venerdì 8 luglio 2016

Corriere 8.7.16
Vatileaks, condannati Chaouqui e Balda Prosciolti i giornalisti Nuzzi e Fittipaldi
Dieci mesi alla pr (pena sospesa), 18 per il monsignore. Applicato il motu proprio del Pontefice
di Virginia Piccolillo

ROMA È rimasto immobile, con il suo aspetto dimesso e rassegnato, anche mentre «in nome del Papa», il presidente del Tribunale pronunciava la sua condanna. La più dura. Un anno e mezzo. A meno di un ricorso in appello che, da indiscrezioni, non è intenzionato a proporre, monsignor Angel Lucio Vallejo Balda è uscito di scena così. Curvo sotto il peso di un processo che ha causato più clamore e amarezze che conseguenze giudiziarie.
Prosciolti i due giornalisti, Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi. E non solo per difetto di giurisdizione. «Rilevata la sussistenza, radicata e garantita dal diritto divino, della libertà di manifestazione del pensiero e della libertà della stampa nell’ordinamento giuridico vaticano» si legge nella sentenza, che cita il motu proprio del Papa. Ridimensionata, rispetto alle richieste, la condanna di Francesca Immacolata Chaouqui: dieci mesi di reclusione con pena sospesa per cinque anni. Solo per concorso in divulgazione. Niente più associazione a delinquere. Prosciolto anche Nicola Maio.
Una sentenza, quella firmata dal presidente Giuseppe Dalla Torre, e dai giudici Piero Antonio Bonnet, Paolo Papanti-Pelletier e Raffaele Ottaviano, accolta da molti commenti positivi. Incluso quello della Federazione della Stampa. Ma che porta con sé anche un dubbio: c’era davvero bisogno di questo processo?
In attesa delle motivazioni dell a sentenza, alle ragioni del «sì» ha dato voce Padre Lombardi. «Si doveva fare perché c’è una legge, per di più recente (2013), promulgata per contrastare le fughe di notizie. Non si possono dichiarare intenzioni e stabilire norme e non essere coerenti nel metterle in pratica» ha spiegato. Ricordando come sia stato smentito più volte che fosse un processo alla libertà di stampa ha aggiunto che si doveva «dimostrare la volontà di combattere con decisione le manifestazioni e le conseguenze scorrette delle tensioni e polemiche interne vaticane» che da un po’ di tempo si riflettono all’esterno con «indiscrezioni» o «documenti ai media» creando «un contesto ambiguo e conseguenze negative anche nell’opinione pubblica, che ha diritto a una informazione obiettiva e serena».
«Questa è una “malattia”, come direbbe Papa Francesco, da combattere con determinazione», rimarca padre Lombardi. E aggiunge: «Anche Benedetto XVI, pur non essendovi ancora la legge attuale, aveva ritenuto giusto che la giustizia “umana” facesse il suo corso nei confronti del suo maggiordomo fino alla sentenza».
Una precisazione che sembra fugare l’ipotesi, circolata ieri, che tra le richieste di condanna (quasi 4 anni per Chaouqui, 3 e un mese per Balda e 1 per Nuzzi) e la sentenza ci sia stato un intervento dall’alto.
Infine l’auspicio che «nonostante la tristezza che ogni reato e la conseguente vicenda processuale necessariamente causano, se ne possano trarre le conclusioni e le riflessioni utili per prevenire in futuro il ripetersi di situazioni e vicende simili». L’avviso ai «corvi» è stato dato. Ora basta.