Repubblica 7.6.16
Perché si è attratti dalla perversione
di Massimo Recalcati
Il
Novecento è stato il secolo dove ha trionfato la paranoia totalitaria:
la lotta politica e sociale si è confusa con la lotta tra le forze del
Bene e del Male. La natura storica del conflitto è stata sostituita da
una battaglia ontologica. L’identificazione infatuata all’Ideale
(Popolo, Storia, Razza, Partito, Classe sociale, Nazione) ha spogliato
di ogni valore la vita individuale. Guerre, deportazioni, stermini di
massa sono cifre drammatiche che denunciano in modi differenti questa
nuova forma di idolatria: l’Ideale governa dall’alto della sua forza il
mondo reale cercando di dare ad esso la forma di cui esso si nutre.
Hannah Arendt non a caso aveva definito l’essenza del totalitarismo come
la prevalenza del carattere universale dell’Ideale su quello
particolare-singolare del reale. La vocazione paranoica di questa
prevalenza spiega, a sua volta, l’identificazione del nemico come
l’espressione infame del Male che deve essere estirpato. Il mondo si
spacca e si suddivide in schieramenti rigidi e contrapposti; la
dialettica politica lascia il posto al piombo e al sacrificio di sé.
La
paranoia totalitaria pare oggi, almeno in Occidente, irreversibilmente
tramontata. Sulle ceneri degli Ideali appare un nuovo tipo umano che la
categoria clinica di perversione ci aiuta a decifrare. La psicoanalisi
ha infatti da tempo smesso di ricondurre la perversione a una
aberrazione delle pratiche sessuali cosiddette normali. Già Freud,
infatti, aveva mostrato che la sessualità umana non obbedendo
all’istinto naturale che coniuga il soddisfacimento alla necessità della
riproduzione della specie, è, di per sé, perversa-polimorfa. Ma allora,
se la perversione non definisce una vita sessuale anormale, quale è la
sua essenza? Nella lezione di Lacan essa viene riportata ad uno speciale
rapporto del soggetto con la Legge. Il perverso non crede alla Legge.
Non solo alla Legge del Diritto e dei Codici, ma a qualunque forma umana
della Legge. Egli rifiuta innanzitutto la Legge delle Leggi, ovvero la
Legge della castrazione che impone alla vita umana l’esperienza
inevitabile del limite, della mancanza e della morte. La perversione non
è però, come spesso si crede, la semplice spinta a trasgredire la
Legge, perché la sua ambizione è innanzitutto quella di smascherare la
Legge come una truffa, una menzogna. Ogni Legge umana è falsa perché gli
uomini hanno inventato la Legge per non voler riconoscere l’unica vera
forma — la sola possibile — della Legge. Quale? La Legge della propria
pulsione. Il perverso non si accontenta, come invece abbozza timidamente
il povero nevrotico, di aggirare clandestinamente la Legge. Il suo
piano è assai più radicale: togliere la maschera alla Legge per
rifondarla sulla base materiale della propria spinta pulsionale. La
Legge che veramente conta non è quella che impone limiti, sacrifici,
differimenti del godimento, ma la spinta a godere della pulsione che
rifiuta ogni limite. In questo senso il perverso realizza, già secondo
Freud, quello che il nevrotico può solo fantasticare. Il suo modello non
è infatti l’uomo, il quale è fatalmente destinato alla mancanza e alla
insufficienza, ma quello di farsi paganamente un nuovo Dio. Lo ricorda
con precisione Pasolini in un intervista sul marchese De Sade quando
afferma che «i libertini, nell’adoperare i corpi delle loro vittime come
cose, non sono altro che Dei in Terra, cioè il loro modello è sempre
Dio».
Non è questo il ritratto dell’uomo ipermoderno? Egli agisce
come un Dio del godimento che giudica ogni esperienza di rinuncia priva
di senso. “Perché no?” è la sua sola massima morale, la quale scalza
violentemente quella inutilmente “altruista” e sacrificale dell’amore
per il prossimo. Cosa sarebbe la vita del prossimo di fronte alla Legge
assoluta del godimento? Nulla, risponde convinto il perverso. Il solo
Dio che esiste e che ha senso adorare è l’immagine esaltata del proprio
Io. Il prossimo è solo una cosa, o, come precisa Lacan, uno “strumento”
al servizio del godimento dell’Io. Non esiste nessun prossimo se non se
stesso. Così ragiona questa nuova forma di uomo che detesta l’uomo e le
sue insopportabili debolezze.