Corriere 4.7.16
Raggi, il vertice per superare lo stallo La battaglia per nomi e deleghe
Frongia verso il ruolo di vice, ma vuole anche il controllo delle partecipate
di E. Men.
ROMA
L’appuntamento decisivo è fissato per oggi, nel tardo pomeriggio. Da
una parte Virginia Raggi, dall’altra i membri del minidirettorio alla
romana di M5S. Obiettivo, superare le tensioni di questi giorni, e
provare ad arrivare ad una «quadra» definitiva sulla giunta capitolina.
La sindaca, come si firma nelle ordinanze, l’ha annunciata per il 7,
cioè giovedì prossimo, giorno della convocazione del primo consiglio
comunale e, a questo punto, non si può più permettere di scavallare
quella data.
Allo stato attuale, però, mancano ancora delle
caselle da riempire. Raggi, in campagna elettorale, aveva parlato di
«nove assessorati più uno temporaneo» e aveva ridisegnato le deleghe con
nomi quasi poetici («Crescita cultura» al posto di «Cultura»,
«Sostenibilità ambientale» al posto di «Ambiente», e così via), ma — sui
dieci nomi da indicare — quelli certi ad oggi sono non più di sette. E
restano aperti due o tre nodi importanti. Primo, naturalmente, il ruolo
di Daniele Frongia, il braccio destro della sindaca che era stato
destinato (con tanto di nomina ufficiale) a fare il capo di gabinetto.
Ora, però, viste le polemiche che la scelta ha generato (il punto è
sempre il codice etico: Raggi, non consultandosi con nessuno, lo avrebbe
già violato), Frongia ha capito che dovrà fare un passo indietro. Per
lui, il «paracadute» è l’entrata in giunta, nel ruolo (ambitissimo) di
vicesindaco. Frongia, però, vuole anche di più. Non si accontenta di una
semplice delega (si è parlato del Patrimonio) ma vorrebbe quella, molto
più pesante, sul riordino delle aziende partecipate dal Comune. Era il
famoso «assessorato temporaneo», che potrebbe pure diventare definitivo.
Altrimenti, dopo qualche tempo, si riproporrebbe il tema del ruolo di
Frongia. L’altra nomina che pare ormai saltata è quella di Raffaele
Marra, ex alemanniano, a vice capo di gabinetto. Il dirigente verrà
destinato ad altro incarico, anche se lui fa le barricate, usando anche
una terminologia piuttosto «colorita»: «Se il Movimento — dice all’
Huffington post — ha come via maestra la legalità io mi definisco lo
spermatozoo che ha fecondato l’ovulo del Movimento. Sono uno di loro». E
poi: «Sfido chiunque a vedere le mie carte, il mio curriculum e tutte
le denunce che ho fatto in questi anni. Lo dico anche a Grillo e Di
Maio: sono pronto a pagare io il pool di avvocati che il Movimento vorrà
scegliere affinché io venga valutato per quello che ho fatto».
A
questo punto, però, si crea un «buco». Chi andrà a fare il capo di
gabinetto? Luigi Di Maio è andato in pressing su Marcello Minenna, il
dirigente Consob che già era stato «sondato» per fare l’assessore al
Bilancio. Ma Minenna, anche in questo caso, avrebbe detto no: né
assessore, né capo di gabinetto, ha fatto sapere. Salvo ripensamenti.
Poi ci sono le due caselle libere: l’assessorato ai Trasporti e quello
alla Smart city . Sono stati vagliati vari nomi, valutati molti
curriculum, fatti parecchi colloqui. Ora tocca riempire tutte le
caselle, oggi nel vertice (si spera) decisivo. Che dovrebbe mettere a
tacere anche l’avvio turbolento dell’amministrazione Raggi.