Corriere 13.7.16
Binario unico
L’Italia ne ha 15 mila chilometri e molti sono in mano a concessionari
Ma il sistema automatico di sicurezza è obbligatorio soltanto sulle tratte gestite direttamente dallo Stato
di Elena Tebano
La
maggior parte della rete ferroviaria italiana viaggia ancora a binario
unico. Oltre novemila chilometri sui 16 mila in mano a Rfi, il gestore
dell’infrastruttura ferroviaria nazionale. Molti di più in percentuale
se si guardano le reti concesse, cioè non controllate direttamente dallo
Stato: ben seimila su circa 6.500 chilometri totali. Sono a binario
unico tutte le linee della Val D’Aosta, oltre il 90% di quelle di Molise
e Basilicata, oltre l’80% di Sicilia e Sardegna. Lo è anche la tratta
dell’incidente di ieri in Puglia.
In teoria dovrebbero essere
riservate alle zone dove c’è un traffico di passeggeri e convogli
limitato, in pratica non è sempre questo il caso: sulla frequentatissima
Genova-Ventimiglia, ad esempio, i treni si spostano ancora su un solo
binario. Quello doppio, oltre a far sì che possano viaggiare più treni,
riduce anche il rischio che si scontrino due convogli che procedono in
direzione opposta.
Ma il binario unico non è di per sé sinonimo di scarsa sicurezza. A fare tutta la differenza del mondo c’è la tecnologia.
Oggi
ci sono una serie di sistemi che permettono di controllare
automaticamente i treni in caso di errore umano. Il 100% delle linee
gestite da Rfi è coperto da questi dispositivi, designati da acronimi
come SCMT (sistema controllo marcia treno) o SCC (sistema di supporto
alla condotta), che impediscono ai macchinisti di superare i limiti di
velocità e bloccano il treno se il conducente ignora il rosso. Prima non
era così: il 7 gennaio del 2005 un interregionale proveniente da Verona
e diretto a Bologna, con a bordo circa 200 passeggeri, si scontrò a
Crevalcore, vicino a Bologna, con un merci carico di putrelle d’acciaio
proveniente da Roma, proprio perché mancavano i sistemi automatici.
All’epoca i morti furono 17, i feriti 15.
La «tecnologia» usata in
Puglia invece è vecchia di oltre cent’anni: il via libera telefonico.
Capostazione, macchinista e capotreno si sentono al telefono per avere
il semaforo verde e proseguire. L’errore umano è sempre possibile.
È
un caso isolato? Per nulla. Perché se la rete gestita da Rfi è
sottoposta al controllo dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle
ferrovie (Ansf), che impone standard molto chiari, così non è per le
reti concesse, gestite da società locali. «Sono prive di sistemi
automatici di subentro alla guida, per esempio, anche molte tratte in
Lombardia, come la linea Asso-Seveso e quella Iseo-Edolo. E così quelle
analoghe di molte altre regioni», spiega il presidente dell’Osservatorio
Nazionale liberalizzazioni Infrastrutture e Trasporti Dario Balotta.
«Le linee ferroviarie più a rischio sono quelle che non sono sovraintese
dell’Ansf, ma da una serie di agenzie più piccole che non impongono la
dotazione tecnologica più avanzata — conferma Andrea Pelle, segretario
generale del sindacato dei ferrovieri Orsa —. Il punto è che i sistemi
di sicurezza costano cari: non mettere le ferrovie concesse sotto il
controllo dell’Ansf è anche un modo per evitare di dover fare gli
investimenti necessari...».
E qui entra in gioco un capitolo molto
spinoso: l’ammodernamento della rete ferroviaria. «La richiesta di
traffico passeggeri negli ultimi 20 anni si è concentrata sulle linee a
corta distanza, mentre in Italia si è investito soprattutto sull’alta
velocità, abbandonando di fatto le linee secondarie, che sono spesso a
binario unico — dice ancora Balotta —.E infatti nello stesso periodo le
tratte con un unico binario sono rimaste sostanzialmente uguali, con
poche eccezioni come il potenziamento della Saronno-Milano».
Qualcosa
potrebbe cambiare con l’entrata in vigore del quarto pacchetto
ferroviario europeo, le misure dell’Ue per favorire la concorrenza e
migliorare il sistema dei trasporti su rotaia. «Prevede che si facciano
gare per la gestione di tutte le linee ferroviarie — spiega Balotta —.
Per darle in gestione però le reti vanno messe a norma con ulteriori
garanzie di sicurezza. Vale per almeno la metà di quelle concesse, che
così dovranno adeguarsi». La scadenza è il 2019, troppo tardi per i
passeggeri che ieri sono morti in Puglia.