Corriere 1.7.16
Il caos rifiuti
Nella città senza impianti la raccolta crolla al minimo nei giorni festivi
(con il boom di turisti)
di Sergio Rizzo
Il
giorno del trionfo di Virginia Raggi, Beppe Grillo profetizzava: «Loro
molleranno la spazzatura in mezzo alla strada per dire: “Avete visto
come hanno ridotto Roma?”» Forse non sapeva, il garante del Movimento 5
Stelle, che questo succede «ogni maledetta domenica», come avrebbe detto
Oliver Stone. E non solo. Succede anche ogni maledetto giorno festivo,
qual è per esempio nella capitale il 29 giugno, ricorrenza dei santi
Pietro e Paolo. E mentre la sindaca Virginia Raggi era alle prese con il
rebus della sua giunta, magicamente i 67 mila cassonetti disseminati
per la città traboccavano di rifiuti, l’immondizia tracimava nelle
strade, cartacce, lattine e bottiglie vuote s’impadronivano delle
meravigliose piazze del centro piene di turisti.
Siamo già al
sabotaggio? Chi avanza il sospetto dovrebbe sapere prima di tutto come
funziona a Roma. Dovrebbe sapere che la pulizia delle strade nei giorni
di festa è ridotto al 25 per cento, e che la raccolta dei rifiuti non
supera il 30 per cento. Il che, in una città dove proprio in quei giorni
la pressione dei visitatori si avverte di più, non è certo un bel
viatico. Spiegano gli esperti che pure nelle altre metropoli italiane il
servizio festivo viene svolto a ritmi ridotti. Ma il giorno dopo, a
Milano, gli impianti lavorano il doppio e nessuno se ne accorge. A Roma,
invece, gli impianti non ci sono proprio. Non c’è più nemmeno la
discarica di Malagrotta, il buco senza fondo che ingoiava tutto. In
compenso, però c’è la burocrazia. La costruzione del sito per far fronte
ai casi di emergenza è bloccata alla Conferenza dei servizi da due anni
e mezzo. La richiesta di esportare in Germania 500 tonnellate di
spazzatura al giorno è ferma da febbraio alla Regione Lazio. Dove da un
anno e mezzo sono arenate anche le procedure per realizzare il primo eco
distretto.
Così ogni maledetto lunedì nella Capitale d’Italia
l’emergenza è dietro l’angolo. Ma se lunedì i netturbini fanno sciopero è
garantita. Se poi lo sciopero si prolunga il martedì, meglio non
parlarne. Immaginate dunque il risveglio di Roma la mattina di mercoledì
13 luglio, dopo la domenica e ben due giorni di sciopero. L’hanno
proclamato i sindacati alle prese con un rinnovo del contratto di lavoro
nazionale che si profila non facile: soprattutto a Roma. I vertici
dell’Ama chiedono due ore in più di lavoro, da 36 a 38 ore settimanali e
che la domenica e i festivi siano giorni come tutti gli altri. Ma già, a
quanto pare, gli hanno risposto picche. Per capire che cosa sta
accadendo nella capitale dopo l’arrivo di Virginia Raggi non si può che
partire da qua. Oltre che, naturalmente, da uno stato di cose che
propone quotidianamente situazioni disastrose. L’ultima scoperta la
racconta il nostro Rinaldo Frignani nelle pagine della cronaca di Roma:
tre discariche abusive a villa Pamphili, uno dei più grandi polmoni
verdi della città.
Nessuno può escludere che dietro gli episodi di
questi giorni, a cominciare dai roghi dei cassonetti che hanno
sconvolto Il quartiere di Tor Bella Monaca, ormai sempre più la Scampia
romana, si possa intravedere un inquietante messaggio diretto alla
futura giunta grillina. Di sicuro la partita della spazzatura, che com’è
stato ricordato su queste colonne ha bruciato intere generazioni
politiche, e che fa girare quantità inenarrabili di denaro, risulterà
decisiva anche qui. Con un’amministrazione che dichiara la propria fede
incrollabile nella legalità, costretta al tempo stesso a fare i conti
con il possibile ricatto dell’emergenza continua.
Un passaggio
cruciale per Virginia Raggi, preoccupata al punto da volere relazioni
giornaliere sullo stato del servizio. Tutto questo mentre dovrebbero
suggerire attenzione non minore certi sviluppi nell’azienda
municipalizzata. Dove le fuoruscite di personaggi legati a parentopoli,
volute dall’attuale gestione di Daniele Fortini, hanno lasciato
strascichi velenosi. E dirigenti sindacali da poco emarginati si sono
già riaffacciati sulla scena.
Dice tutto il caso del potente capo
dei netturbini della Cisl, sindacato che all’Ama controlla migliaia di
tessere. Già garante della pax aziendale al tempo di Franco Panzironi,
successivamente si era dovuto fare da parte. Ma giusto il tempo per
rientrare in pompa magna alla guida del sindacato dopo essere uscito
dalla finestra, accompagnato per di più da una lettera ufficiale della
Cisl che cancellava un forse troppo frettoloso avvicendamento. Altri
segnali, e questi fin troppo chiari.