lunedì 6 giugno 2016

Repubblica 6.6.16
Tages-Anzeiger
Perché la Svizzera fa il tifo per Brexit
di Alan Cassidy

PROPRIO così, cari amici dell’Unione Europea: spesso gli svizzeri osservano quanto avviene da voi rimanendo a distanza di sicurezza. La crisi greca? I profughi? Le proteste contro il Ttip? Ne prendiamo atto, ne discutiamo, ma senza farci coinvolgere. Fa eccezione, però, il referendum sull’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Benché a prima vista il Brexit non avrebbe per noi conseguenze paragonabili — per fare un esempio — a un’implosione dell’euro, condividiamo la febbre britannica, tifando soprattutto per chi vorrebbe uscire dall’Unione.
A differenza della maggior parte dei Paesi europei, questa posizione non è affatto limitata ai soliti populisti di destra, o agli antieuropeisti patologici: in tutti i partiti c’è chi si augura una vittoria del Brexit il prossimo 23 giugno, sognando un asse Berna-Londra. Come quell’esponente socialdemocratica, per lunghi anni ministra degli Esteri, che vede un’opportunità per la Svizzera in un’Ue senza la Gran Bretagna: secondo lei i due Paesi, associati nell’ambito dell’Efta, potrebbero avere un peso maggiore nei confronti dell’Ue. Anche un deputato liberale elvetico si sta già muovendo tra Londra e Bruxelles per incontrare alcuni colleghi parlamentari, con l’obiettivo di promuovere un allargamento dell’Efta. Dal canto suo il leader dei cristiano- democratici intravede nel dibattito sul Brexit nuove brillanti possibilità per la Svizzera.
In nessun altro Paese europeo la prospettiva di un’uscita della Gran Bretagna è vista con tanta simpatia. Un atteggiamento ingenuo, miope e anche un po’ dissennato, per il quale esistono varie spiegazioni. Innanzitutto gli svizzeri si sentono affini ai britannici, pensando di costituire come loro un caso particolare: un Paese nel cuore dell’Europa che non ne fa veramente parte, e si è sempre definito attraverso le sue delimitazioni, vedendo nell’Europa unita, più che un progetto di pace, un supermercato dove si possono fare ottimi affari — anche senza esserne membri.
Ai sondaggi sull’eventualità di un ingresso nell’Ue i cittadini elvetici hanno risposto regolarmente con un 70% di No. Perciò non c’è da stupirsi se la voglia dei britannici di voltare spalle all’Unione riscuote applausi. Per di più, la scelta di affidare la decisione a un referendum rafforza la nostra simpatia. Chi può comprenderli meglio di noi, campioni mondiali di democrazia diretta?
In secondo luogo, la politica svizzera è ostinatamente attaccata all’idea che l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue possa servire a risolvere i nostri problemi con Bruxelles, soprattutto per quanto riguarda la libera circolazione delle persone. Sono trascorsi due anni dal referendum di iniziativa popolare indetto in Svizzera per fermare “l’immigrazione di massa” dall’Unione Europea. Da allora il nostro governo ha tentato di trattare con Bruxelles sui contingenti e su un tetto massimo della forza lavoro proveniente dall’Ue, ma inutilmente.
A suo tempo anche il premier britannico aveva avviato una trattativa per limitare la libera circolazione delle persone. Molti in Svizzera sono rimasti delusi dal fatto che Cameron non sia riuscito a strappare a Bruxelles concessioni più significative di un nulla osta per la riduzione delle tutele sociali in favore dei cittadini dell’Unione. Eppure c’è chi interpreta questo precedente come un segnale della possibilità di ottenere qualcosa dall’Ue — a maggior ragione dopo una vittoria del Brexit — sostenendo che Bruxelles dovrebbe allora affrontare i suoi problemi interni, tanto impegnativi da non potersi permettere un serio contenzioso con Berna.
Ma se, nel caso di un esito referendario favorevole al Brexit, l’Ue diventasse ancora più avara di concessioni a Stati terzi come la Svizzera? È un rischio al quale molti cittadini preferiscono non pensare. Ovviamente l’uscita della Gran Bretagna precipiterebbe l’Unione in una crisi esistenziale: ma questa crisi, cari amici europei, in realtà la state già vivendo, con la Grecia, i profughi, le proteste contro il Ttip. E intanto noi continuiamo a sentirci a distanza di sicurezza, non coinvolti.
L’autore è giornalista del quotidiano svizzero “ Tages- Anzeiger” Traduzione di Elisabetta Horvat © LENA, Leading European Newspaper Alliance