domenica 17 luglio 2016

Corriere 17.7.16
Rivolta e sigarette Così i giovani capi hanno preso Costantinopoli
di Luigi Barzini

COSTANTINOPOLI (2 maggio, notte) Enver Bey, il giovane idolo della giovane Turchia, è ancor tutto raggiante per l’ebbrezza del trionfo. Seduti in un angolo del suo ufficio abbiamo conversato lungamente.
Egli sorrideva parlandomi. Si vedeva sul suo viso troppo bello, la soddisfazione giovanile non priva di una vaga parvenza di vanità. Non ha avuto il tempo di fare l’abitudine alle acclamazioni della folla che lo accompagnano ovunque vada e prende della propria persona la cura meticolosa di chi si sente osservato e ammirato.
Egli è ora certamente il più elegante ufficiale dell’esercito ottomano. Fumando delle eccellenti sigarette abbiamo discusso degli ultimi eventi. Ma io volevo sentire il pensiero di Enver Bey sul futuro e perciò ad un certo punto l’ho interrotto per chiedergli: credete che ogni contrasto al regime costituzionale sia finito?
«Certamente. La reazione della lotta è passata, ma ora comincia quella della riorganizzazione. Abbiamo da fare e da rinnovare».
Ma il sentimento delle province asiatiche è ostile alle nuove idee. I massacri dell’Anatolia, evidente contraccolpo degli avvenimenti di Costantinopoli, dimostrano quanto sia forte il sentimento religioso, che è incompatibile colla Costituzione.
«I massacri sono avvenuti. Abbiamo mandato truppe. La calma è tornata ovunque. Quei moti non erano spontanei, erano dovuti ad un disperato tentativo della reazione per provocare forse l’intervento straniero e paralizzare la nostra azione. La parola d’ordine di quei muli era partita da Costantinopoli. Ogni tentativo del genere sarebbe ormai impossibile. Noi abbiamo tutta la forza necessaria per assicurare la tranquillità in ogni parte dell’Impero».
Ma il sentimento intimo della popolazione mussulmana non è ostile alla Costituzione?
«Perché dovrebbe esserlo? La nostra religione ha uno spirito largo e favorevole alle idee moderne, tantoché potrebbe persino esistere una repubblica mussulmana in perfetto accordo coi dettami religiosi. Un numero rilevante di mussulmani della Rumelia sono accorsi ad iscriversi volontari nella nostra spedizione».
Ma non li avete accettati?
«Le nostre forze erano sufficienti. Del resto la popolazione mussulmana della Macedonia è giovane turca».
Questo potrebbe dimostrare la diversità di sentimenti fra la Turchia europea e la Turchia asiatica.
«No, la popolazione delle Province, anche asiatiche, ha troppo sofferto dal vecchio regime che la immiseriva per non essere sfavorevole all’arbitrio e alla miseria».
Tuttavia il clero, gli ulema, gli hodjos, gli studenti di teologia coranica che tengono alle tradizioni e sono autorevoli fra la popolazione...
«Poteva avvenire qui in Costantinopoli, dove sotto il Governo assoluto gli ulema godevano prebende e rendite stabilite dall’arbitrio e dal capriccio del Sultano, che il clero, composto in gran parte di gente ignorante di ogni progresso, nutrisse uno spirito di reazione. Ma nelle province anche il clero soffriva e tra le file dei nostri volontari avrete visti molti turbanti di religiosi».
Dunque in Costantinopoli cova uno spirito di reazione?
«Non credo; ma, se anche in proporzioni minime esistesse, cesserebbe naturalmente, non potendo far nulla, poiché teniamo una forza organizzata».
Si dice che alcune truppe mandate in Anatolia per reprimere i disordini abbiano fatto causa comune coi massacratori e uccisi gli ufficiali.
«Non è vero; si sono avuti incidenti senza importanza».
Però l’ammutinamento del 13 aprile fu opera di soldati che riteneva fedeli alla Costituzione; vi erano fra gli altri i cacciatori di Salonicco, nei quali avevate ampia fiducia.
«Prima di tutto, soltanto una parte dei cacciatori di Salonicco si rivoltò massacrando gli ufficiali di tre battaglioni: due battaglioni ci rimasero fedeli. In secondo luogo la rivolta della guarnigione non fu causata da sentimenti, ma da denari. I soldati ricevettero somme enormi e bisogna conoscere la miseria dei soldati per comprendere la forza di seduzione di grandi somme. Ma abbiamo reso impotente chi potrebbe corromperli. Non vi sono più timori: se con denaro si è compiuta la rivolta, è con denaro che si preparava una cosa anche più orribile».
Che cosa?
«Era preparato un massacro di tutti i turchi appartenenti al partito liberale o sospetti di liberalismo. Ne abbiamo la prova: e concluderete che una volta cominciati i massacri non si sa dove si sarebbero fermati».
Siete sicuri che non possa in un ambiente come questo scoppiare un altro moto improvviso? Anche il giorno 13 voi non vi aspettavate che le più vaste congiure potessero tramarsi insospettatamente.
«Ci aspettavamo soltanto qualche protesta; non potevamo supporre che arrivassero subito al massacro degli ufficiali. Nulla di simile è possibile per l’avvenire».
Avete preso ad Abdul Hamid tutte le sue ricchezze?
«Sì, esse appartengono alla nazione».
Ma anche senza le ricchezze, non credete che verso il Sultano deposto si rivolgano le speranze dei reazionari, che egli divenga per cosi dire la bandiera vivente della vecchia Turchia.
«È impossibile; egli è troppo bene custodito; e poi noi qui spazziamo il campo per schiacciare le teste dell’idra».
E come?
«Lo stato d’assedio non c’è per l’ordine pubblico. Avrete osservato che è uno stato d’assedio molto poco visibile: il suo unico scopo è il funzionamento del tribunale di guerra, che lavora a stabilire le responsabilità e a punire i colpevoli».
Vi sono molte condanne a morte?
«Non ne so il numero, e poi i processi non sono ancora finiti. Credo ci saranno un centinaio di esecuzioni ed altrettante condanne ai lavori forzati».
Le esecuzioni saranno segrete?
«No. I colpevoli saranno impiccati nei vari quartieri della città».
Quando?
«Forse domattina. Bisogna dare un grande esempio».