Avvenire.it 09.07.16
Quell’insopprimibile voglia di sposarsi
di Luciano Mola
Addio
Italia. Siamo davvero un Paese condannato all'estinzione? Le
statistiche sembrano non lasciare spazio alla speranza. Non solo siamo
il Paese europeo con il più basso tasso di natalità (8 per mille),
secondo i dati Eurostat diffusi venerdì. Ma siamo anche il Paese in cui
entro il 2031 i matrimoni religiosi dovrebbero scomparire (dossier
Censis). Secondo le previsioni statistiche condensate in uno studio
intitolato "Non mi sposo più", entro il 2020 i matrimoni civili
supereranno quelli religiosi – oggi già succede in alcune grandi città –
e undici anni dopo le nozze all'altare potrebbero finire per diventare
reperto storico. Non finirà la voglia di progettare il futuro in coppia,
ma – secondo quanto ipotizza il Censis – le relazioni tradizionali
saranno sostituite dai nuovi modelli di convivenza. Difficile scorgere
in queste previsioni statistiche – che in ogni caso previsioni rimangono
– motivi per cui gioire. Anche le indagini sociologiche più laiche
concordano sul fatto che relazioni meno stabili si traducono quasi
sempre in un futuro più precario, responsabilità più effimere, impegno
educativo più labile. Relazioni light insomma che finiranno per essere
scompigliate dal primo soffio degli imprevisti e delle incomprensioni. E
quando si disgrega la famiglia è l'intera società a subirne le
conseguenze. Ma che questo esito dei rapporti familiari sia davvero
ineluttabile è tutto da dimostrare. A mettere in dubbio i calcoli degli
esperti non è soltanto il comune buon senso, che da sempre sa
distinguere tra la verità dei numeri e quella della vita, ben più
sfumata e meno inquadrabile in schemi così rigidi, ma anche analisi di
altro tenore che parlano di un desiderio di famiglia e di natalità
sempre vivo, del tutto opposto rispetto alle proiezioni nichiliste
targate Censis. Basta scorrere per esempio i dati dell'ultimo rapporto
Toniolo sui giovani in Italia per cogliere non pochi spunti di speranza e
comunque per respirare un atteggiamento su matrimonio, famiglia e
natalità che sembra contrastare con gli esiti nefasti del dossier
diffuso qualche giorno fa. Le aspettative di fecondità delle nuove
generazioni – secondo le rilevazioni condotte nel settembre 2015 su un
campione di 9.358 giovani tra i 18 e i 33 anni – includono una serie di
domande dettagliate sui progetti familiari e sulle speranze di avere
figli che evidenziano una netta frattura tra gli obiettivi rivelati e i
tanti luoghi comuni sulla mancanza di progettualità delle generazioni
più giovani. «Oltre l'80 per cento degli uomini e delle donne – scrivono
Emiliano Sironi e Alessandro Rosina che hanno curato questo capitolo
del rapporto – vorrebbe una famiglia composta da due o più bambini.
Tenendo conto di limiti e restrizioni, tale percentuale scende intorno
al 60 per cento». Insomma, si sentono di concludere i ricercatori, se le
giovani generazioni fossero messe nelle condizioni di realizzare i
propri obiettivi su figli e matrimonio, attraverso adeguate politiche di
sostegno per quanto riguarda il lavoro e l'accudimento dei figli, in
Italia «non ci sarebbero problemi di bassa fecondità». A contrastare la
facile obiezione secondo cui i figli possono nascere anche al di fuori
del matrimonio e che i giovani ipotizzano in modo crescente il proprio
futuro relazionale secondo schemi diversi rispetto a quelli della
tradizione, concorre – sempre nell'ambito del rapporto Toniolo – il
capitolo curato da Sara Alfieri ed Elena Marta che mette in luce il
ruolo della famiglia d'origine nelle transizione all'età adulta in un
confronto tra cinque Paesi europei (Italia, Francia, Spagna, Gran
Bretagna e Germania). «I modelli a cui i giovani europei in maggioranza
fanno riferimento – spiega Elena Marta, che è docente di sociologia di
comunità all'Università Cattolica di Milano – sono quelli delle famiglie
d'origine, che rimangono importanti punti di riferimento per le scelte
fondamentali della vita, come il lavoro e il matrimonio». Lo stereotipo
del "no family" prevalente tra i giovani, a lungo propagandato da certa
cultura, non si ritrova insomma nelle statistiche dell'Istituto Toniolo.
«Anzi – fa notare ancora la docente – ci ha sorpreso il dato secondo
cui l'atteggiamento dei giovani inglesi e tedeschi nei confronti della
famiglia d'origine, sia molto più vicino ai nostri giovani di quanto si
potrebbe immaginare». Sullo sfondo rimane certo la complessità di una
situazione fluttuante e difficilmente omologabile, quella dei giovani
nel mondo globalizzato, che risulta improbabile illudersi di poter
ingabbiare in rigide proiezioni statistiche. Almeno dal punto di vista
sociologico, risulta infatti difficile cogliere elementi che possano
fare pensare di tradurre questa varietà di tendenze e di auspici in un
pronostico credibile sulla "fine del matrimonio". Anzi.