Repubblica 8.6.16
Il non partito popolare
I grillini si affermano in forme dirompenti dove non sono ancora radicati
di Nadia Urbinati
IL
LEITMOTIV di queste elezioni amministrative è indubbiamente il
risultato sorprendente del M5S — primo partito a Roma e robustamente
secondo a Torino. Ma anche poco appariscente a Napoli o a Milano, tanto
per citare due grandi città che si preparano al ballottaggio e dove la
contesa è ancora tra sinistra e destra (pur nella differenza che questi
schieramenti presentano).
SIA a Napoli che a Milano le
amministrazioni uscenti di sinistra sono ancora percepite dagli elettori
come soddisfacenti e non identificate in tutto con l’establishment — il
sindaco de Magistris ha rappresentato una sinistra populista e il
sindaco Pisapia una sinistra civica. E nessuna delle due città è terra
fertile per il M5S. Il quale cresce bene laddove è di recente
radicalizzazione istituzionale e soprattutto laddove le insoddisfazioni
per il partito di maggioranza uscente (soprattutto il Pd) sono molto
forti. Per completare il quadro occorre aggiungere che il M5S non si è
presentato ovunque: tanto la sua visibilità, quindi, quanto la sua forza
sono a macchia di leopardo. E tuttavia dove il grillini si sono
affermati hanno avuto effetti dirompenti.
Roma è certamente un
caso macroscopico e forse non generalizzabile. Ma, con i dovuti
distinguo, non è il solo. Il caso di Torino non è meno dirompente ed
eloquente: qui probabilmente all’origine del 30 per cento di Chiara
Appendino vi è non tanto il giudizio sull’operato dell’amministrazione
Fassino (che ha ben governato tutto sommato) ma probabilmente la
decisione del Pd di tentare di blindare il proprio successo alleandosi
con una formazione moderata e ancora di più lo scandalo delle “giunte
fantasma” — Appendino ha espugnato una delle roccaforti storiche del
centrosinistra, proprio dove la maggioranza uscente a guida Pd è finita
al centro di questo scandalo — anzi questa è l’unica circoscrizione
nella quale il M5S ha superato la coalizione di Fassino. Quindi anti-
establishment e purezza (i due cavalli di battaglia tradizionali del
M5S) hanno vinto a Roma e a Torino. Questo spiega perché i grillini sono
forti e trainanti laddove non hanno ancora fatto esperienze di governo o
dove la presenza nelle istituzioni non si è stabilizzata. Il caso di
Bologna è da questo punto di vista una controprova interessante.
Nel
capoluogo emiliano, dove il M5S è radicalizzato dal 2009, riesce
perfino a generare astensione. Secondo l’Istituto Cattaneo, a Bologna
l’elettorato grillino sta diventando «più fedele e radicato», prova ne
sia che non riesce più a riportare al voto gli astenuti: «Si “nutre”
ormai di elettori fedeli e, in alcune città, di transfughi del
centrosinistra ». Questo ci suggerisce che il M5S si afferma in forme
dirompenti dove è ancora elettoralmente giovane. E soprattutto dove il
Pd — il suo vero e unico antagonista — sfigura o è identificato con
l’establishment o lascia cadere la connotazione ideologica di sinistra.
Di questo vuoto si avvantaggiano i pentastellati pur non essendo un
movimento di sinistra.
Il non-partito M5S non ha una linea
politica nazionale unita ad un grappolo di principi partigiani — è un
movimento gentista che si nutre di temi trasversali che segnalano le
disfunzioni della democrazia praticata, ovvero dei partiti tradizionali.
Onestà e purezza, lotta contro l’élite o la “casta” sono temi generici e
generali che unificano i settori più diversi della popolazione. Per
esempio, a favore di Virginia Raggi hanno votato giovani, meno giovani e
anziani e poi occupati e disoccupati; ma per Giacchetti hanno votato
pochi giovani e pochi disoccupati. A Roma, rispetto ad un Pd che vince
ai Parioli, oggi è il M5S che può farsi vanto di essere il partito
popolare o dei ceti popolari, il partito che vince dove vinceva la
sinistra storica, nelle periferie e nelle borgate. In queste realtà che
sono tradizionalmente sensibili ai temi di denuncia populista, i
grillini riescono a mobilitare l’elettorato come i partiti
dell’establishment non fanno né si sforzano di fare, preferendo
concentrarsi sui ceti medi e medio-alti e sull’elettorato moderato (e
non disdegnando l’astensionismo). Il M5S scompagina questa normalità.