Corriere 6.7.16
Turchia, Israele e Russia Le amicizie ritrovate
risponde Sergio Romano
Il
riavvicinamento della Turchia a Israele — anche se dettato da necessità
contingenti — risulta sorprendente ove si pensi che, nell’aprile 2010,
Erdogan non si fece scrupolo di affermare che Israele era un pericolo
per la pace in Medio oriente. A parte i bisogni del momento, mi viene da
pensare che la mossa rientri nei maneggi per accreditarsi accettabile
fra i Paesi dell’Unione Europea. Può essere?
Lorenzo Milanesi Milano
Caro Milanesi,
Credo
che all’origine del riavvicinamento turco-israeliano vi siano altri
fattori. Nel 2010 il presidente turco, dopo i frequenti segnali di
freddezza che giungevano a Istanbul da alcuni Paesi dell’Unione Europea,
stava giocando sempre più visibilmente la carta musulmana della sua
politica estera. La Turchia era membro della Nato, ma nel 2003, quando
George W. Bush decise di invadere l’Iraq di Saddam Hussein, aveva negato
agli Stati Uniti il passaggio delle loro truppe sul territorio turco.
Anche il sostegno a Hamas serviva a dimostrare che gli eredi dell’Impero
ottomano non sarebbero stati insensibili alla causa del popolo
palestinese. La sanguinosa vicenda della Freedom Flotilla (sei navi, fra
cui la motonave turca Mavi Marmara, che cercarono inutilmente di
violare il blocco israeliano per portare a Gaza aiuti umanitari e altre
merci) ebbe l’effetto di mettere in crisi le relazioni turco-israeliane e
di accreditare la Turchia, agli occhi dell’Islam sunnita, come il suo
più autorevole protettore.
Più tardi Erdogan vide nelle rivolte
arabe del 2010 e del 2011 l’occasione per un più incisivo ruolo
regionale. Sostenne la Fratellanza musulmana in Egitto. Ruppe con Bashar
Al Assad in Siria, aiutò i ribelli siriani, chiuse un occhio quando la
frontiera turca veniva attraversata da armi e volontari per i gruppi
combattenti, fra cui quelli dello Stato Islamico, autorizzò
l’abbattimento di un aereo russo che era entrato, secondo Ankara, nello
spazio aereo della Turchia.
Questa scelta di campo ha avuto una
serie di conseguenze negative: ha dato ai curdi un importante ruolo
militare nella regione, ha creato intorno alla Turchia una larga area di
ostilità e diffidenza. Il problema dei profughi e dei rifugiati,
invece, ha reso la Turchia utile per l’Unione Europea e le ha dato una
boccata d’ossigeno. Ma la ripresa dei negoziati per il suo ingresso
nell’Ue ha scarse possibilità di andare in porto e serve soltanto a
rendere la Turchia, in apparenza, meno isolata. Non è sorprendente, in
questo quadro, che Erdogan, per uscire dall’isolamento, abbia deciso di
riappacificarsi, quasi contemporaneamente, con Israele e con la Russia.
Naturalmente questo non sarebbe accaduto se anche Israele e la Russia
non avessero avuto un problema di isolamento: il primo perché i rapporti
con gli Stati Uniti, durante la presidenza Obama, si sono alquanto
deteriorati; la seconda perché i suoi rapporti con l’Occidente, dopo la
crisi ucraina, attraversano una fase critica. Per fortuna nei momenti
difficili c’è quasi sempre un vecchio nemico con cui si può fare la
pace.