domenica 10 luglio 2016

Corriere 10.7.16
Il giudice del caso Vatileaks: «La libertà di stampa? Garantita dal diritto divino»
di Gian Guido Vecchi

CITTÀ DEL VATICANO «Ci sembrava importante sottolinearlo: anche per dire che ciò che il magistero della Chiesa insegna sui diritti fondamentali della persona, insomma, non è solo ad uso esterno…».
Il professor Giuseppe Dalla Torre si concede un velo di ironia. Giurista e docente di diritto canonico, per ventitré anni rettore dell’università Lumsa, è il presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano e quindi del Collegio che ha firmato la sentenza al secondo processo Vatileaks. Il procedimento sulla «divulgazione di documenti e notizie riservate» si è concluso con le condanne a 18 mesi di monsignor Lucio Vallejo Balda e a 10 mesi, con sospensione della pena per cinque anni, di Francesca Immacolata Chaouqui; i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi sono stati prosciolti. I giudici parlano attraverso le sentenze, al dispositivo seguirà la pubblicazione delle motivazioni. Ma nella sentenza c’è un’osservazione, posta quasi come una premessa, che va oltre la singola vicenda giudiziaria ed è destinata a rimanere: «Rilevata la sussistenza, radicata e garantita dal diritto divino, della libertà di manifestazione del pensiero e della libertà di stampa nell’ordinamento giuridico vaticano…».
Professore, che cosa significa affermare che la libertà di pensiero e di stampa sono garantite dal «diritto divino»?
«Si parla di diritto divino nel senso del diritto naturale, posto all’atto della creazione e comune a tutti gli uomini. Nel diritto naturale è compreso il diritto alla manifestazione libera del pensiero e quindi anche all’uso dei mezzi di comunicazione sociale, è evidente».
All’inizio del processo alcuni sono arrivati a denunciare una sorta di nuova Inquisizione. C’è da stupirsi di ciò che avete scritto?
«Ma no. Come espressione della libertà di pensiero, la libertà di stampa è uno dei diritti naturali dell’uomo e il magistero della Chiesa, a cominciare da Pio XII, è molto chiaro in questo senso. Penso ad esempio a ciò che disse Papa Pacelli in un discorso ai giornalisti cattolici, nel 1950: “L’opinione pubblica è la prerogativa di ogni società normale… Là ove non apparisse alcuna manifestazione dell’opinione pubblica, là soprattutto ove se ne dovesse rilevare la reale inesistenza, qualunque sia la ragione per spiegare il suo mutismo o la sua assenza, si dovrebbe scorgere un vizio, una infermità, una malattia della vita sociale...”. Anche nel decreto Inter Mirifica del Concilio Vaticano II si afferma che “è inerente alla società umana il diritto all’informazione su quanto, secondo le rispettive condizioni, interessa gli uomini, sia come individui che come membri di una società”. È come la libertà religiosa, la stessa cosa».
Si è invocata una legge sulla libertà di stampa in Vaticano, ce n’è bisogno?
«Ma nell’ordinamento vaticano tutto questo è già presente! Certo, come per tutti i diritti ci sono dei limiti, ne prevede anche l’articolo 21 della Costituzione italiana».
Il Vaticano recepì il codice Zanardelli del 1889…
«Anche lì, hanno cercato di dipingerlo come passatista quando in realtà è un codice liberale, risale alla fine dell’Ottocento ma certo è molto meno restrittivo rispetto al codice Rocco… Del resto il diritto alla manifestazione del proprio pensiero è presente anche nel diritto canonico. La libertà di stampa non è mai stata in discussione. Nelle motivazioni della sentenza tutto questo sarà spiegato con chiarezza».