Corriere 12.7.16
Quale Islam in Italia
di Virginia Piccolillo
ROMA
«No agli imam fai-da-te, sì a una nuova figura di imam sempre più
consapevole anche del suo ruolo pubblico». L’obiettivo, secondo il
ministro dell’Interno, Angelino Alfano, stavolta è più vicino. Ieri gli
esponenti delle più grandi comunità musulmane italiane hanno discusso e
condiviso i suggerimenti di un rapporto preparato da 12 studiosi per
fissare dei paletti di «italianità» dell’Islam. E, dice soddisfatto il
ministro, «si è giunti a un punto di svolta. Per la prima volta si
fissano dei paletti per lavorare assieme su libertà e responsabilità».
Prediche in italiano e statuto dell’imam sono due fra le intese
principali. Quegli imam che accetteranno di sottoporsi a una formazione,
che non entrerà nella dottrina di fede ma sarà una formazione dal punto
di vista civico e nell’ambito delle regole italiane, saranno
riconosciuti e avranno accesso a luoghi protetti. Ma quello di ieri,
spiega Alfano, «è solo il primo passo per un lavoro che dovrà essere
condiviso con le comunità e le associazioni, ma anche l’università.
Perché tenere lontana la radicalizzazione violenta è il fine di tutti». ©
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ROMA Imam certificati da un decreto
ministeriale. Prediche in lingua italiana. Regole fissate da uno statuto
ad hoc. La «svolta» in favore di un islam italiano il ministro
dell’Interno, Angelino Alfano, la annuncia così: «Ci sono un milione e
seicentomila musulmani in Italia. È stupido considerarli tutti
fiancheggiatori del terrorismo. Vogliamo che siano cittadini consapevoli
e che rispettino le nostre leggi». Le linee guida già ci sono. Un pool
di dodici studiosi, coordinati da Paolo Naso, le ha raccolte nelle 13
pagine del rapporto «ruolo pubblico, riconoscimento e formazione degli
imam». Sette i suggerimenti chiave. L’ultimo è il confronto con Consulta
per l’islam che ieri si è già risolto positivamente. «È stato un sì
importante. Perché ribadisce la sottoscrizione dei valori della
Costituzione italiana», assicura Alfano. Abbiamo dissipato i timori
delle varie comunità di perdere il proprio ruolo. È nostro interesse non
perdere ogni intermediazione che comprime la violenza». A settembre ci
sarà un secondo rapporto su moschee e luoghi di culto.
Imam italiani
Il
Consiglio rileva come asse strategico la formazione e la valorizzazione
di guide spirituali “italiane”. E indica come primo suggerimento
procedere al riconoscimento di ministri di culto musulmani. «Con questa
misura — si legge nel documento — si intende costituire un nucleo
primario di interlocutori delle istituzioni che, per competenza e
autorevolezza riconosciute da parte delle loro comunità, conoscenza
della realtà italiana ed esperienza nella partecipazione alla vita
pubblica del territorio in cui operano, possano svolgere
costruttivamente il ruolo di “mediatori” nelle relazioni tra lo Stato e
le varie associazioni». Il Consiglio si dice consapevole «della
delicatezza del tema dei matrimoni religiosi con effetti civili».
Perché, evidenzia, in passato questo tema ha frenato l’idea del
riconoscimento «in ragione di un supposto quanto a nostro avviso
infondato timore che questo atto possa dare luogo alla celebrazione di
matrimoni poligamici». «Non c’è intenzione di entrare nella dottrina
della fede. Semmai si pensa alla possibilità di dare vita a una facoltà
teologica islamica in Italia. Perché chi si forma in Italia non ha
motivo di compiere alcuna vendetta contro il nostro Paese».
La formazione
L’imam
dovrà seguire «periodici corsi di formazione per ministri di culto di
confessioni, non solo musulmani, su temi di ordine costituzionale,
orientati alla promozione dell’integrazione,dell’inclusione sociale e
del dialogo interreligioso». Dovrà parlare correntemente la nostra
lingua, conoscere gli aspetti fondamentali della storia e della cultura
nazionale; essere disponibile a un confronto rispettoso con credenti di
altre tradizioni; essere altresì consapevole e rispettoso dei principi
costituzionali e in grado di mediarli alle rispettive comunità. La
parola d’ordine è collaborazione. Alla quale gli studiosi richiamano il
governo, le istituzioni universitarie o di alti studi (pubbliche e
private) e le comunità musulmane, chiamate, queste ultime, a
co-finanziare le attività formative.
Le donne
Nel corso
della discussione con le comunità islamiche, ieri è stato sollevato il
problema della donna. Le rappresentanti di associazioni femminili
musulmane hanno chiesto che nella formazione degli imam sia inserito
questo capitolo a tutela della donna e di come viene descritta.
Islam radicale
Gli
imam che sottoscriveranno lo statuto potranno ottenere maggiore libertà
di accesso a «luoghi protetti quali ospedali, cimiteri, centri di
identificazione e accoglienza dei migranti, “case del silenzio”» e
naturalmente carceri: luoghi dove più forte si sente il pericolo di
radicalizzazione violenta. Perché, conclude Alfano, «il nostro interesse
è includere. Chi non accetta le regole viene espulso. Ne abbiamo già
allontanati sette di imam violenti. Ma vogliamo separare chi prega da
chi spara».