Corriere 15.7.16
Il referendum spacca l’Italia I favorevoli scendono al 51%
di Nando Pagnoncelli
Il 58% pensa di andare ai seggi. Tra i democratici il 16% voterebbe contro
Concluse
le elezioni amministrative, al centro dell’attenzione si pone
l’appuntamento del referendum costituzionale. Il premier ha cercato
negli ultimi tempi di attenuarne il significato politico di cui peraltro
era sovraccarico, mettendo al centro i contenuti, mentre dall’altro
lato gli oppositori tendono a farne uno strumento per «dare una
spallata» a Renzi e al suo governo. Comunque sia, è evidente che i
risultati del referendum che si terrà nel prossimo autunno saranno
cruciali per l’assetto del Paese.
Quali le opinioni degli
italiani? Partiamo intanto dalla conoscenza dei contenuti, che tende a
crescere rispetto all’analogo sondaggio presentato in questa rubrica a
fine gennaio, ma che rimane ancora relativamente bassa. Meno del 10%
infatti dichiara di padroneggiare nel dettaglio i contenuti della
riforma che d’altronde sono piuttosto complessi e ardui, mentre il 42%
dichiara di essere al corrente solo dei termini generali. Siamo comunque
alla maggioranza assoluta (51%) che ne sa almeno qualcosa, con una
crescita di sette punti rispetto a gennaio. Con alcune interessanti
differenze: molto più al corrente, sia pure in termini generali, sono
gli elettori dei partiti di governo ma anche del M5S. Meno al corrente
gli elettori di Lega e FI, mentre nel gruppo composto in larga misura da
chi non vota o dagli incerti, prevale nettamente l’ignoranza dei
contenuti.
Se si votasse oggi, più della metà degli italiani (58%)
è propensa a recarsi alle urne, in questo caso in modo sostanzialmente
trasversale ai diversi partiti, mentre la partecipazione crolla
nell’area grigia degli astensionisti. Nei nostri dati la gara è aperta:
il Sì prevale di un solo punto percentuale, sui voti validi il risultato
si attesterebbe al 51% per il Sì e al 49% per i No. La differenza
rispetto al sondaggio di gennaio è rilevante: allora infatti i Sì
prevalevano nettamente, con il 57%. La crescita della partecipazione ha
largamente favorito il No: negli elettori dei partiti di opposizione in
particolare, ma anche negli elettori dei partiti di centro il fenomeno è
simile.
Sembra quindi che anche tra gli alleati del Pd sia
cresciuta la contrarietà, forse motivata anche da una certa
insoddisfazione nei confronti del governo. Il panorama comunque non è
del tutto granitico: nel Pd emerge un orientamento al No decisamente
minoritario ma non del tutto secondario (16%). Orientamento che cresce
tra i centristi alleati di governo (qui raggiunge un terzo dei voti
validi). Al contrario negli elettori delle formazioni di opposizione
l’orientamento al Sì è apprezzabile: dal 25% circa tra leghisti ed
elettori del Movimento 5 Stelle sino al quasi 40% degli elettori di FI,
partito in cui è presente, anche ai vertici, una posizione se non
favorevole almeno non distruttiva rispetto a questa riforma. C’è quindi
una trasversalità che presumibilmente il prosieguo del dibattito,
soprattutto se si concentrerà sui contenuti, potrà favorire.
Cambia
anche, e profondamente, il clima nel quale la consultazione si
inserisce. Se infatti a gennaio era nettamente prevalente la convinzione
che il risultato del referendum avrebbe premiato il Sì, oggi è invece
prevalente il dubbio. Infatti solo il 31% è convinto che i sì
vinceranno, tuttavia questo calo non favorisce la convinzione che
vinceranno i No, che aumenta solo di quattro punti, ma fa salire appunto
il dubbio.
Sono cambiate innanzitutto le opinioni degli elettori
dei partiti di opposizione che sei mesi fa prevedevano la vittoria del
Sì, mentre oggi ne sono molto meno sicuri. Ciò rappresenta un problema
per Renzi, poiché rischia di mobilitare ulteriormente l’elettorato di
opposizione che ritiene possibile vincere e mettere in crisi il governo.
E
infatti si sta consolidando l’idea che le motivazioni di voto degli
italiani saranno sempre più concentrate sul significato politico del
referendum. La maggioranza assoluta pensa che i propri connazionali si
recheranno alle urne pensando di bocciare (o approvare) il lavoro di
Renzi e del suo governo, dando poco peso al merito della riforma. La
percezione di crescita della politicizzazione del referendum aumenta in
maniera vistosa in particolare tra gli elettori Pd che appaiono sempre
più preoccupati di quanto potrebbe accadere.
La strada si fa
sempre più complessa per Renzi e per il Pd. L’aver trasformato il
referendum in un giudizio sul presidente del Consiglio, legandolo
strettamente alla sopravvivenza del governo e al percorso delle
ulteriori riforme, sta provocando importanti difficoltà. Infatti, benché
i contenuti specifici della riforma proposta siano sostanzialmente
condivisi dalla maggioranza dei cittadini (in particolare la
trasformazione del Senato), prevale l’idea di votare in base ai propri
orientamenti politici. È evidente che diventa necessario per Renzi
riorientare il dibattito sui contenuti. E in particolare affrontare il
tema (che non riguarda il referendum ma è connesso) della legge
elettorale che per molti elettori favorisce la scelta del No, poiché la
si considera portatrice di un concentramento di poteri sul leader
vincente senza che ci siano adeguati contrappesi. Strada complessa
appunto, ma probabilmente inevitabile se vuole arrivare alla vittoria in
autunno.