sabato 9 luglio 2016

Corriere 9.7.16
La scuola cattolica batte don Milani
Strega, Albinati vince con 143 voti e si commuove ricordando Zeichen. Affinati secondo con 92
di Paolo Fallai

Senza dubbi. La scuola cattolica di Edoardo Albinati (Rizzoli) ha vinto la settantesima edizione del Premio Strega con 143 voti, confermando proprio tutte le caratteristiche dell’appuntamento, tranne sede e giorno. Che Edoardo Albinati e il suo sterminato romanzo avrebbe dominato il campo, era chiaro mezz’ora dopo che Raffaele La Capria e Sandro Veronesi lo avevano presentato. Gli Amici della Domenica, vasta platea «democratica» come l’aveva definita Maria Bellonci, è composta per lo più da addetti ai lavori, scrittori, giornalisti, direttori editoriali. Hanno capito subito che Edoardo Albinati era il «predestinato» di questa edizione. Oltre il tormentone delle 1.300 pagine, oltre le retoriche sul San Leone Magno, la scuola romana che fa da sfondo al libro, e sui protagonisti del delitto del Circeo che lo segnano, ha vinto il coraggio di un saggio romanzato sulla formazione di una intera generazione. Autore di un libro di formazione per eccellenza, «spiraliforme» ha detto un critico colto, Edoardo Albinati costringe il lettore ad una appassionante rincorsa dai tremori dell’adolescenza all’età della riflessione. E al tempo stesso lo accompagna fedelmente, ripescando uno ad uno i fili che semina, raccogliendoli con semplicità. Lascia l’unica irritazione al tempo irrituale di lettura. «M’ero preparato il discorsetto come all’Oscar — ha detto Edoardo Albinati dal palco — ma mi considero solo il redattore di questo libro, ringrazio chi mi ha dato l’idea di scriverlo, chi l’ha riletto e l’editore Rizzoli che ha deciso di pubblicarlo quando pensavo di smettere. Da tre giorni a questa parte — ha aggiunto commosso — penso che tutta questa gioia e questa fatica vada dedicata a Valentino Zeichen, una persona cara e nobile».
Maggiore attenzione al vestiario, qualche incertezza ai tornelli, il sollievo nell’individuare il buffet, la sorpresa in rosso della sala Sinopoli, l’antico Premio ha fatto un po’ fatica a dimenticare lo storico e scomodissimo Ninfeo di Villa Giulia, tanto che Francesco Piccolo lo ha evocato con nostalgia, ma si è adattato presto alle comodità del moderno Auditorium di Renzo Piano. Anche lo spostamento dal «primo giovedì» di luglio ad un venerdì sera lontano dalle semifinali del Campionato europeo di calcio.
Scontato il vincitore, la serata ha cercato di rianimarsi con la battaglia per il secondo posto vinto da Eraldo Affinati, «lo sfidante», con l’omaggio a don Milani nel suo L’uomo del futuro (Mondadori), 92 voti, appena tre in più rispetto al «fuori quota», Vittorio Sermonti, con Se avessero (Garzanti, gruppo Gems) che ne ha avuti 89. Ha prevalso la qualità del don Milani proposto da Affinati e l’ingordigia Mondadori, determinata a non lasciare nemmeno un centimetro di spazio a nessuno, sulle legittime speranze del gruppo Gems e l’ampia platea di estimatori di Sermonti. Chi invece si era prenotato una bella serata «a prescindere» sono il guastatore a nome di tutti i piccoli, Giordano Meacci con Il cinghiale che uccise Liberty Valance (minimum fax) e l’ambasciatrice della neonata Nave di Teseo, Elena Stancanelli, con La femmina nuda che hanno raccolto rispettivamente 46 e 25 voti. Erano già contenti prima di entrare anche per gli interessi cinematografici sui due romanzi .
Tra i momenti emozionanti il ricordo di Umberto Eco, scomparso il 19 febbraio scorso, vincitore del Premio Strega nel 1981 con Il nome della rosa . Un omaggio sentito, mentre suscitava curiosità la breve apparizione della sindaca Virginia Raggi, all’esordio con complimenti. «È un premio fondamentale», e ritrosie: «Non ho un libro preferito, sono un po’ anomala». Una serata fortemente «autocelebrativa», come voluto dalla Fondazione Bellonci (e dall’Unione industriali del Lazio che in questi tre anni ha risolto più di un problema con il suo contributo) con una lunga ricostruzione storica condotta in sala da Loredana Lipperini, mentre scorreva lento lo spoglio delle schede (395 su 460 votanti), guidato dal vincitore dello scorso anno Nicola Lagioia . La colta simpatia di Pino Strabioli (finalmente!), ha scandito la diretta su Rai Tre. Con le interviste ai cinque scrittori finalisti, splendidi filmati di repertorio, un affettuoso saluto a Franca Valeri presente in sala con Carla Fracci e le canzoni d’epoca, proposte dalla brava Chiara Civello, meravigliose come Arrivederci e Senza fine , anche se il titolo della seconda qualche battuta, a serata inoltrata, l’ha suscitata.
E proprio «alla fine» anche questa serata ha riproposto tutti i caratteri «genetici» dello Strega: una mondanità non ostentata, una letterarietà fin troppo esibita, un calcolo commerciale che smuove le montagne. La vittoria del Premio Strega regala un incremento di vendite intorno al 400/500%. Il resto sono chiacchiere, speranze, delusioni. Grandi partecipazioni, con tutti gli snobismi possibili, e grandi ritirate, con polemiche, una volta fallito l’obiettivo. La verità è che al Premio Strega vorrebbero partecipare tutti, ma vince solo Gian Arturo Ferrari.
Nonostante gli apprezzabili sforzi del presidente Tullio De Mauro e del direttore della fondazione Stefano Petrocchi, che in questi ultimi anni, ne hanno inventate di tutti i colori: le tre preferenze obbligatorie per la cinquina, il voto dei ragazzi, degli Istituti di cultura, delle librerie indipendenti. Niente da fare, gli «Amici» non si scuotono più di tanto. Nessuna sorpresa neanche la riunificazione degli eserciti Mondadori e Rizzoli che si sono combattuti negli ultimi decenni. Gli stessi avevano fatto scrivere, a suon di ripetute vittorie, che il Premio Strega era ormai di proprietà dei grandi editori. Quest’anno non c’è rimasto che rinunciare al plurale . D’altronde il «superstrega», concorso online su tutti i premiati è stato vinto da Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Come stupirsi?