martedì 12 luglio 2016

Corriere 12.7.16
Quei timori su una vittoria di misura in autunno
I franceschiniani e la teoria che con un «51 a 49» poi si rischia la sconfitta alle Politiche
di Tommaso Labate

ROMA «Per Renzi c’è una sola cosa peggiore del perdere il referendum. Ed è vincerlo di misura, spaccando il Paese a metà. Perché vorrebbe dire aver cambiato il sistema politico a tutto vantaggio del vincitore delle elezioni successive, che a quel punto non sarebbe lui…». Gli spifferi che diventano sussurri. E i sussurri che diventano grida visto che la teoria del «51 a 49» — e cioè Renzi che vince il referendum di un’incollatura ma perde la certezza di vincere le elezioni successive — viene attribuita a Dario Franceschini e ai suoi fedelissimi.
Il presidente del Consiglio è a conoscenza dei «tanti movimenti» che vengono ricondotti al titolare dei Beni culturali. Al punto che negli ultimi consigli dei ministri, e a più riprese, s’è abbandonato a una serie di battute rivolte indirettamente («In questo periodo presto particolare attenzione a chi lavora contro di me») o direttamente («Quale che sia il prossimo governo, sono certo che Dario sarà ministro») a Franceschini, che in entrambi i casi l’ha liquidato con una risatina.
Franceschini o non Franceschini, il punto è che la paura del «51 a 49» — percentuale in più, percentuale in meno — ha fatto breccia sia tra gli amici che tra gli avversari di Renzi. Non è un caso se Denis Verdini, che ha evocato lo scenario in una delle ultime riunioni di Ala, si è lasciato scappare che «la legge elettorale dobbiamo cambiarla dopo il referendum e non prima», un po’ come se fosse «dopo» — e non «prima» — il momento della verità (sul tavolo del leader di Ala, tra l’altro, ci sono modifiche all’Italicum che prevedono tanto il premio alla coalizione quanto la possibilità di apparentamento al ballottaggio tra forze politiche che hanno marciato divise al primo turno). E non è un caso nemmeno se Gianni Cuperlo, parlando con alcuni parlamentari della sua area, si è detto sicuro che «mentre prima delle Amministrative bastava vincere il referendum per avere la certezza di vincere le Politiche, adesso è più probabile che una vittoria sulla Costituzione sia il viatico verso una sconfitta alle Politiche».
La paura che persino una vittoria nel referendum possa trasformarsi un un’arma ha contagiato un po’ tutta la maggioranza. Anche Angelino Alfano ne ha parlato ai suoi, trovando però il modo di esorcizzarla. «Chi vince, vince. E chi perde, perde. A maggior ragione se viene pronosticato il successo del No e poi alla fine vince il Sì», ha spiegato l’altro giorno il titolare del Viminale ai fedelissimi. Ma anche il ministro dell’Interno sa che bisognerà mettere mano alla legge elettorale. Per questo, per evitare trappole, ha fatto sapere a tutti che «il cambio dell’Italicum dovrà avvenire dopo la consultazione sulla Costituzione a patto però che la maggioranza sulla riforma deve essere trovata prima».
Già, una nuova maggioranza. Nel fresco del suo ufficio di Montecitorio, Renato Brunetta è convinto che «una nuova maggioranza, una volta che Renzi sarà caduto, è già pronta». Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, sicuro che «alla fine la vittoria dei No spingerà Renzi sia fuori dalla porta di Palazzo Chigi che da quella del Nazareno», è anche certo che nessuno metterà mani all’Italicum prima del referendum. «Se Renzi fa un passo azzardato in questa direzione», spiega, «il referendum lo perde 70 a 30. Altro che sconfitta di misura…». Non è dato sapere chi ci starebbe in questa maggioranza.
L’unica cosa certa, per stessa ammissione dei diretti interessati, riguarda i verdiniani. Sconfitta al referendum o vittoria di misura che sia, «noi faremo gli ultimi giapponesi di Renzi e staremo accanto a lui», giura il senatore Enzo D’Anna. E i venti di crisi? E le maggioranze alternative? D’Anna si fa serio. «Ve lo dico nella lingua mia, se non è chiaro. Franceschini sta brigando in un’altra direzione ma nuje simm’ renziani veri. Chiaro?».