lunedì 18 luglio 2016

Corriere 18.7.16
Armati, impauriti
Tutti a Cleveland in un’atmosfera tipo guerra civile
di Maria Laura Rodotà

Vola su Cleveland un piccolo aereo con lo striscione «Hillary for Prison» (da due giorni). Sono in vendita magliette con su scritto «fiero di odiare» (sempre Hillary). Il Barrio Bar & Grill, non lontano dalla recinzione di metallo nero che circonda la sede della convention, ospita al bancone signori di mezza età con altre magliette, nere, sempre trumpiane, e se non odiano sono di cattivo umore. Sono motociclisti per Trump, sono arrivati in Harley Davidson, e sì, certo, sono venuti in città armati. Perché possono. L’Ohio è un «open carry State», puoi girare con un fucile a tracolla e così onorare il Secondo emendamento della Costituzione. Anche se si ha paura, tutti. In centro, e pure nell’area riservata alle manifestazioni — l’hanno chiamata Event Zone, favorevoli e contrari saranno tutti insieme — è vietato portare palle da tennis, bombolette spray, corde e zaini. Ma si può passeggiare con un mitra.
E tutti prevedono almeno una sparatoria, degli ammazzamenti, degli scontri, dei cecchini. E la gente diventa filosofa della strage: «Non possiamo farci niente, andiamo avanti». Anche il capo della polizia fino a ieri mattina, dichiarava «l’ open carry è la legge dello stato dell’Ohio. Non possiamo cambiarla». Dopo Baton Rouge, il presidente del sindacato dei poliziotti, un vecchio cop baffuto di nome Steve Loomis, ha chiesto inutilmente al governatore John Kasich un bando temporaneo delle armi per tutta la settimana. Loomis ha anche chiesto di non mandare agenti a pattugliare da soli, ma «almeno a gruppi di tre».
In gruppo, suggerisce la polizia da giorni, dovrebbero girare anche i delegati (qualche delegato sciroccato però vorrebbe, alla convention, «armadietti dove lasciare le armi»; sul serio). Giornalisti e cameramen americani, prima di venire a Cleveland, hanno fatto corsi di addestramento tipo zona di guerra (pare che, come capita coi corsi di aggiornamento aziendale, non fossero granché). Destra e sinistra esternano i loro timori di incidenti a seconda dell’orientamento politico. I trumpiani si preoccupano per i dimostranti di Black Lives Matter che hanno già promosso Black Panthers. I liberal media e molti cittadini di Cleveland (molto afroamericana e a maggioranza democratica) prevedono guai con i Bikers for Trump e i razzisti bianchi. Tutti, ovviamente, temono i matti.
E da giorni gli ospedali si attrezzano come per una guerra civile. A medici e paramedici sono state sospese le ferie, sono arrivate ambulanze da fuori, sono stati opzionati palazzi vicini per ricoverare feriti. Anche i tribunali saranno aperti giorno e notte, con abbastanza giudici da processare «mille dimostranti al giorno». Per il momento, se ne vedono meno di mille, intorno alla convention. Si vedono in giro pochi delegati, anche, forse impauriti da quel diritto alle armi che tanto difendono. Ci sono tanti giornalisti nervosi, in compenso (al Barrio, dove questo pezzo è stato scritto, ce ne sono quattro per ogni biker che non ha voglia di farsi intervistare) .