centinaia di migliaia di morti... ma «io ero in buona fede!»
La Stampa 7.7.16
Il rapporto Chilcot inchioda Blair “Ha sbagliato in Iraq”
“Ingiustificata la guerra a Saddam”
Pubblicata l’inchiesta sulle responsabilità britanniche: sottovalutate le conseguenze
L’ex premier ribatte alle accuse: ho agito in buona fede, oggi prenderei le stesse decisioni
di Vittorio Sabadin
Alla
vigilia della guerra in Iraq del 2003, Tony Blair presentò come certi
alcuni dati di intelligence e valutazioni «fallaci» sul fatto che Saddam
Hussein possedesse armi di distruzione di massa. «Non furono messi in
dubbio, mentre avrebbero dovuto». Lo ha detto John Chilcot, autore del
rapporto che accusa l’ex premier britannico.
Dopo
sette anni di lavori e di rinvii la commissione presieduta da John
Chilcot, istituita nel 2009 dall’allora premier laburista Gordon Brown
per indagare le motivazioni della guerra in Iraq, ha reso noto il suo
rapporto. Un testo sterminato, lungo quattro volte «Guerra e pace» di
Tolstoj, lascia ora agli storici il più devastante atto accusa nei
confronti di un ex premier britannico, Tony Blair, che quella guerra la
appoggiò e la favorì senza riserve.
La
commissione ha ascoltato 129 testimoni, che hanno pronunciato 2,5
milioni di parole registrate in 150 mila documenti e in 911 paragrafi,
incredibile assonanza con il 9-11 dal quale tutto è cominciato. Gli
elementi di accusa sono pesantissimi: la guerra non era l’ultima risorsa
disponibile, non tutte le opzioni sono state esaminate; Blair ha
esagerato nelle comunicazioni al Parlamento il pericolo rappresentato
dall’Iraq; la colpa è anche dei servizi segreti, che hanno fornito
informazioni inesatte sulle armi di distruzione di massa irachene; non
era vero che Saddam rappresentasse una minaccia incombente; è falso che
non partecipare alla guerra avrebbe compromesso il rapporto con gli Usa;
è vero che Blair disse a George Bush, prima del voto in Parlamento:
«Sarò con te comunque»; le conseguenze dell’invasione sono state
ampiamente sottovalutate; l’esercito è stato mandato in Iraq impreparato
e male equipaggiato; per rimediare, i soldati sono stati costretti
all’umiliazione di stringere accordi con i militari iracheni; Stati
Uniti e Gran Bretagna, per fare la guerra, hanno minato l’autorità del
Consiglio di Sicurezza dell’Onu, e l’intera operazione è stata un
fallimento.
Il
rapporto ha lasciato comunque a Blair una via di fuga. Da scafato
combattente dell’arena politica qual è, l’ex premier ha affrontato due
ore di conferenza stampa per ribattere alle accuse, con voce incrinata
al momento giusto, quando ha chiesto scusa per i 179 soldati britannici
morti. Come fanno i leader più esperti, si è assunto ogni responsabilità
dell’accaduto, lasciando però intendere tra le righe che le colpe sono
di altri. «Ho agito in buona fede», ha detto, e ha aggiunto che «sulla
base delle conoscenze disponibili, oggi prenderei le stesse decisioni». I
servizi segreti, ha precisato, sono separati dal governo: è sottinteso
che la colpa è loro. «Il rapporto prova - ha detto - che non ci sono
state falsificazioni, né accordi segreti, né comunicazioni ingannevoli
del governo». E cosa voleva dire «sarò con te comunque?», gli hanno
chiesto. «Anche nel caso di complicazioni politiche», ha risposto. E le
conseguenze della guerra? «Molti stanno meglio adesso, e il terrorismo
attuale non ha rapporti con la caduta di Saddam».
L’Associazione
dei famigliari delle vittime, che tanto si è battuta per l’indagine, si
è limitata a sperare che il rapporto serva a cambiare le procedure con
le quali il Regno Unito va in guerra. Ma i parenti dei soldati morti
sono stati più duri nelle interviste: «È Blair il vero terrorista», ha
detto la sorella di un caduto. Jeremy Corbyn, attuale leader del partito
di Blair, si è scusato a nome dei laburisti: nel 2003 lui aveva votato
contro la guerra. Il premier Cameron si è limitato ad auspicare che si
tragga una lezione da tutto questo. Difficilmente Blair potrà essere
incriminato per il rapporto Chilcot. Ma le sue speranze di essere
nominato negoziatore della Brexit con l’Unione Europea sono diventate
inconsistenti, e non c’è più alcun ruolo politico nel suo futuro.