Repubblica 4.6.16
Fassina
La corsa tutta in salita che può far male ai dem
di Filippo Ceccarelli
1
«Sono troppo innamorato della politica per tirarmi indietro ». Si
conclude così, povero Fassina, con un’implicita giustificazione,
l’autobiografia del candidato sindaco della sinistra radicale, entità
mai come oggi più confusa e frammentata. Partenza in salita
(indecisione, esclusione, riammissione per impicci sulle firme,
risentimenti fra compagni). Ieri comizio di chiusura a Centocelle,
simbolica periferia, «Bella ciao» e madri di Plaza de Majo, richiami a
Papa Francesco («la figura più a sinistra») e al reddito «di dignità»
per i 160 mila romani in povertà assoluta. Sul sito della lista, «La
meglio Roma», una sintomatica antologia di foto anti-glamour di Fassina
bambino, ragazzo, in famiglia, nel Pci, al governo, prima che Renzi lo
cacciasse con quel brutale «Fassina chi?».
2 Una carriera e
un’immagine in realtà più che decorose, ma proprio per questo sorge il
dubbio: chi glielo ha fatto fare? La partita in effetti è difficile e la
prospettiva amara. Così l’ottimismo dei residui rifondatori, e di Sel,
Tsipras ed ex piddini suona assai più necessitato che autentico. Per
quanto mossi dalla «bella politica », arrivare al ballottaggio sarebbe
un miracolo; mentre già più realistico, sebbene Fassina lo neghi, è
l’intento di guadagnare quel tanto o quel poco di voti comunque utili a
far perdere il partito del premier e della Nazione.
3 In caso di
sonora sconfitta, come accaduto sistematicamente nel giro degli ultimi
vent’anni, ancora una volta si sfascerebbe tutto e dell’ennesimo,
raffazzonato e fragile cartello stavolta chiamato «Sinistra italiana»
non rimarrebbe pietra su pietra. Schiacciato tra renzismo, grillismo e
astensionismo, tutto un mondo rischia l’esito iper minoritario del Pdup.
Lo stesso Fassina, nella sua onesta e generosa militanza al servizio di
valori antichi e per vasti settori della società anche insopprimibili,
avrebbe di che riflettere.