Avvenire.it 09.07.16
Totalitarismi: Nolte contro Habermas
di Paolo Simoncelli
Fu
una scintilla quel Passato che non vuole passaredi Ernst Nolte,
pubblicato il 6 giugno '86 sulla liberale 'Frankfurter Allgemeine
Zeitung'; una scintilla che accese le discussioni della cultura europea,
divampate allora forse per l'ultima volta nell'estate di trent'anni fa.
Ne derivò l'Historikerstreit, la controversia tra gli storici, che la
'New York Review of Books' del 17 gennaio '87 definì più pragmaticamente
la 'guerra' degli storici tedeschi. Non era allora giuridicamente morto
lo Stato nazionale, non era ancora nata l'unione europea, e non era
ancora caduto il muro di Berlino; dunque tutto l'apparato politico
sovietico e ideologico marxista era attivo e reattivo. E Nolte, allievo
di Heidegger, già ben noto per i suoi studi sul fascismo europeo, la
guerra fredda, e la rivoluzione industriale, ancora insegnava. Cosa
conteneva di tanto incendiario quell'articolo? «L'Arcipelago Gulag –
aveva scritto Nolte – non precedette Auschwitz? Non fu lo 'sterminio di
classe' dei bolscevichi il prius logico e fattuale dello 'sterminio di
razza' dei nazionalsocialisti?». Nolte, si noti, non indicava con ciò
una precedenza semplicemente cronologica del 1917 rispetto al 1933, ma
un 'nesso causale' tra il 'precedente' bolscevico e un susseguente
effetto nazionalsocialista. Con cui il nazionalsocialismo veniva visto
come fenomeno reattivo al male, e certo nel male; ma come una delle
manifestazioni del male, non più come l'unica. E già questo era un
problema: se infatti gli stermini praticati dai nazionalsocialisti non
erano più gli unici, venivano allora 'relativizzati'? Nolte non aveva
affatto negato una pratica di sterminio; piuttosto ne aveva denunciate
due, una sola delle quali pero' storicamente condannata. Ma con ciò, il
male non era più assoluto? Evidentemente Nolte aveva infranto il grande
tabù del dopoguerra: il divieto di 'comparabilità' tra i due tragici
totalitarismi del '900, alla luce dei genocidi da entrambi compiuti (per
giunta prima dai comunisti). Questa dunque la inaccettabile violazione
del canone. Disincagliava la Germania dalla sua colpa? Passo' più di un
mese prima che l'11 luglio sul 'Zeit' rispondesse acremente uno dei
maggiori esponenti della cultura europea di sinistra, Juergen Habermas,
con l'articolo Una sorta di risarcimento danni, vedendo in Nolte il
rappresentante delle «tendenze apologetiche della storiografia tedesca
», accusandolo di neo revisionismo liquidatorio di giudizi etico-morali
sul passato tedesco e, senza entrare nel merito delle questioni
sollevate da Nolte, di oscuri progetti politici: fondare un nuovo
partito nazionale-conservatore, essere a servizio della Nato per
assolvere il passato tedesco rivendicando ruolo e potenza della Germania
contemporanea ecc. Nelle settimane seguenti intervennero con articoli e
lettere ai direttori di vari quotidiani tedeschi, numerosi altri
storici, da Fest a Hildebrand, da Jaechel a Mommsen, a Hillgruber, sia
pro che contro Nolte. Una discussione che se manifestò reazioni a tratti
isteriche, aprì prospettive nuove e coraggiose: perché dimenticare tra
le vittime le popolazioni civili (donne, anziani e bambini) della
Germania orientale travolta dall'avanzata dell'Armata rossa? E perché
non dire che la guerra, anziché esser sempre stata 'antifascista', aveva
avuto il suo esordio all'insegna dell'alleanza tedescosovietica
(1939-1941)? Nolte non a caso aveva ricordato come prima del 1945, mai i
vincitori avessero «controllato il passato dei vinti in maniera così
completa». E tornarono dunque a intervenire anche i due maggiori
protagonisti della controversia. Habermas accuso' ulteriormente Nolte di
aver dato il via alla «politica del pareggiamento» tra i due regimi, e
di trasposizione politica del revisionismo «caldeggiato con impazienza
dai politici del governo della svolta» (accusando con ciò anche la
politica estera dell'allora cancelliere Kohl e la sua particolare
sensibilità per la questione del peso sul presente del tragico passato
tedesco); Nolte non rispose ad Habermas, dato che non era entrato nel
merito delle questioni sollevate, scegliendo di integrare e correggere
le sue posizioni, accettando alcune critiche ad esempio sulla
'connessione' non più diretta ma mediata del rapporto tra Gulag e
Auschwitz. La questione dell'incidenza del passato storico sulla
politica contemporanea coinvolse altri intellettuali europei. Furet dopo
la pubblicazione del Passato di un'illusione (1995) avrebbe scritto a
Nolte riconoscendogli il coraggio intellettuale per aver superato il
«divieto di paragonare comunismo e fascismo», che inevitabilmente
avrebbe creato «troppi problemi essenziali per l'intelligenza del XX
secolo». Mentre De Felice, parimenti plaudendo al grande coraggio di
Nolte, si trovò in contrasto con la tesi 'reattiva' del fascismo al
comunismo, cogliendo nel fascismo una forte componente di sinistra,
propriamente eversiva, antiborghese, antiliberale e antiparlamentare. La
disputa continuava fuori dagli schemi del politically correct.
Comprensibili le reazioni pavloviane al solo discutere di dogmatica
ideologica. Se si attenta al dogma, ci dev'essere un disegno politico
sottostante; il coraggio della ricerca della verità fine a se stessa e
dunque della libertà di ricerca è inconcepibile.