di quello fertile – ha
detto Michele Pisante, commissario del Centro per la ricerca in
agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) – rappresentano due
direttrici ineludibili per il pianeta nei prossimi anni. Vincere o
perdere questa sfida rappresenterà la differenza tra la vita e la morte
per milioni di persone e porrà i presupposti per nuovi equilibri
sociali, politici ed economici”.
Nelle aree urbane il consumo di
suolo altera anche la regolazione del microclima (un aumento di 20
ettari per Km2 di suolo sacrificato provoca un aumento di 0,6 gradi
della temperatura), e questo ha un costo. Le tre città campione messe
peggio sono Milano (45 milioni), Roma (39 milioni) e Venezia (27
milioni). Inoltre, spiega il rapporto, gli impatti negativi della
sottrazione di suolo si producono non solo nelle aree direttamente
coinvolte ma fino a 100 metri di distanza. Le regioni meno virtuose, con
più del 10% di territorio consumato nel 2015, sono Lombardia, Veneto e
Campania (ma Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria,
Puglia, Piemonte, Toscana e Marche non si sono certo distinte visto che
si attestano su valori compresi tra il 7 e il 10%). Si distingue solo la
Valle d’Aosta, che comunque ha consumato il 3% del suo territorio. Il
fenomeno, curiosamente, riguarda sia i grandi centri abitati, che hanno
visto aumentare la popolazione, che i piccoli paesi dove la popolazione
non cresce.
A commento del rapporto Ispra, le associazioni dei
coltivatori hanno voluto sottolineare altri due aspetti fondamentali per
la tenuta del “sistema Italia”. La sicurezza alimentare e il dissesto
idrogeologico. “Il consumo di suolo coltivato – ha spiegato il
presidente nazionale della Cia Dino Scanavino – rischia di riflettersi
sulle cifre dell’approvvigionamento alimentare in Italia, dove a oggi si
arriva a coprire il fabbisogno di cibo di tre cittadini su quattro.
Dovendo ricorrere alle importazioni per coprire questo deficit
produttivo”. Su un territorio reso più fragile, scrive Coldiretti, si
abbattono i cambiamenti climatici con precipitazioni intense impossibili
da assorbire: “Il risultato è che sono saliti a 7.145 i comuni
italiani, l’88,3% del totale, che sono a rischio frane e alluvioni” (le
regioni con il 100% dei comuni a rischio idrogeologico sono Valle
d’Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Molise e
Basilicata”).
La politica, interrogata, oggi non può far altro che
rispondere come Barbara Degani, sottosegretaria all’Ambiente del
governo Renzi: “Il tema è al centro dell’agenda politica”. E’ vero
invece che le strategie e le normative in discussione per considerare il
suolo un bene comune per anni sono rimaste lettera morta. “Per questo –
ha detto Damiano Di Simine della segreteria nazionale di Legambiente –
chiediamo al Parlamento di approvare in questa legislatura e in tempi
brevi il ddl contro il consumo di suolo, in ballo da quattro anni e ora
in discussione al Senato. All’Unione europea invece chiediamo di
approvare una direttiva europea sul suolo”. Legambiente, con altre
associazioni, a settembre lancerà una petizione popolare europea che
coinvolgerà oltre 300 organizzazioni. Obiettivo: raccogliere un milione
di firme per spingere le istituzioni comunitarie a legiferare per la
tutela del suolo in Europa.