Repubblica 9.6.16
Bersani
L’ex leader lancia un ponte verso Sel: “Se non cambiamo strada perderemo altri elettori”
È chiaro chi è la mucca nel corridoio: l’hanno ignorata
Fassina fa tenerezza è un peluche Verdini è ruvido come un feltro
intervista di Giovanna Casadio
ROMA.
«Tenere le canalette aperte...». Raccomanda Pierluigi Bersani ai dem.
Ma è anche l’invito che ha appena rivolto al candidato sindaco di
Sinistra Italiana Stefano Fassina uscito dalla competizione romana con
un risultato deludente. Dopo la batosta che il Pd ha preso al primo
turno delle amministrative, l’obiettivo di cui parla l’ex segretario
resta quello di correggere Renzi e «ricostruire il centrosinistra,
cambiare strada». Perciò breve colloquio in un corridoio di Montecitorio
di Bersani con Fassina, Alfredo D’Attorre e Carlo Galli, i fuoriusciti
del Pd in rotta di collisione totale con il PdR, il partito renziano, al
punto che al ballottaggio a Roma danno indicazione di votare scheda
bianca. «Tesso la tela con la sinistra? Ma no, fa tutto il
segretario...», è la stoccata del leader della minoranza al partito
personale renziano. E a sera, ascoltando Renzi in tv a “Otto e mezzo”
che
lo accusa di essere coerente nel dire che va tutto male, ironizza:
«Beh, imparo da Renzi che è colpa mia...». Polemiche sotto traccia.
Bersani
parla col contagocce: «Non voglio discutere dei risultati, non ora,
anche se l’analisi del voto ce l’ho qui», dice toccandosi la fronte. È
un’analisi impietosa, che parte dalle cifre «giuste e certe» elaborate
dal senatore-statistico Federico Fornaro, il quale sull’Unità è stato
accusato di essere un “manutengolo” di Bersani e di avere falsificato i
dati indicando il calo del Pd di almeno 4 punti percentuali nel
complesso rispetto alle comunali 2011. «Fornaro è una persona seria e
perbene, non può essere trattato così dal giornale di Gramsci, le cifre
sono quelle lì», lo difende Bersani. Comunque le polemiche sono rinviate
al 20 giugno: «Per me la ditta è la ditta, è il Pd e l’Ulivo, è solo
quella. Certo che mi impegnerò per i ballottaggi, aspetto che mi dicano
il calendario e vado in giro a fare iniziative, però...». Quel “però”
che resta sospeso e brucia dalla voglia di farsi strada («È dura...»),
anche se prudenza impone («Siamo persone serie») di aspettare il secondo
turno prima di chiedere e pretendere una resa dei conti, che vada dalla
linea politica del partito al cambiamento dell’Italicum.
«Sì in
queste elezioni non si è voluta vedere la mucca in corridoio», scherza
ricordando che «le metafore del Bersani», i suoi proverbi, detti
emiliani e aneddoti, sono «orecchiate dal popolo». Quello che Renzi, i
suoi e tutto il partito non hanno voluto vedere è che «il Pd così perde,
gli elettori di sinistra ci hanno abbandonati, il partito non è più
accattivante per quegli elettori lì, perché ha caricato i trasformisti e
ha trattato meglio Verdini e Berlusconi che la sinistra interna ». Nei
colloqui della sinistra dem che si sono moltiplicati nella giornata di
ieri, al primo piano della Camera nell’ufficio di Roberto Speranza e poi
ieri sera a Nens, l’associazione di Vincenzo Visco e Bersani, l’analisi
è stata ripetuta entrando nelle questioni concrete, come «l’idea
sbagliata di togliere la tassa sulla prima casa a tutti anche ai
miliardari». E così si perdono le periferie, i ceti più deboli.
«E
si sono persi anche gli insegnanti», si sono detti Bersani e Speranza.
«Che fate? Votate il centrosinistra. Sono preoccupato sì, per il Pd », è
lo sfogo dell’ex segretario con Fassina. «Ci siamo parlati da amici,
lui mi ha detto che il suo risultato è stato deludente. Con Stefano c’è
un rapporto personale che non si guasta, lui è come un peluche ». Vuol
dire “tenero”, nel gergo bersaniano, mentre Verdini, l’alleanza
sbagliata e «più dannosa che utile» è per Bersani un po’ «feltro»,
ruvido, pruriginoso. Chiaro il pericolo di perdere i ballottaggi e
quindi la preoccupazione per Roma, per Milano e per Torino. Forse un po’
meno per Bologna: «Basta stare solidi, tranquilli, propositivi in posti
come Bologna, io sono fiducioso». Bersani diserta ieri sera la riunione
dei bersaniani capitanati da Speranza: analisi del voto e obiettivi di
riscossa in vista del congresso che si terrà al massimo tra 5 mesi.