Repubblica 6.6.16
Bersani
La sinistra dem attacca “Così non va, si cambi basta insistere sul Sì”
Bersani: dati su cui riflettere. Speranza accusa: “Stiamo perdendo i voti di chi è critico sulle riforme”
intervista di Giovanna Casadio
ROMA.
«Come gira gira, è un cattivo risultato. Così proprio non va, i nostri
elettori ci hanno abbandonati. Renzi cambi linea, ora ci ascolti». Nel
Pd sono state ore di speranza e di sconforto e la sinistra dem comincia a
fare i conti. Il traguardo del ballottaggio per Roberto Giachetti a
Roma è incerto, rischia di cedere il passo a Giorgia Meloni e comunque
il vantaggio della grillina Raggi è ampio. Scarto minimo a Milano tra
Sala e il candidato della destra Parisi. A Napoli poi, la Valente resta
fuori dalla finale. Fassino è incalzato dalla Appendino a Torino. È
vero, i conti veri e propri si faranno dopo i ballottaggi. Ma se dal
primo turno si vede la giornata, questa non è buona.
Riflettiamo
sui dati, pensiamo ai ballottaggi: è la parola d’ordine di Pierluigi
Bersani, l’ex segretario. Ma Roberto Speranza, l’erede politico
bersaniano, ex capogruppo che si è dimesso in dissenso con Renzi sulla
legge elettorale, parla di un punto debole, anzi debolissimo nella
campagna elettorale per le amministrative: i proclami sul referendum
costituzionale di ottobre. «Attenzione, stiamo perdendo elettori che non
capiscono più cosa sia diventato il Pd – avverte Speranza – E se i
nostri candidati alle amministrative diventano il simbolo del Sì al
referendum, i ballottaggi non li vinciamo perché ci priviamo dei
consensi di chi è critico sulle riforme». I candidati sindaci dem in
giro per l’Italia - ricostruisce Nico Stumpo - si sono lamentati: «Se si
dice che la partita politica vera è a ottobre, certo non motiviamo
elettori. Chi corre come sindaco, sta giocandosi la partita della vita,
non può sentirsi dire che la vera sfida è altrove».
Nella sede del
Nazareno a tarda sera si ritrova lo stato maggiore dem, Renzi, Guerini,
Serracchiani, Orfini, Fiano, Madia. Il presidente del Pd, e commissario
romano del partito, Matteo Orfini ricorda che «ce l’abbiamo messa
tutta». Per la minoranza è amarezza e rabbia: «Ricordiamoci che il
sindaco Marino era del Pd e ora perdiamo il Campidoglio». Gianni Cuperlo
va al partito e considera «importante il risultato di Milano ». Accusa:
«Quando il Pd fa il suo mestiere, sta in alleanze di centrosinistra
come a Milano, è meglio. A Roma, Giachetti è stato il candidato migliore
che potessimo scegliere». L’esatto opposto di quanto aveva sostenuto
Massimo D’Alema, convinto dell’inadeguatezza del candidato Giachetti,
tanto da avere pensato di contrapporgli Massimo Bray, ex ministro della
Cultura. Bray avrebbe dovuto coagulare la sinistra dentro e fuori del
Pd. Progetto sfumato. Ma la dice lunga sul crinale in cui il Pd ormai si
muove: da un lato il partito di Renzi, non più “ditta” bersaniana,
dall’altro il pericolo di frattura. Una cosa però è certa per la
sinistra dem: il Pd deve cambiare linea.