il manifesto 12,.7.16
Angela Eagle sfida Corbyn alle primarie
Londra.
Angela Eagle, 55 anni, nativa dello Yorkshire ex ministra dimissionaria
per il commercio nel decimato gabinetto-ombra di Corbyn, ha finalmente
rotto gli indugi: sfiderà Jeremy Corbyn per la guida del partito
laburista
di Leonardo Clausi
LONDRA Nella Gran
Bretagna post-Brexit le porte girevoli della leadership non si fermano
un attimo. Ieri, proprio mentre Angela Eagle annunciava la propria sfida
alla leadership del partito laburista, la sua omologa tory, Andrea
Leadsom, convocava improvvisamente una conferenza stampa per ritirare la
propria, consentendo così a Theresa May di diventare premier.
Le
compagini dei due partiti, spazzate via dall’esito referendario che ha
catapultato il paese fuori dell’Europa e dentro non si sa bene cosa, si
ricompongono a due velocità. Alla brutale rapidità del carrierismo dei
conservatori, adusi a gestire professionalmente il potere, fa riscontro
il penoso e autolesionistico esaurimento nervoso dei laburisti,
sconvolti dal putsch dei deputati del Plp ai danni del mal tollerato
“leader per caso” Jeremy Corbyn.
Ora, dopo due settimane di
tentennamenti, Angela Eagle, 55 anni, nativa dello Yorkshire ex ministra
dimissionaria per il commercio nel decimato gabinetto-ombra di Corbyn,
ha finalmente rotto gli indugi. «Jeremy Corbyn non è in grado di fornire
la leadership richiesta da questo enorme compito. Io credo di
esserlo…Non sono blairiana, non sono browniana e non sono una
corbynista. Sono me stessa, una solida donna laburista». Eagle ha così
riassunto le motivazioni della sua candidatura, parlando a Londra alla
sede dell’Institution of Engineering and Technology vicino Embankment e
dopo essere stata presentata dall’ex vice-leader sua alleata Harriet
Harman. Davanti a lei svariati nomi al top del Plp tra cui Alan Johnson e
Margaret Hodge (che aveva organizzato la sfiducia a Corbyn).
Dunque
si compie un passo in più verso un’altra sessione di primarie e forse
verso una storica scissione. Ma le modalità con cui si potrebbe giungere
a entrambi sono oggetto esse stesse di accesa disputa, complice anche
la vaghezza lessicale delle regole statutarie del partito. Corbyn è
certo di comparire automaticamente nella rosa dei candidati, anche solo
in ragione della plebiscitaria vittoria (60%, la più alta nella storia
del Labour) con cui gli iscritti lo hanno eletto. Ma gli avversari
sostengono che per correre di nuovo dovrebbe comunque assicurarsi il 20%
dei consensi dei deputati al parlamento nazionale ed europeo, una
cinquantina: traguardo arduo da raggiungere dopo che l’80% (40 a favore,
172 contro) di essi l’ha sfiduciato e precisa ragione per cui
vorrebbero imporre un simile percorso.
Sull’interpretazione del
passaggio controverso del regolamento statutario per l’elezione del
leader organizzata dal Nec, il comitato esecutivo nazionale del partito,
è probabile si arrivi alle vie legali. Corbyn non ha dato le dimissioni
nonostante l’enorme pressione su di lui nelle ultime settimane e non ha
alcuna intenzione di «tradire» il mandato della base.
I deputati
del Plp – proprio la maggior parte di loro, compresa Eagle, hanno votato
a favore dell’invasione dell’Iraq – sono disperatamente aggrappati
all’idea di liberarsene per evitare che il traumatico dirottamento del
partito verso il socialismo ordito da Corbyn li lasci senza cadrega.