giovedì 7 luglio 2016

Corriere 7.7.16
Non chiamatela «Nuvola»
Viaggio nel centro congressi disegnato da Fuksas eultimato da Condotte
di Sergio Rizzo

Sostiene Massimiliano Fuksas che chiamarla «Nuvola» è assolutamente banale, anche se dicono che proprio a quello assomiglia. Quella gigantesca Cosa lattiginosa di materiale plastico trasparente alla luce e dalla forma apparentemente indefinita, che abita sospeso lì dentro, evoca per lui altre suggestioni. Una Cosa arrivata da chissà quale altro mondo e rinchiusa in una immensa prigione terrestre, trasparente anch’essa, perché tutti la vedano da fuori.
L’architetto assicura che di notte, quando è illuminata, la banalità della definizione corrente appare chiarissima, sconfinando in una citazione di spiritualità: «Perché Roma è anche questo, spiritualità». Ci siamo entrati, dentro c’è un auditorium in ciliegio americano con 1.850 posti a sedere, e decisamente non è come entrare in una nuvola. Più simile all’interno di un’astronave aliena, tanto da sospettare che il Nostro abbia tratto ispirazione da qualche folgorazione onirica di Jean Giraud, il genio francese dei fumetti di fantascienza che si faceva chiamare Moebius. Alla domanda se la stessa cosa, che poi non è un’astronave ma «solo» un grande centro congressi, si poteva fare in un altro modo e a costi inferiori, la risposta è: sì. Ma non sarebbe stato uguale. Il potere dell’architettura è modificare lo spazio circostante, cambiare gli umori e i ritmi di vita degli umani. Se possibile, migliorarli. A Marsiglia è stata sufficiente una tettoia riflettente sulla banchina del vecchio porto. Si chiama «L’Ombriere» (definizione azzeccata) e ha cambiato il volto a una parte della città. L’ha progettata Norman Foster, che in qualche modo ha sulla coscienza anche la Nuvola. Non fosse stato per lui, che era presidente della commissione giudicatrice, quel concorso bandito nel 1998 l’avrebbe forse vinto Richard Rogers, architetto fiorentino di origini inglesi autore con Renzo Piano del centro Pompidou a Parigi. Invece la spuntò Fuksas. Un romano fino nel midollo: troppo per Roma. E infatti sulla Nuvola si sono abbattuti veleni e sfottò insieme a tante polemiche, perché Roma a un romano non perdona nulla. Sul nuovo centro congressi dell’Eur ne sentiremo ancora tante, di critiche. Si parlerà all’infinito della parcella da 24 milioni incassata (salvo un milioncino su cui si litiga ancora a colpi di carte bollate) dall’archiStar al quale fa il verso Maurizio Crozza-Fuffas («Crozza? Mi ha proposto di fare uno sketch insieme, ma io non ho i capelli, e poi quel Fuffas somiglia più a Luca Montezemolo che al sottoscritto»). Perché questo è il destino, purtroppo meritato, delle opere pubbliche in Italia. A Roma, poi, è un miracolo che la Nuvola sia finita e sia costata 236 milioni più parcella di cui sopra: più o meno la stessa cifra che abbiamo buttato per la città dello sport di Tor Vergata, cattedrale inutilizzata nel deserto della periferia romana.
Un miracolo, ripetiamo, per com’è andata. Tutto comincia, dunque, nel 1998. Fuksas vince due anni dopo, e trascorsi pochi mesi ecco il bando di gara. La pratica è in mano a una società pubblica che si chiama Eur S.p.A, erede del vecchio ente Eur fondato nel 1936 per l’Expo del 1942, l’unico che non si è mai tenuto ma che ha lasciato alla capitale un quartiere straordinario. Azionista al 90% è il Tesoro, mentre proprietario del restante 10 è il Comune di Roma, che però ha anche la gestione. In prima battuta la gara viene aggiudicata alla società Centro congressi italiani, ma dopo tre anni di inerzia il contratto viene rescisso e si procede a un nuovo appalto. Siamo arrivati intanto a fine 2007, è la volta di Condotte d’Acqua spa e partono i lavori. Ma non è una passeggiata. Anche perché fra perizie di variante (alla fine se ne conteranno 12) e ingorghi burocratici manca sempre il permesso a costruire. Per darlo il Comune ci mette ben tre anni, e nel frattempo succede di tutto. Eur S.p.A non è certo un modello di virtuosità gestionale, come tutte le aziende orchestrate dai politici. A un certo punto però collassa addirittura e finisce nel vortice del concordato. Con il risultato che mancano i soldi pure per la Nuvola e si rischia il blocco totale. Non bastasse, le inchieste di Mafia capitale travolgono l’ex amministratore delegato e due dirigenti. Una ciliegina sulla torta, che evidentemente spiega molte cose.
Per risollevare la situazione arriva un nuovo manager da Milano, si sussurra «raccomandato» dalla Procura. Si chiama Enrico Pazzali e ha appena denunciato un tentativo di corruzione fra privati alla Fiera di Milano S.p.A, di cui è amministratore delegato: la meritoria iniziativa, manco a dirlo, gli costa il posto di lavoro. Si chiama in soccorso pure l’Inail, che compra per 300 milioni un pezzo importante del patrimonio dell’Eur. E si tira un sospiro di sollievo.
Il bello, però, viene adesso. Per una città dove niente si muove il fatto che la Nuvola sia finita è un fatto straordinario. Lo è soprattutto per l’unica capitale d’Europa dove l’architettura moderna non ha diritto di cittadinanza ma nessuno si scandalizza per gli orrori edilizi o le palazzine indecenti e seriali che invadono le periferie affogando senza pietà una delle città più belle del mondo. Una maledizione che non ha risparmiato nemmeno l’Eur, il quartiere eletto negli anni del boom a rappresentare la Roma finalmente moderna, e che negli anni è stato soffocato da pessima edilizia speculativa e degrado. Con l’aggiunta di sfregi come l’abbattimento del meraviglioso velodromo del 1960. Dice Pazzali che il centro congressi può garantire un giro d’affari di 350 milioni l’anno, e mostra orgoglioso il primo contratto internazionale siglato con l’International Bar Association: 6 mila avvocati che arriveranno a ottobre 2018. Ma sa che Roma ha una sola grande attrattiva, quella di essere la meta più ambita per il turismo mondiale. Per servizi, trasporti e il resto lasciamo stare. E davvero si possono fare tutte le previsioni possibili: ma senza ignorare che la Nuvola, al di là di ogni ritorno economico, è l’ultima prova di maturità per la capitale d’Italia.