Repubblica 4.6.16
Il Pd presente ai ballottaggi o più debole al referendum
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«La partita vera è il referendum di ottobre, ora si decidono le sorti
dei comuni non del governo». Negli ultimi giorni di campagna elettorale
Matteo Renzi ha accompagnato ogni intervento con questa frase. Non vuole
personalizzare le elezioni amministrative di domani ma scommette tutta
la sua posta politica sulla consultazione referendaria del prossimo
autunno. Sa che storicamente i governi si trovano in difficoltà nei voti
locali. Una costante che ha segnato in questi mesi anche tutti gli
esecutivi europei. La protesta prende corpo in modo particolare nelle
urne locali. E allora cerca di ridimensionarne il peso.
2 Ma come
accade ovunque, anche le elezioni comunali rivestono un significato
nazionale. Soprattutto se ai seggi sono chiamati gli elettori delle
cinque principali città del Paese. L’obiettivo minimo che può allora
consentire al segretario del Pd di leggere i risultati senza eccessivi
scossoni consiste nel raggiungere i ballottaggi in almeno quattro di
questi comuni. Poi la gara si giocherà definitivamente al secondo turno.
E tutto si concentrerà su Roma e Milano. Il premier calerà tutte le sue
carte per far vincere Giachetti e Sala. Ma senza dubbio deve evitare la
sconfitta di entrambi: in quel caso il segno delle urne sarebbe la
sconfitta.
3 Ad ogni modo le conseguenze di questo turno non
saranno in grado di far cadere l’esecutivo. Impensabile una crisi di
governo a giugno. Se i risultati fossero al di sotto della soglia
minima, però, per Renzi si complicherebbe la corsa alla tappa
successiva: ossia al referendum. Rischia di affrontare in salita
l’appuntamento con la riforma costituzionale. Il fronte del No si
sentirebbe più forte e la minoranza dem chiederebbe un anticipo del
congresso. Se, al contrario, il Pd terrà almeno quattro sindaci, si
indebolirà di fatto il tentativo di farlo cadere in autunno.